I nemici dell’Occidente non sono per forza nemici dell’Africa; al contrario, gli amici dell’Africa sono quelli che la aiutano nelle sue “battaglie per la sovranità” prendendo atto che oggi nel continente cresce “un movimento neo-sovranista popolare”. Parole e pensieri affidati all’agenzia Dire da Otto Bitjoka, lombardo e camerunense, presidente dell’Unione delle comunità africane in Italia (Ucai).
Si parte dalle specificità delle proposte europee a sud del Sahara rispetto a quelle dei cosiddetti “nuovi attori”, dalla Cina alla Turchia.
“Il male è il predatore, che di solito non ha volto, non sappiamo chi è ma vediamo la predazione” la premessa di Bitjoka. Che sottolinea: “Quando si parla di ‘nuovi attori’ bisogna considerare che gli africani sono capaci di pensare e che non sono bambini”. Poi, in prima persona: “Vogliamo banalmente la nostra sovranità, vogliamo che gli altri imparino a lasciarci fare secondo i nostri paradigmi endogeni, vogliamo che banalmente gli altri accettino che noi possiamo anche sbagliare con le nostre scelte e imparare dagli errori”.
Il presidente di Ucai continua: “Non è vero che i nemici dell’Occidente sono per forza nemici degli africani; i nostri amici sono quelli che ci aiutano nelle nostre battaglie per la sovranità”. E ancora: “Credere di poterci spingere a considerare che chi è nemico dell’Occidente deve essere nostro nemico vuol dire che c’è la tendenza a infantilizzarci”. Il presidente di Ucai sottolinea: “Questo noi non lo accettiamo; oggi c’è un movimento del neo-sovranismo popolare e dobbiamo tenerne conto”. Si tratta, secondo Bitjoka, di un approccio “non ideologico”, che a 60 anni dalle indipendenze dai colonialisti europei “dice adesso basta”.
Infine, un cenno al Piano Mattei proposto dal governo italiano e ad altre iniziative europee. “Vogliamo fare le cose nostre, vogliamo poter sbagliare, vogliamo scegliere un compagno per il nostro percorso e per il nostro rinascimento” dice Bitjoka.
“Vogliamo la nostra agenda, non l’agenda degli altri, che non è sovrapponibile alla nostra”.
L’occasione dell’intervista è l’incontro conclusivo del ‘Progetto Africa-Europa: identità e differenze, culture politiche in dialogo’, supportato nell’ultimo anno dal ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.
Coinvolgere gli afroitaliani nel Piano Mattei “era ed è politicamente corretto” e su questa iniziativa gli afroitaliani faranno a tempo debito “una lettura disincantata e afrocentrista” sottolinea Otto Bitjoka.
Il decreto del Piano Matteo pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 15 novembre l’ho letto, con diletto e con grande attenzione, da africano, perché è una cosa che ci riguarda” dice Bitjoka. “Devono essere implicati gli africani italiani, non so se ciò è stato previsto, ma credo che era ed è politicamente corretto coinvolgerli nel percorso”.
Il presidente di Ucai ricorda che i contenuti dell’iniziativa promossa dal governo del primo ministro Giorgia Meloni, denominata in omaggio alla visione dell’ex partigiano fondatore di Eni, non sono ancora noti. “Non sappiamo se hanno scelto tutti e 55 gli Stati africani o se ne hanno scelti alcuni in particolare, con quali criteri e puntando su quali settori e per questo non ha senso fare oggi una dichiarazione” evidenzia Bitjoka. “Bisogna però cominciare a capire la fenomenologia del pensiero di Enrico Mattei e contestualizzarlo nella nostra contemporaneità e nell’impianto di indirizzo politico-strategico di questo governo”.
Secondo il presidente di Ucai, “l’Africa ha 55 nazioni e ognuna ha il proprio programma di sviluppo economico e omogeneizzare i progetti, identificando un settore comune per l’Italia, sarà allora un esercizio molto complicato”. Infine, rispetto al Piano Mattei, un impegno: “Quando tutte le carte saranno scoperte faremo una lettura disincantata e afrocentrista”.