In questi giorni mi risuona in testa la vecchia frase attribuita a John Donne e diventata famosa grazie a una storica pellicola cinematografica tratta dal romanzo di Hemingway: “Ogni morte di un essere umano mi diminuisce perché sono parte dell’Umanità; quindi non chiedermi per chi suona la campana. Essa suona sempre per te”.
La risposta alla domanda del titolo è in sé ovvia: contraddicendo la bella frase del filosofo i morti non sono tutti uguali.
Basterebbe citare le statistiche dei morti per fame, per guerre più o meno importanti, per suicidio o femminicidio per capire che ci sono 10 pesi e 10 misure nella valutazione mediatica, politica e umana di quell’evento che, ricordiamocelo, a un certo punto riguarderà tutti.
Così limiterò le mie considerazioni all’aspetto mediatico del problema: è evidente che l’attenzione a quella che si suole chiamare “cronaca nera” sia aumentata negli ultimi anni e che, apparentemente di conseguenza, la maggior parte dei media si siano dedicati a quel genere di giornalismo, con particolare attenzione ad argomenti come il femminicidio.
Se andiamo a vedere le statistiche inerenti il femminicidio si scopre che negli ultimi anni il fenomeno (ovviamente deprecabile) è in Italia sostanzialmente stabile in quanto a numeri e che anzi potrebbe diminuire quest’anno. Se dovessimo occuparci di una vera strage in Italia dovremmo senz’altro parlare degli incidenti stradali, le cui vittime sono decisamente di un’altra scala. Quindi quando si parla di “notiziabilità” si sta dicendo che pubblichiamo una non-notizia.
Ma se cominciamo a guardare in una prospettiva mondiale, come si dovrebbe fare per fare del buon giornalismo, dovremmo dire che gli incidenti stradali in Italia hanno grosso modo ammazzato lo stesso numero di persone in un anno dell’esercito israeliano a Gaza in un paio di settimane; potremmo fare un passettino verso temi meno congiunturali (con il massimo rispetto per tutti i morti di tutte le guerre) e ricordare, insieme alla FAO, che domattina circa 900 milioni di persone rischieranno concretamente di morire di fame e non perché sono fannulloni o cattivi (come qualche politico di cattivo gusto prova a farci credere, ma perché sono vittime di profonde ingiustizie sociali, oppure di catastrofi ambientali non prodotte da loro, o di discriminazioni razziali, deportazioni ecc.
Fare del giornalismo nonviolento, fare del buon giornalismo vuol dire rimettere questi numeri al posto giusto e cominciare con una denuncia seria delle cause di fondo che producono la morte: la disuguaglianza sociale, la speculazione finanziaria, le guerre, il razzismo, le politiche ambientali, il disinteresse per una sanità pubblica efficiente e gratuita: in sintesi la violenza nei suoi diversi caratteri di violenza fisica, economica, discriminatoria, religiosa.
Ma la risposta nonviolenta dopo la denuncia deve passare alla proposta e la proposta centrale è quella di una società dove ogni essere umano abbia le stesse opportunità e dove si lavori, giorno dopo giorno, per eliminare gli ostacoli che impediscono la realizzazione di quest’obiettivo.
Pressenza è uno dei luoghi dove si raccontano questi progetti di liberazione dell’Essere Umano dalla condizione violenta in cui alcuni – pochi – hanno messo la stragrande maggioranza. L’aiuto concreto nel segnalare questi effetti dimostrazione, questi differenti modi di fare azioni, di avere idee e sentimenti verso un cambiamento sentito e radicale delle condizioni di vita è il contributo che ognuno, giornalista o no, può dare a questa causa.
Pressenza stessa è uno degli effetti dimostrazione perché lavora con un’altra agenda, perché è completamente supportata da volontari, autofinanziata e dunque indipendente, in crescita perché corrisponde a un’esigenza umana inarrestabile.
L’attenzione mediatica verso chi lavora per la morte e non per la vita (assassini, guerrafondai, speculatori, violenti in genere) vuole anche convincerci della cattiveria umana e conseguentemente spingerci verso l’individualismo e la rassegnazione.
Per questo noi scommettiamo sulla natura umana dei costruttori disinteressati, dei volontari, delle persone umili che sentono, dal profondo del cuore, la necessità di aiutare e che sono in grado in qualsiasi momento di illuminare l’oscurità.