Oltre il 54% dei percettori del Reddito di Cittadinanza- RDC non beneficerà dell’Assegno di Inclusione- ADI in base ai nuovi criteri della misura voluta dal governo Meloni.
Una misura iniqua, che non è stata adeguatamente comunicata e preparata e che, oltre a lasciare in povertà estrema tante famiglie, ha messo in grossa difficoltà i servizi sociali territoriali.
La stima prevede che complessivamente beneficeranno dell’ADI 854.000 famiglie (di cui 66.000 nuovi accessi, in virtù dei nuovi criteri), per un totale di 1.971.000 persone.
Secondo i dati diffusi dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali al 12 dicembre erano invece 127.217 le persone che avevano fatto domanda per il Supporto formazione e lavoro -SFL sul sito dell’INPS o attraverso un Patronato.
Per cercare di arginare la confusione che si è venuta a creare in tanti uffici, il Consiglio Nazionale degli Assistenti Sociali (CNOAS) ha condotto una serie di azioni informative per provare a sostenere l’operatività all’interno dei servizi.
In collaborazione con la Fondazione Nazionale Assistenti Sociali (FNAS), in particolare, ha elaborato un Documento di sintesi normativa per assistenti sociali e altri operatori dei servizi, che approfondisce la definizione dell’ADI, i suoi beneficiari e i requisiti di accesso con l’aiuto dei riferimenti normativi.
Il Documento si conclude con una sezione dedicata al ruolo del servizio sociale professionale e con alcuni spunti di riflessione.
In quest’ultimo capitolo CNOAS e FNAS propongono una “checklist” volta a supportare e migliorare l’attività nei servizi, nella consapevolezza che “la capacità della nuova misura di incidere concretamente a favore di singoli e famiglie in condizioni di esclusione e povertà dipende anche da quanto organizzazioni e professionisti saranno in grado di svolgere al meglio i loro mandati“.
Professionisti del sociale che nei territori continuano però a lavorare in condizione di estrema difficoltà: uno studio pubblicato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio sull’attuazione del Livello essenziale delle prestazioni di assistenza sociale ha calcolato che, per raggiungere il livello minimo di assistenza nel nostro Paese, sarebbe necessario assumere più di 3.000 assistenti sociali.
Senza considerare il groviglio normativo che complica vieppiù l’azione di contrasto alle tante emergenze sociali che attraversano il Paese e che si scaricano in definitiva sui comuni, nonché l’assenza di adeguati controlli.
Sono proprio gli Assistenti sociali attraverso Barbara Rosina, presidente del CNOAS, a chiedere ancora una volta, per esempio, “che si lavori per ricondurre ad unità le due tipologie di finanziamento: Fondo Povertà e Fondo di Solidarietà Comunale e che gli enti locali non dirottino su altro le risorse individuate per i servizi sociali”.
Poche prestazioni sociali sono state oggetto di aspri scontri, anche ideologici, quanto il Reddito di Cittadinanza (RdC), con la destra che lo ha messo nel mirino, ritenendola una misura che incentiva l’ozio e favorisce i furbetti, quando non addirittura le organizzazioni criminali.
Un interessantissimo volume dal titolo “Sostegno ai poveri: quale riforma? Dal Reddito di Cittadinanza all’Assegno di Inclusione: analisi dell’Alleanza contro la povertà in Italia”, frutto del lavoro svolto da Stefano Sacchi, Andrea Ciarini, Giovanni Gallo, Rosangela Lodigiani, Franca Maino e Michele Raitano nel Comitato scientifico dell’Alleanza contro la povertà in Italia (nata nel 2013, che raggruppa un ampio numero di soggetti sociali che hanno deciso di contribuire in maniera collettiva alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese https://alleanzacontrolapoverta.it/), mostra innanzitutto che uno schema universalistico di reddito minimo come il RdC (che pure mostrava limiti in termini di equità ed efficienza, e doveva certamente essere modificato lungo molte direzioni, inclusa quella dei meccanismi della governance e dell’implementazione nei territori), che non segmenta la popolazione tra categorie di appartenenza (basate, per esempio, sulle caratteristiche dei componenti del nucleo familiare o sul loro status occupazionale), costituisce un tassello importante del sistema di protezione sociale italiano.
“L’aspetto preminente della riforma Meloni, si legge nelle conclusioni del volume, è la categorialità, che abbandona un percorso, auspicato sin dalla Commissione Gorrieri istituita dal Presidente del Consiglio Craxi, verso l’universalismo selettivo. Ciò dal nostro punto di vista fa premio su tutti gli altri aspetti, e non può che dar luogo a un giudizio negativo sulla riforma, motivato da valutazioni di carattere funzionale.
Contrariamente a quanto spesso affermato nella retorica politica, la riforma Meloni non smantella infatti il sostegno ai poveri, e ne conferma la natura di diritto soggettivo per quanti ricadano nelle condizioni previste; una situazione questa solo recentemente acquisita nel welfare italiano, dal REI in poi.
Però la categorialità che caratterizza la misura segmenta la platea dei poveri, in modo a nostro avviso iniquo, inefficace e poco efficiente. Iniquo perché tratta in modo anche radicalmente diverso situazioni simili, senza peraltro affrontare quegli aspetti anch’essi di iniquità già presenti nel RdC e dovuti all’applicazione di una selettività non graduale, da “dentro o fuori” (si pensi al trattamento del patrimonio).
Inefficace perché la riforma è disegnata in modo assai farraginoso, con due misure distinte ma con rimandi certamente non lineari tra loro quanto alla composizione delle platee degli aventi diritto, circa le quali cambiamenti marginali nel reddito o nelle caratteristiche individuali e familiari spostano in modo irrazionale l’eleggibilità dall’una misura all’altra, o escludono dall’accesso. Poco efficiente perché, sotto l’ipotesi di take-up pieno, i risparmi sono poco consistenti. È probabile che la farraginosità del disegno renderà difficoltoso l’accesso alle misure, così aumentando i risparmi di spesa.
Ma se si ritiene che occorra una misura di contrasto alla povertà, l’obiettivo dovrebbe essere quello di raggiungere l’intera platea dei potenziali beneficiari, non altrimenti.”
La riforma Meloni appare in definitiva come un’occasione persa per imparare dagli errori (e dai successi) del RdC, impoverisce e inaridisce il sostegno ai poveri e manca di una visione di speranza.
E, come scrivono gli autori del volume, questa è forse la sua pecca più grande.
Qui per scaricare gratuitamente il volume: https://www.egeaeditore.it/ita/prodotti/economia/sostegno-ai-poveri-quale-riforma.aspx.
Qui la guida normativa all’Assegno di Inclusione: https://cnoas.org/wp-content/uploads/2023/12/ADI-Documento-di-sintesi-normativa.pdf.