Ci sono almeno tre eventi drammatici da ricordare il 24 marzo. In ordine cronologico: la strage nazista delle Fosse Ardeatine, Roma 1944; il golpe militare in Argentina, Buenos Aires 1976; l’assassinio di Monsignor Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador (EL Salvador), 1980.
L’eccidio delle Fosse Ardeatine, fu una rappresaglia nazista per un attentato partigiano in via Rasella a Roma il 23 marzo del 1944 che provocò la morte di 32 soldati tedeschi e che costò la vita a 335 persone, detenuti, tra politici, semplici sospetti, e 74 ebrei prelevati dalle carceri di Regina Coeli e di Via Tasso. La rappresaglia come punizione collettiva contro una popolazione civile è un crimine, ma nelle guerre è sempre praticata, anche in quelle attuali. Non c’è guerra senza crimine.
Il golpe militare argentino diede vita a un regime di terrore stile nazista e un’intera generazione di giovani donne e uomini venne spazzata via: si contano almeno trentamila desaparecidos. Il movimento di lotta nonviolenta delle Madres y Abuelas de Plaza de Mayo con la ronda del Giovedì in Plaza de Mayo per ottenere notizie di figli/e e nipoti scomparsi, e giustizia per il loro assassinio, fece sì che la data del 24 Marzo diventasse il “Giorno della memoria per la verità e la giustizia” (Día de la Memoria por la Verdad y la Justicia); venne istituito dal Congresso Nazionale Argentino con la legge 1º agosto 2002, n. 25.633.
Il 24 marzo del 1980 fu assassinato Monsignor Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador, capitale di El Salvador nell’America centrale. “Voce dei senza voce”, la domenica V di Quaresima (23 marzo) durante l’omelia aveva implorato: «In nome di Dio… e in nome di questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono al cielo ogni giorno più tumultuosi, vi supplico, vi chiedo, vi ordino, in nome di Dio: Cessi la repressione!». Aveva invitato i militari salvadoregni a obiettare all’ordine di uccidere i propri fratelli campesinos: «Nessun soldato è obbligato a obbedire a un ordine contro la legge di Dio […]. Una legge immorale, nessuno è tenuta a rispettarla».
La scelta di denunciare la repressione sempre più frequente durante la messa domenicale, trasmessa dalla radio, con i nomi e i cognomi delle persone rapite, scomparse e assassinate, costò la vita anche a lui. Il mandante del suo assassinio fu il colonnello Roberto d’Aubuisson, capo di Arena, partito di estrema destra, che agiva anche con squadroni della morte per eliminare i suoi oppositori. Monsignor Romero si lasciò convertire dal suo popolo povero, mettendo in atto ciò che i vescovi nella Seconda Conferenza dell’Episcopato latinoamericano a Medellín (1968) e nella Terza a Puebla (1979) avevano definito l’“opzione preferenziale per i poveri”. Aveva denunciato a più riprese la condizione di violenza e di ingiustizia strutturale in un Paese dominato da un’oligarchia latifondista che lasciava nella miseria le classi popolari. Aveva difeso il diritto delle medesime a organizzarsi per rivendicare i diritti sociali, negati in larga misura. Diversi sacerdoti della sua diocesi furono trucidati – il primo dei quali il suo amico gesuita padre Rutilio Grande – a causa del proprio impegno per la liberazione e l’emancipazione di contadini e operai sfruttati dai loro padroni.
Nell’omelia della domenica delle Palme dell’8 aprile 1979, Monsignor Romero descrive la condizione del suo popolo citando il documento di Puebla:
«Coloro che incontrarono Gesù a Gerusalemme, venti secoli fa, erano uomini del loro tempo, portavano con sé la storia del loro popolo, le frustrazioni e le speranze di Israele. Oggi qui siamo noi salvadoregni con la nostra storia e non solo come popolo in generale, lo siamo ciascuno di noi […] Volti di indigeni e spesso anche di afroamericani che, vivendo emarginati e in situazioni disumane, possono essere considerati i poveri tra i poveri. Volti di contadini – prosegue Puebla – che come gruppo sociale vivono relegati in quasi tutto il nostro continente, privati della terra, in una situazione di dipendenza interna ed esterna, sottomessi a un sistema di commercializzazione che li sfrutta. Volti di lavoratori spesso mal pagati e che hanno difficoltà a organizzarsi e a difendere i propri diritti. Volti di lavoratori urbani emarginati e ammucchiati, con il doppio impatto della mancanza di beni materiali, rispetto all’ostentazione di ricchezza di altri settori sociali. Volti di sottoccupati e disoccupati, licenziati dalle dure esigenze delle crisi economiche e spesso di modelli di sviluppo che sottopongono i lavoratori e le loro famiglie a freddi calcoli economici […] Volti di giovani, disorientati per non trovare il loro posto nella società, e frustrati, soprattutto nelle aree rurali e urbane marginali, per la mancanza di opportunità di formazione e di lavoro. Volti di bambini, colpiti dalla povertà già prima della nascita, perché le loro possibilità di realizzazione sono bloccate a causa di irreparabili carenze mentali e fisiche che li accompagneranno per tutta la vita; i bambini di strada e spesso sfruttati delle nostre città, frutto della povertà e della disorganizzazione morale e familiare. Volti di anziani, ogni giorno più numerosi, spesso emarginati dalla società del progresso, che scarta chi non produce”.
Tutto il popolo dei poveri latinoamericani, all’indomani del suo assassinio, considerò Monsignor Romero un martire per la giustizia e lo proclamò San Romero de America.
Molte comunità cristiane e associazioni continuano a ispirarsi alla sua figura in tutto il mondo. Oscar Arnulfo Romero è stato canonizzato da Papa Francesco a Roma il 14 ottobre 2018.
Pierpaolo Loi