“L’Unione Europea ha deciso di sospendere il finanziamento al Ruanda di nuovi progetti di sviluppo, in attesa di un chiarimento circa l’implicazione di Kigali nel conflitto che imperversa nell’Est congolese. Ciò in seguito alla diffusione di un rapporto dell’aprile scorso in cui esperti dell’ONU denunciavano il sostegno del governo di Paul Kagame al nuovo gruppo ribelle dell’M23”, scriveva l’agenzia Misna il 26 settembre 2012.
Dodici anni dopo, l’est del Congo è in preda alla stessa sfida, denunciata dalla stessa fonte ONU, ma ben altro è l’atteggiamento dell’UE. Il 19 febbraio scorso essa infatti ha firmato con Kigali un protocollo d’accordo “per favorire lo sviluppo di catene di valore durature e resilienti per le materie prime critiche” e cioè i minerali strategici agognati in questo tempo di corsa verso l’economia cosiddetta verde.
Tale accordo comporta una mobilitazione di fondi verso il Ruanda per crearvi le infrastrutture necessarie. “Il Paese è un attore maggiore a livello mondiale nel settore dell’estrazione del tantalio. Produce anche stagno, tungsteno, oro e niobio e dispone di riserve di litio e di terre rare”, afferma il documento. Il suo linguaggio vuole esprimere un forte intento di rispetto della legalità, secondo le norme di tracciabilità che l’Europa stessa si è data nel 2021.
Peccato però che l’UE investa in questo senso in un Paese che non dispone di quantità significative di questi minerali, un Paese che ne è diventato grande esportatore solo grazie alle guerre che esso ha acceso a ripetizione nella Repubblica Democratica del Congo a partire dal 1996, sempre attraverso interposti movimenti di copertura, che in questi anni prendono il nome di M23.
Dall’est del Congo, col favore di responsabili corrotti a vari livelli, escono a fiotti da anni verso il Ruanda e altri Paesi confinanti a est i minerali preziosi – oro, coltan, terre rare…. Complicità alle frontiere, astuzie di vario genere, ma ora essi passano apertamente, grazie ai territori che l’M23 ha occupato oltre frontiera. Questo a prezzo di morti, di violenze di ogni genere, di rapine di beni di una popolazione la cui colpa è solo quella di vivere in un territorio ambito e di oltre un milione di sfollati – solo all’est – che sopravvivono miseramente e muoiono in tuguri di fortuna, in piena stagione delle piogge.
Proprio quando, dopo denunce multiple, qualcuno nel mondo s’accorgeva di questo conflitto riaccesosi da due anni, quando il popolo congolese aveva appena ingoiato a fatica la notizia dei 20 milioni di euro attribuiti dall’UE al regime ruandese a fine 2022 per il sostegno alle sue forze presenti in Mozambico, è arrivata come un fulmine la notizia di questo accordo.
Del resto l’accordo già si annunciava, con la dichiarazione comune che il Ruanda e la Banca Europea d’Investimento avevano firmato il 19 dicembre scorso, riguardante “un’alleanza strategica mirante a rinforzare gli investimenti nelle catene di valore delle materie prime critiche”.
Se l’obiettivo dell’accordo del 19 febbraio scorso, come dichiarato dal Parlamento Europeo in risposta alle tante critiche emerse, è “accrescere la tracciabilità e la trasparenza e rafforzare la lotta contro il traffico illegale di minerali”, non era forse più opportuno sanzionare il Ruanda anziché stipulare con esso accordi proprio sui frutti della rapina in atto?
Facendoci eco a tante voci che si sono levate contro l’accordo in questione, sia da parte delle autorità, di cittadini congolesi, di Paesi europei come il Belgio e di eurodeputati, anche noi come Comitato Insieme per la Pace in Congo esprimiamo la forte richiesta all’Unione Europea di annullare tale accordo, per contribuire all’avvento della pace nella regione. Riteniamo che solo un atteggiamento giusto e imparziale possa favorire la coabitazione pacifica nella regione africana dei Grandi Laghi.
Chiediamo altresì all’Unione di considerare attentamente la situazione interna del Ruanda, Paese dove c’è un altissimo livello di sofferenza repressa. Le tragedie passate, di cui presto il regime ruandese agiterà la memoria nel 30° del genocidio, non devono coprire gli occhi su ciò che ormai è denunciato apertamente da molte serie inchieste e dall’ONU stesso, fin dal suo Rapporto Mapping dell’ottobre 2010.
Per info: insiemeperlapaceincongo@gmail.com
Promotori dell’iniziativa:
Insieme per la Pace in Congo, rete di otto persone fisiche tra le quali:
Alessandro De Filippo
Faustin Ghaima
Gianni Bonotto
Marina Piccone
Piero Gugliotta
Elisabetta Giovetti
e di otto enti:
C.A.V.A. Coordinamento delle Associazioni della Vallagarina per l’Africa
Comitato per la Promozione e la Protezione dei diritti umani
Rete Pace per il Congo
Simama Associazione di volontariato
Tribù del mondo Associazione
Associazione Tumaini un ponte di solidarietà
Peace Walking Man foundation
Associazione Colibrì – Insieme per la pace in Congo
e inoltre:
P Alex Zanotelli – Missionario Comboniano
Don Tonio Dell’Olio – giornalista Pro Civitate Christiana
Marcia dei bruchi
Forum trentino per la pace ed i diritti umani
Don Giovanni Piumatti – Fidei Donum Pinerolo
Giusy Baioni – giornalista
Associazione 46° Parallelo / Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo