È la domanda che tutte/i ci facciamo da quasi un mese, da quando, cioè, la Corte Internazionale di Giustizia ha emesso un’ordinanza urgente (non ancora una sentenza) sul caso di Israele, chiamato dal Sudafrica a rispondere dell’accusa di genocidio. Si ripongono molte aspettative sull’intervento della CIG (ICJ), il più alto organo giudiziario dell’ONU, che giudica le violazioni commesse dagli Stati (da non confondere con la Corte Penale Internazionale (ICC), anch’essa con sede all’Aja, che giudica i crimini individuali). Più in particolare la speranza generale era che venisse imposto – e attuato – un immediato cessate il fuoco a Gaza. Così non è stato.
Per capire di più e per avere indicazioni su come agire in conseguenza di questo atto considerato ‘storico’, venerdì 9 febbraio è stata organizzata a Palermo, presso la casa della Cooperazione, una Conferenza molto partecipata organizzata da:
CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud), Amnesty International Italia, AOI (Associazione ONG Italiane), Arci Sicilia, Arci Nazionale, Mediterranea Saving Humans, Assopace.
Il 26 Gennaio 2024 la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha emesso un’ordinanza provvisoria in risposta alla richiesta del Sudafrica di avviare un procedimento urgente contro Israele accusato di violazione della Convenzione sul Genocidio per le sue azioni nella Striscia di Gaza. Il Sudafrica ha potuto denunciare Israele perché entrambi i paesi hanno ratificato la Convenzione sul genocidio, firmata nel 1948 in seguito alla Shoah.
La sentenza riconosce la plausibilità che Israele “stia commettendo atti che costituiscono genocidio ai sensi della Convenzione (par. 54) e riconosce che esiste un rischio reale e imminente di danno irreparabile ai diritti protetti dalla Convenzione (par. 74).”
“Israele deve fare tutto ciò che è in suo potere per impedire atti che rientrino nel campo d’applicazione della Convenzione sul genocidio e per prevenire e punire l’istigazione diretta e pubblica a commettere un genocidio”, ha affermato la CiG. “Israele deve anche adottare misure immediate ed efficaci per garantire la consegna degli aiuti umanitari agli abitanti della Striscia di Gaza”, ha aggiunto. Deve inoltre conservare le prove del suo operato e riferire alla corte entro un mese.
Secondo Triestino Mariniello, della John Moores University e membro del team in rappresentanza delle vittime di Gaza, si tratta di una sentenza storica, anche se non definitiva (per quella ci vorranno anni), perché la Corte ha accettato in pieno la tesi del Sudafrica riguardo l’ipotesi di azione, ma anche di intento genocidario come definito dalla Convenzione. Cioè l’intento di distruggere un gruppo umano non solo con le bombe, ma con la privazione di beni vitali, es. dell’elettricità con conseguente morte di neonati prematuri, che configura “misure per evitare la riproduzione della popolazione”. L’intento genocidario sarebbe dimostrato anche dalle pubbliche dichiarazioni di membri del governo israeliano (il popolo palestinese definito “animali umani” o “Amalek”, mostro biblico da distruggere).
Il pronunciamento della Corte è andato incontro a numerose critiche. Prima fra tutte: non ha imposto il cessate il fuoco. Questo riguarderebbe entrambe le parti in causa, ma le decisioni della Corte non si applicano ad Hamas, che non è uno Stato, ma un gruppo armato. L’ordinanza in ogni caso NON prevede il “diritto all’autodifesa di Israele” (contrariamente a quanto sostenuto da Repubblica e Corriere della Sera…). Il cessate il fuoco è quindi implicito nelle misure imposte, che senza di esso non potrebbero minimamente realizzarsi.
Intanto Israele ha continuato nella sua condotta genocidaria e dichiarato che intende procedere su questa via, ma la sentenza ha destato enorme impressione nel Paese, perché mette in discussione la perenne impunità ormai data per acquisita. Impunità che è stata uno degli incentivi alla violazione del Diritto Internazionale. Anche nel 2004 la CIG aveva condannato Israele per il ‘muro’, sostenendo che Israele non aveva diritto di difendersi dalla popolazione di un territorio occupato! La costruzione è continuata perché la CIG non può applicare sanzioni, che invece toccano agli Stati.
E qui interviene il ‘doppio standard’: 43 Stati hanno invocato l’intervento della CIG contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina, ma si sono opposti nei riguardi di Israele. Anche in Italia vige l’ ‘eccezionalismo giuridico’: il nostro Paese di solito sostiene tutti gli strumenti giuridici internazionali tranne che per Israele, che continua a spalleggiare nonostante il massacro di Gaza. Clamorosa la presa di posizione di Fassino, per cui “il Diritto Internazionale deve lasciare spazio alla politica”! È vero il contrario: è la politica che dovrebbe tenere conto del D.I. e applicarlo senza eccezioni.
Ma allora quali effetti pratici può avere l’ordinanza della CIG? Cosa è possibile fare – in assenza di volontà degli Stati occidentali – per darle efficacia? Molte cose, secondo il prof. Mariniello. Innanzitutto toglie un alibi perché nessuno/o ora può dire di non conoscere il carattere delle azioni di Israele ed anche altri Stati potrebbero essere portati davanti alla Corte per complicità.
A questo proposito l’Associazione Palestinese della California ha citato il governo degli USA davanti alla Corte Federale con l’accusa di complicità. Il giudice ha rigettato dichiarandosi incompetente, ma ha invitato il governo a rivedere il sostegno incondizionato a Israele! Il Parlamento regionale della Vallonia (Belgio) si è pronunciato contro Israele facendo riferimento all’ordinanza e altri si preparano a farlo. In pochi giorni 55 Stati si sono pronunciati sulla legalità dell’occupazione. Ma anche i privati e le associazioni civili possono utilizzare l’ordinanza. In Svizzera è stato avviato un procedimento penale contro il presidente israeliano Herzog per crimini internazionali. La compagnia giapponese Itochu ha rotto i rapporti con la Elbit Systems israeliana, del settore della difesa, citando la decisione della CIG…. La campagna internazionale BDS (Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni) sta prendendo slancio dopo che la CIG ha tolto a Israele la credibilità etica davanti a consumatori e consumatrici di tutto il mondo.
Per Sergio Cipolla, presidente del CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud), ONG che da più di trent’anni opera in Palestina, il “doppio standard” è un modo elegante per definire razzismo e colonialismo dei governi e dei media, che continuano a considerare Israele “l’unica democrazia del Medio Oriente” e in quanto tale impossibile da accusare di razzismo e genocidio. La sentenza del CIG mette in discussione davanti al mondo tale assioma. La portata del massacro di civili è tale – sottolinea Cipolla –che i palestinesi uccisi in questi quattro mesi sono in numero superiore al totale dei morti causati da decenni di conflitto. E si può letteralmente parlare di “terra bruciata” per il territorio di Gaza, dove viene impedito l’ingresso degli aiuti “con i mezzi più infami”.
Molto amara anche la testimonianza di Husam Hamdouna, Direttore del REC (Remedial Education Center) di Gaza, che il 7 ottobre si trovava in Italia e non ha più potuto fare ritorno a casa da allora. Il progetto REC si basava proprio sulla cultura dei Diritti Umani, promuovendo azioni per il rafforzamento psicosociale dei minori in risposta agli eventi traumatici o valorizzando il ruolo delle donne in particolare all’interno dei conflitti. La disillusione sull’approccio ai D.U. cui si assiste rinforza l’odio ed avrà conseguenze devastanti sulla popolazione per decenni. La priorità è fermare la guerra, ma subito dopo si dovrà ricreare una prospettiva di futuro, che al momento non si vede.
In collegamento dall’Egitto, Raji Sourani, fondatore del PCHR (Palestinian Center for Human Rights), più volte bersaglio di attentati quale difensore dei D.U., ha ricordato i ripetuti massacri da parte di Israele successivi agli accordi di Oslo – mai rispettati – per sottolineare che l’incursione di Hamas del 7 ottobre non nasce dal nulla, ma da 75 anni di vessazioni e come le attuali violazioni a Gaza superano ogni immaginazione: oltre alle bombe la gente soffre letteralmente la fame rimanendo senza cibo e acqua potabile per giorni. Con la deportazione di massa che sta avvenendo non è esagerato parlare di “seconda Nakba”. In questo contesto il Sudafrica e altri Paesi del Sud globale stanno dando lezioni di moralità e legalità all’Occidente, mettendone a nudo l’ipocrisia. Il Diritto Internazionale (Convenzione di Ginevra, Statuto di Roma) è un prodotto dell’Occidente. Quello che avviene a Gaza è la sua totale negazione. E tutto alla luce del sole e in TV! Ma il popolo palestinese non farà mai la parte della vittima. E sarà più forte con il supporto di chi vorrà stare al suo fianco dalla parte giusta della Storia, conclude.
La storia dell’impunità di Israele è contenuta nel dossier di Amnesty International, illustrata da Tina Marinari, Coordinatrice delle campagne di Amnesty International Italia, e data dalla fondazione dello Stato. Il dossier, del 2021, frutto di tre anni di lavoro, documenta il ‘regime di apartheid’ secondo i criteri della Convenzione di Roma: quando un gruppo etnico ne sottomette un altro a proprio vantaggio. Cita le strategie principali usate dai governi israeliani: esproprio della terra; segregazione, frammentazione della popolazione; frammentazione dei diritti (es. il bimbo diretto in ospedale morto perché bloccato al checkpoint – uno dei tanti casi). È negata la libertà di movimento, è negato l’accesso all’acqua, è negato il giusto processo (comuni cittadini del West Bank sottoposti a ‘detenzione amministrativa’ vengono giudicati da tribunali militari!). Per A.I. è indispensabile: a) imporre il cessate il fuoco; b) l’accesso ai beni di prima necessità; c) smantellare il sistema dell’apartheid; d) far cessare l’impunità (l’ultimo militare israeliano condannato per uso eccessivo della forza risale al 1987…).
Per Anna Bucca, dell’Arci, è necessario cambiare la narrazione su quanto sta avvenendo, oltre le strumentalizzazioni, falsificazioni e censure dei media e continuare a chiedere a gran voce il rispetto dei basilari Diritti Umani e Libertà, Giustizia e Autodeterminazione per il popolo palestinese.