Genocidio a Gaza
Altre stragi quotidiane tra la popolazione civile di Gaza. Nella giornata di ieri, fino alle 18:00 l’esercito israeliano ha compiuto 8 stragi con bombardamenti sulle case principalmente a Rafah, ma anche in altre località come Nuseirat e Khan Younis. 84 uccisi e 106 feriti, ma sotto le macerie dei palazzi rasi al suolo ci sono ancora molti dispersi.
Uccidere per fame
Il Commissario dell’UNRWA Lazzarini ha denunciato che Israele ha comunicato di aver deciso di impedire l’accesso a Gaza dei camion di aiuti internazionali. “E’ una decisione vergognosa, che condanna a morte per fame migliaia di persone”.
Il direttore dell’OMS (Organizzazione Mondiale di Sanità) ha definito questo divieto di ingresso degli aiuti via terra a Gaza “come una condanna a morte per gli affamati palestinesi”.
Ospedali nel mirino
Esecuzione di piazza. All’interno dell’ospedale Shifà, i soldati israeliani hanno ucciso 6 medici davanti agli occhi dei loro pazienti, semplicemente perché avevano rifiutato di abbandonare i malati e insistito per rimanere a curare i feriti. Tra di loro il dottor Mohammed Zaher Al-Nono. Il crimine è stato compiuto sabato, ma si è saputo dell’accaduto soltanto ieri, dopo che alcuni sfollati sono usciti dall’ospedale.
Ieri, a Khan Younis, dopo un lungo assedio che dura da mesi, sono state compiute dalle truppe israeliane irruzioni negli ospedali di Nasser e Amal, con spari nelle corsie e inseguimento di medici e infermieri.
Israele mira a cancellare qualsiasi condizione di sopravvivenza per la popolazione di Gaza, non solo bombardando e affamando, ma anche prendendo di mira ospedali, scuole, moschee e chiese, università e centri culturali. Uccidere la vita, la cultura e l’organizzazione sociale.
ONU
Il Segretario Generale Guterres è tornato ieri sulla questione dei soccorsi urgenti alla popolazione di Gaza affamata dall’esercito e dal governo di Israele. In una conferenza stampa al Cairo, insieme al Ministro degli Esteri egiziano Shokri ha detto: “Israele è la forza militare occupante e non può sottrarsi agli obblighi della legge internazionale. La via terrestre è la più veloce ed efficace e l’accesso della farina e delle derrate alimentari deve essere permesso senza condizioni, per evitare una disastrosa carestia e la morte di decine di migliaia di persone di fame. Serve un cessate il fuoco umanitario per poter far giungere gli aiuti a chi ne ha bisogno. Adesso!”.
Oggi, lunedì, si terrà la riunione del Consiglio di Sicurezza sulla bozza di risoluzione presentata da 7 Paesi non permanenti, “per un cessate il fuoco immediato e duraturo e la liberazione degli ostaggi”. La stessa bozza aveva ottenuto il voto favorevole di 14 Paesi, compresi Francia e GB, ma è stata bloccata dal veto Usa.
Giovedì scorso un’altra bozza di risoluzione blanda che lascia spazio a molte interpretazioni, presentata dagli Stati Uniti, è stata bocciata dal veto di Russia e Cina. La delegazione di Washington ha chiesto, per perdere tempo, di includere nella nuova proposta anche una frase di condanna a Hamas, ma i Paesi proponenti hanno respinto la richiesta.
Cisgiordania e Gerusalemme est
La Domenica delle Palme a Gerusalemme è stata caratterizzata dall’assenza di fedeli nelle chiese, le messe quasi vuote, a causa del decreto del governo Netanyahu di limitare gli accessi ai cristiani della Cisgiordania. Nella Chiesa del Santo Sepolcro i banchi erano occupati da pochi fedeli, durante la messa officiata ieri dal cardinale Pierbattista Pizzaballa, per l’assenza dei pellegrini. Soltanto un migliaio di fedeli hanno sfilate nella processione per i luoghi simbolo della cristianità a Gerusalemme.
Furto di terra
L’UE ha condannato le confische di terre palestinesi nella valle del Giordano da parte di Israele a favore delle colonie illegali, ma il governo Netanyahu si disinteressa delle condanne verbali, visto il perdurare del sostegno politico, economico e militare da parte dei Paesi UE e Nato.
Il ministro israeliano Smotrich ha commentato: “Contro queste misure, l’unica mossa giusta da compiere è la maggiore colonizzazione ebraica nella terra di Israele; Dio ce l’ha destinata e noi non l’abbandoneremo”.
Il furto di terra maggiore è quello compiuto in silenzio e senza decreti da parte dei coloni illegali nelle zone di pascolo dei beduini palestinesi. L’ultimo di questi casi lo racconta un giovane allevatore, Faras Abu Fadhel, della comunità di Sukhen, ad est di Nablus, che tramanda un’attività di famiglia svolta da secoli. “Lo scorso 17 marzo, l’esercito è arrivato con le sue truppe e bulldozer e ha cacciato la mia famiglia insieme ad altre 9 che vivono su queste nostre terre”.
Tutto è cominciato con l’arrivo un anno fa di un colono armato che ha montato una tenda nel terreno di famiglia, portando le sue mucche e un cavallo. Piano piano se ne sono arrivati altri, tutti armati. Si vedeva che non vivevano dall’attività di pascolo, ma avevano finanziamenti da oltre oceano. “Hanno iniziato a recintare i terreni da loro occupati, messo mano alle fonti di acqua. La situazione si è aggravata lo scorso febbraio con l’agguato teso ad un pastore palestinese. Gli hanno sparato mentre tornava con il gregge nella nostra comunità. Si è salvato perché ha abbandonato gli animali e si è messo a correre. Quando abbiamo denunciato il fatto, è arrivato l’ordine dell’esercito di sfollare. Non sappiamo dove”.
Trattative
Non ci sono ancora le condizioni per un accordo di scambio prigionieri, ma si continua a trattare malgrado la mossa di Netanyahu di richiamare il capo della delegazione israeliana, Barnea.
La stampa israeliana sostiene che la contro proposta di Tel Aviv è quella di liberare 700 detenuti palestinesi, 100 dei quali con alte condanne, in cambio di 40 ostaggi.
Il governo Netanyahu non intende prendere impegni per la conclusione delle operazioni militari, dopo la terza fase di cessate il fuoco.
No anche al ritiro dei soldati dalle principali arterie stradali tra nord e sud della Striscia.
Un esponente di Hamas ha detto che senza un piano per la fine dell’aggressione non ci sarà accordo.
Washington ha presentato una proposta di mediazione che prevede come primo punto la promessa che Tel Aviv non perseguiterà all’estero i capi di Hamas che decideranno di abbandonare Gaza nel quadro di un accordo di resa. “È una provocazione”, ha risposto il leader Sami Abu Zahri. “Non trattiamo per la salvezza personale, ma per quella del nostro popolo da un genocidio in corso. Washington è complice di questa aggressione”.