> RASSEGNANEWS SULLE SOGGETTIV₳ZIONI DEL METICCIATO MERIDIOGLOCAL <
La tragedia di Gaza attraverso i numeri pubblicati dalle Nazioni Unite
Le immagini che arrivano dalla Striscia di Gaza, dove da oltre un mese va in scena un autentico massacro, lasciano senza parole. I raid israeliani d’aria e di terra stanno radendo al suolo abitazioni, ospedali, centri per rifugiati, ma soprattutto migliaia di vite umane. A offrirci lo spaccato più completo della situazione sono i numeri diramati dalle Nazioni Unite sulla crisi umanitaria in corso a Gaza, che vengono aggiornati ogni giorno. Al 10 novembre 2023, scrive l’Onu basandosi sui dati forniti dal Ministero della Sanità di Gaza, sono 11.078 i morti palestinesi, tra cui si contano 3.027 donne, 4.506 bambini e 678 anziani. Ben 1.130 famiglie vedono molteplici vittime: 549 famiglie ne contano da 2 a 5, 189 nuclei familiari da 6 a 9 e 312 famiglie addirittura più di 10. I feriti risultano essere 27.490, con un incremento costante dallo scorso 7 ottobre. Altre 2.700 persone, tra cui 1.500 bambini, sono attualmente disperse e potrebbero essere intrappolate sotto le macerie. Gli sfollati interni a Gaza sono 1,6 milioni, rappresentativi del 70% della popolazione totale.
vedi articolo integrale su l’Indipendente
Rapporto-ISTAT: divario Nord-Sud sulle strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie presenti in Italia
Nelle regioni del Nord prevale la concentrazione di servizi rivolti agli anziani non autosufficienti. Nel paese 267mila circa sono gli anziani – a partire dai sessantacinque anni – ospiti delle strutture residenziali (s.r.) gestite in maggioranza da enti non profit. Al 31 dicembre 2021 gli ospiti minori accolti dalle s.r ammontano a 19.707. In totale – al 2021 – sono oltre 356mila persone ospitate dalle strutture residenziali, nelle quali sono state impiegate più di 341mila lavoratori, a cui vanno aggiunti gli oltre 31mila volontari e circa 4mila operatori del servizio civile
Al 1° gennaio 2022, i presidi residenziali attivi nel nostro Paese sono 12.576: l’offerta è di circa 414mila posti letto, sette ogni 1.000 persone residenti. A livello territoriale, tuttavia, l’offerta è maggiore nel Nord-est con 10 posti letto ogni 1.000 residenti, mentre nel Sud del Paese è invece poco al di sopra di tre posti letto ogni 1.000 residenti e copre solo l’11% dei posti letto complessivi… Il primo dato che emerge è quello dell’aumento degli ospiti dei presidi residenziali. “Gli ospiti totali al 31 dicembre 2021 sono 356.556, con un incremento del 4% rispetto all’anno precedente – si legge nel report -, si inverte così la tendenza del periodo pandemico e il dato si riavvicina a quelli rilevati negli anni precedenti il Covid-19. Il 75% degli ospiti è ultra-sessantacinquenne, il 20% ha un’età tra i 18 e 64 anni e il restante 5% è composto da minori”. Secondo l’Istat, più di tre posti letto su quattro destinati ad assistenza socio-sanitaria. “Delle oltre 15mila unità di servizio quelle che erogano assistenza socio-sanitaria sono 8.937, per un ammontare di circa 321mila posti letto (il 77,5% dei posti letto complessivi) – si legge nel report -. L’offerta residenziale si riduce sensibilmente per le unità di servizio che svolgono soprattutto funzione di tipo socio-assistenziale: le unità così classificate ammontano a 6.318 e dispongono in totale di 93.112 posti letto (il 22,5% dei posti letto complessivi)”. Le unità di servizio socio-sanitarie assistono prevalentemente utenti anziani non autosufficienti, destinando a questi ospiti il 75% dei posti letto disponibili, mentre agli anziani autosufficienti e alle persone con disabilità ne vengono destinati, rispettivamente, il 9% e il 7%. Le unità di tipo socio-assistenziale, invece, sono prevalentemente orientate a fornire accoglienza e tutela a persone con varie forme di disagio. In particolare, il 41% dei posti letto è indirizzato all’accoglienza abitativa e il 40% è dedicato alla funzione socio-educativa e ospita principalmente minori di 18 anni.
Redattore Sociale – approfondisci nel notiziario
“La propaganda di guerra” è un dispositivo antico quanto la guerra stessa, codificato da Arthur Ponsonby, politico pacifista inglese, dopo la prima guerra mondiale, analizzando gli inganni messi in atto dalla propaganda di tutte del parti in conflitto
La storica belga Anne Morelli ne ha fatto una verifica alla luce delle guerre successive, fino all’aggressione militare Usa dell’Iraq del 2003, nelle quali i Principi elementari della propaganda di guerra (2005) risultano confermati, adattati ai diversi contesti, per convincere le opinioni pubbliche di fronte agli enormi costi umani ed economici di ogni guerra. Ecco l’elenco: 1. Non siamo noi a volere la guerra, ma siamo costretti a prepararla e a farla \ 2. I nemici sono i soli responsabili della guerra \ 3. Il nemico ha l’aspetto del male assoluto (salvo averci fatto affari fino a poco prima) \ 4. Noi difendiamo una causa nobile, non i nostri interessi \ 5. Il nemico provoca volutamente delle atrocità, i nostri sono involontari effetti collaterali \ 6. Il nemico usa armi illegali, noi rispettiamo le regole \ 7. Le perdite del nemico sono imponenti, le nostre assai ridotte \ 8. Gli intellettuali e la stampa sostengono la nostra causa \ 9. La nostra causa ha un carattere sacro (letterale o metaforico) \ 10. Quelli che mettono in dubbio la propaganda sono traditori.
Elementi propagandistici reiterati sui media italiani, dalla guerra in Ucraina alla guerra in Palestina, da commentatori con l’elmetto in servizio permanente effettivo, spesso ignoranti nel merito dei conflitti. Superati solo dai veri e propri elogi della guerra tout court di commentatori come Ernesto Galli della Loggia che sul Corriere della Sera del 5 novembre 2023 non solo rivaluta gli effetti collaterali di quella ”inutile strage” (papa Benedetto XV) che fu la prima guerra mondiale, dimenticando che i principali furono la nascita di fascismo e nazismo, oltre i sedici milioni di morti causati in quattro anni; ma esalta anche le stragi delle popolazioni tedesche nelle città che furono rase al suolo dai bombardamenti dei “buoni” durante la seconda guerra mondiale: ossia “uccidere anche civili innocenti, anche donne, vecchi e bambini, di uccidere per uccidere. Cioè di commettere quelli che attualmente almeno tre o quattro trattati e convenzioni internazionali definiscono crimini di guerra” (sic!). Obsolescente/mente, stragi “a fin di bene” che giustificano oggi i crimini di guerra israeliani.
leggi il pezzo su comune-info.net
COSTRUIAMO UNA RETE DI DONNE PER UN NATALE DI PACE. ORGANIZZIAMO SIT-IN E PRESIDI SABATO 24 DICEMBRE 2023
Non ci sarà nulla da festeggiare senza la pace. Natale è celebrazione della vita e dell’amore. Ai potenti della terra che manovrano la guerra diciamo: VERGOGNA! PER NON SAPERE NÉ VOLERE CERCARE LA VIA DELLA PACE. LA STORIA VI HA GIÀ CONDANNATI
… la guerra, con il suo seguito di morte e di odio, sta divorando ogni speranza che si possa dare senso al Natale. Noi Donne del Presidio per la Pace di Palermo non possiamo sopportare l’insulto alla vita arrecato dalle armi; da ogni città, provincia, nazione, ovunque nel mondo, ci uniamo per dire BASTA GUERRA! la più assurda e deprecabile invenzione maschile. La vigilia di Natale grideremo PACE! con la nostra presenza nelle piazze delle nostre città, indossando una sciarpa bianca per tessere idealmente una coltre di cura e solidarietà per l’immane sofferenza arrecata dalle guerre armate e, al contempo, per elevare una barriera di opposizione ad ogni guerra. Non possiamo sopportare la vista dei corpi dei bambini dilaniati. Non possiamo accettare che pochi decisori di morte impongano la guerra a interi popoli. Non possiamo permettere che conquiste millenarie di civiltà vengano stravolte dalle logiche primitive della guerra. Diamo un senso al prossimo Natale: Chiediamo con fermezza ai/alle rappresentanti della politica di fare SOLO alleanze di pace \ Condanniamo ogni decisione diretta o indiretta di risposta armata \ Pretendiamo che i nostri territori non accolgano armi, men che mai nucleari \ Sosteniamo i lavoratori portuali e ferroviari nelle azioni di boicottaggio dei trasporti di armi.
Inviate le adesioni a bibliotecadonneudipalermo@gmail.com in modo da avere contezza su quante e quali città parteciperanno all’iniziativa e poterne dare diffusione a mezzo stampa
Comunicato del “Presidio donne per la pace di Palermo”: UDIPALERMO – Le Rose Bianche – Donne CGIL Palermo – Coordinamento Donne ANPI – Donne caffè filosofico Bonetti – #Governo di lei – Donne no Muos no War – CIF – Emily – FIDAPA sez. Palermo Felicissima – Le Onde -Arcilesbica
World Congress for Climate Justice: “Crediamo che sia necessario contrastare il greenwashing delle COP e creare nuove opportunità di convergenza, come l’Internazionale per la Giustizia Climatica”
A 31 anni dall’approvazione della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) e dall’istituzione delle COP (Conferenze delle Parti), dobbiamo riconoscere il fallimento di questi strumenti nei confronti degli obiettivi di stabilizzazione del clima e la loro incapacità di canalizzare la domanda di giustizia climatica che proviene dal basso [di seguito riportiamo un abstract dell’assemblea plenaria del congresso, svoltosi lo scorso ottobre dal 12 al 15 a Milano]
In questo Congresso, abbiamo discusso e presentato le lotte locali mondiali contro il capitalismo. È importante che nel prossimo Congresso si trovi più spazio per riflettere e discutere strategie e tattiche di protesta in base alla pluralità degli attori rappresentati, dalla protesta pacifica alla disobbedienza civile, all’hacking, ai boicottaggi, alle dimostrazioni e ai referendum. Nonostante il fallimento delle COP e di altri eventi mainstream simili che operano greenwashing, è importante occupare quegli spazi con i nostri contenuti radicali per discutere correttamente di ciò che conta davvero, evitando falsi accordi e promesse sempre disattese. Dobbiamo creare una piattaforma mista (online e di persona) per condividere conoscenze, metodi e pratiche e utilizzare questo spazio per unificare le lotte per il clima con quelle dei lavoratori e di altri movimenti e organizzare la prima Internazionale per la Giustizia Climatica. Nei prossimi mesi, definiremo uno slogan comune e organizzeremo manifestazioni simultanee in diversi Paesi. Le proposte principali si concentrano su tre linee d’azione: 1) boicottare e contrastare le infrastrutture del capitale, le linee di produzione delle multinazionali e i grandi eventi promossi dal capitalismo come strumenti di consenso per perpetuare la speculazione finanziaria, il degrado ambientale, lo sfruttamento animale e l’emarginazione sociale; 2) democratizzare e sensibilizzare l’opinione pubblica per andare oltre l’attuale crisi globale; 3) condividere e scambiare le migliori pratiche esistenti. È importante mantenere la pluralità dei movimenti qui rappresentati. Dobbiamo essere umanamente sostenibili: ognuno ha progetti personali e collettivi, dovremmo guardarci intorno e collaborare con le reti o le azioni in corso. Dobbiamo creare un Comitato internazionale nel corso del prossimo anno, composto da delegati di diversi movimenti e realtà. È quindi importante che ogni delegazione interessata a mettere impegno e persone per costruire la struttura della Internazionale per la Giustizia Climatica in modo efficace. Questo processo può essere portato avanti online o di persona, sfruttando l’occasione di incontri internazionali come l’Earth Social Summit (5-10 dicembre a Casanare, Colombia) o i altri eventi futuri. L’obiettivo di questo Comitato Internazionale è quello di iniziare ad organizzare la struttura reale di questa alleanza, trovando la città che ospiterà il prossimo Congresso Mondiale per la Giustizia Climatica e alcune date di convergenza. È fondamentale ascoltare e sostenere le richieste delle comunità locali, dei soggetti indigeni, e del Sud globale, a partire dalla cancellazione del debito e dal rifiuto di ogni forma di sfruttamento estrattivo, comprese le sue versioni “verdi”. Le voci inascoltate dei non-umani tenuti prigionieri nei moderni lager delle mega-fattorie dovrebbero essere prese in considerazione in una prospettiva di liberazione animale. Questa Internazionale per la
Giustizia Climatica deve basarsi sulla solidarietà e rivolgersi non solo ai governi e alle imprese nazionali, ma anche a entità internazionali come Big Oil e le corporazioni agroindustriali.
per saperne di più vai su Effimera
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