Il Congresso della Repubblica del Perù, con il consenso del Ministero dell’Energia e delle Miniere (Minem), ha abrogato la legge che fissava un termine per la rimozione dei minatori illegali dal REINFO, il registro ufficiale delle attività minerarie nazionali.
L’estrazione mineraria illegale è un’attività che in Perù è considerata più redditizia del narcotraffico. La sua pratica prosciuga i fiumi, devasta le foreste secolari dell’Amazzonia e uccide i difensori dell’ambiente.
L’attività mineraria abusiva viene protetta dalla lobby del Congresso, costretta a confrontarsi con gli impegni internazionali assunti dal Perù in occasione dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente, culminata il 1° marzo scorso a Nairobi #UNEA6.
Come se vivesse in una realtà parallela, il Congreso de la República ha abrogato il 15 marzo 2024 in modo esplicito la Prima Disposizione Complementare del Decreto Legislativo 1607. Lo ha fatto senza il parere della Commissione Energia e Miniere e senza che tale abrogazione fosse all’ordine del giorno. Tale decreto era volto a prevenire la detenzione illegale di ordigni o materiali esplosivi nelle attività estrattive, oltre a prevedere la cancellazione automatica dei minatori illegali dal registro REINFO, qualora non avessero ottemperato a colmare le irregolarità riscontrate nelle strutture in cui avvengono le estrazioni minerarie, spesso su concessione di terzi.
La legge citata ha dato ai minatori illegali (in fase di regolarizzazione e registrati nel REINFO), il 20 marzo come termine per far fronte alle loro inadempienze, pena l’esclusione dal processo di regolarizzazione e il perseguimento da parte della Procura della Repubblica per attività illegali. L’avvocato ambientalista César Ipenza afferma che oggi in Perù ci sono minatori illegali “travestiti da lavoratori informali”. «Ancora una volta, l’impunità regna sovrana. I minatori illegali potranno mettersi in regola entro la fine dell’anno continuando, quindi, a beneficiare delle concessioni regolari», ha dichiarato al quotidiano Perù 21 Guillermo Chino, l’ex viceministro delle miniere.
Il Congresso della Repubblica del Perù ha approvato l’abrogazione della legge in prima votazione, con 79 voti a favore, 16 contrari e 11 astenuti. Una simile gaffe che arriva a pochi giorni dalla fine dell’UNEA, in cui i ministri dell’Ambiente di tutto il mondo hanno firmato una dichiarazione e sottoscritto 15 risoluzioni volte ad affrontare la triplice crisi planetaria. L’impegno preso prevede di raddoppiare gli sforzi per contrastare il cambiamento climatico, la perdita di natura e biodiversità, l’inquinamento e i rifiuti, al fine di attuare un’economia a rifiuti zero. Il colmo è che il ministro peruviano dell’Ambiente, Juan Carlos Castro, è stato invitato a sedere al tavolo decisionale, assumendo la vicepresidenza del forum globale per conto del Perù.
Traduzione dallo spagnolo di Federica Torre. Revisione di Maria Sartori