Malgrado le previsioni (poi verificatesi) di un’intensa pioggia a Roma, una decina di attivisti sardi hanno preso un aereo per la Capitale martedì scorso (5/12/2023) per consegnare a mano, presso l’Ambasciata degli Stati Uniti, una lettera rivolta al Presidente Joe Biden chiedendogli di porre fine alla persecuzione giudiziaria del cofondatore di Wikileaks, Julian Assange.
Una decina di attivisti romani, poi, provenienti dalle formazioni NoWar Roma, Free Assange Roma e Free Assange Italia, hanno accolto la delegazione sarda davanti all’imponente Ambasciata, sito in Via Veneto a Palazzo Margherita, residenza ufficiale della Regina dopo l’assassinio del re consorte Umberto I nel 1900.
Angelo Cremone, portavoce degli attivisti provenienti dalla Confederazione Sindacale Sarda, da DonneAmbienteSardegna, da Assotziu Consumadoris Sardigna, dall’Ufficio Studi Angioy e da Sardegna Pulita, ha letto poi nei microfoni la loro lettera prima di consegnarla:
“Egregio Presidente Biden, siamo qui per chiederle di compiere, con l’autorità e i poteri che le sono riconosciuti, un atto di clemenza che restituisca la libertà al giornalista Julian Assange, rinchiuso nelle carceri londinesi in attesa di estradizione verso le carceri americane.
“La richiesta di estradizione si lega a un atto d’incriminazione basato sulla legge statunitense sullo spionaggio, e mette sotto accusa il signor Assange per aver pubblicato documenti autentici di pubblico interesse. Tali pubblicazioni, rivelando crimini di guerra contro i civili – inaccettabili per chi aderisce alle convenzioni internazionali sui diritti umani – hanno svolto una funzione fondamentale nell’assicurare il diritto del pubblico a conoscere la verità e nel proteggere i diritti umani attraverso la segnalazione di gravissime violazioni di questi ultimi. Presidente Biden, Julian Assange ha solo esercitato il suo ruolo di giornalista. La libertà di stampa e di pensiero di cui lui si è avvalso è riconosciuta come elemento cardine della democrazia americana, ed è protetta addirittura dal primo emendamento della Costituzione stessa, oltre che dall’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’essere umano.”
La lettera poi conclude dicendo “con questo nostro appello, non si vuole mettere in discussione la riservatezza ritenuta necessaria per certi documenti. Tuttavia, in qualità di Presidente degli Stati Uniti, rappresentante di tutti gli elettori, lei sa che, se la “riservatezza” serve a celare crimini di guerra, allora prevalgono il dovere del funzionario di denunciarli e il diritto del giornalista di renderli pubblici.”