Dopo 118 giorni di sciopero ininterrotto, un minuto dopo la mezzanotte del 9 novembre (ora del Pacifico), è stato siglato dal sindacato SAG-AFTRA l’accordo preliminare (così è definito negli USA) per il rinnovo del contratto di lavoro dei 168.000 attori dipendenti dai grandi studi cinematografici e televisivi statunitensi, situati soprattutto a Los Angeles, New York, Boston e Chicago.

Il comunicato del sindacato parla di “un accordo di un miliardo di dollari”. L’86% dei componenti del Consiglio Nazionale l’ha approvato il 10 novembre. La fase di valutazione e di voto dei lavoratori inizierà martedì e si concluderà il 5 dicembre. Coinvolgerà una base sindacale, in grande maggioranza composta da attori poco pagati e investiti da un grande calo del tenore di vita negli ultimi anni, che aveva inizialmente imposto lo sciopero e spinto i delegati a una trattativa coerente con le richieste e molto attiva nei picchetti e nelle manifestazioni.

La trattativa era iniziata il 2 ottobre, interrotta dopo una settimana dalle imprese e poi ripresa. Si supponeva che la firma del rinnovo contrattuale degli sceneggiatori facesse da veloce apripista di un’intesa anche per gli attori, invece c’è voluto un mese per raggiungerla. Proprio mentre filtrava la notizia che le parti si fossero ulteriormente allontanate a causa della richiesta degli studios di ampliare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa (IA).

Le grandi imprese come Disney, Netflix, NBC Universal, Warner Bros., Discovery e altre hanno infatti l’intenzione d’investire massicciamente nell’IA per diminuire costi e personale, trasformando completamente la produzione dell’intrattenimento cinematografico e televisivo. Se non si riuscirà ad apporre (non solo nel settore dell’intrattenimento) limiti precisi al suo utilizzo, l’IA potrà dequalificare o sostituire tutte le professionalità presenti (nello specifico a Hollywood) e ridurre drasticamente i posti di lavoro. Non a caso gli studios proponevano all’inizio della trattativa una liberatoria il primo giorno di lavoro (evidentemente difficile da rifiutare da parte del singolo) per ottenere il consenso dell’attore all’utilizzo, sostanzialmente all’infinito, della sua replica digitale.

Di fronte al blocco di una delle principali attività della California (con lo sciopero contemporaneo di sceneggiatori e attori), si era assistito a messaggi di preoccupazione da parte del Governatore dello Stato e anche all’intervento di alcuni attori più remunerati (che peraltro negoziano accordi individuali attraverso i loro agenti): questi avevano proposto di ribaltare a favore dei meno pagati la priorità del pagamento degli streaming, attuando una forma di “solidarietà interna” che avrebbe dovuto parzialmente supplire all’egoismo delle imprese.

La conclusione del contratto è stata anche favorita dalla sempre maggiore difficoltà economica della grande maggioranza degli attori, i quali guadagnano retribuzioni dirette e differite con le repliche dei film e delle serie tv ben lontane da quelle delle star hollywoodiane. Retribuzioni che consentono loro a malapena un affitto nelle grandi e carissime città statunitensi e che dal 13 luglio, data di inizio dello sciopero, hanno imposto a molti di ricorrere a prestiti e al doppio lavoro per sbarcare il lunario.

Nella stessa situazione si trova l’ampia classe lavoratrice del mondo dello spettacolo, quella che lavora dietro le quinte di film, TV, teatro ed eventi dal vivo, non ha oltrepassato i picchetti, ha aiutato le manifestazioni ed è stata messa in disoccupazione a causa dello sciopero dei suoi colleghi sceneggiatori e attori.

Anche tra gli attori, comunque, solo il 15% guadagna abbastanza per inserirsi nell’assistenza sanitaria di settore, la cui soglia per avere la copertura è di 26.470 dollari. Solamente il 2% degli iscritti al sindacato guadagna in modo permanente una retribuzione comparabile a quella che le modalità statistiche statunitense qualificano come quella della “classe media”, che comprende anche i lavoratori “garantiti” (i dati sono da Variety).

Passando all’accordo, di cui non si conoscono a oggi tutti i particolari, il sindacato non ha ottenuto la richiesta quota forfettaria del 2% (poi ridotta all’1%) delle entrate derivanti dallo streaming, da distribuire ai lavoratori. Le aziende non intendono divulgare più di tanto i dati dei loro incassi e nemmeno far compartecipare con un importo certo i lavoratori alle loro grandi entrate.

L’accordo triennale prevede un aumento del 7% (più di quello ottenuto dagli sceneggiatori) della maggior parte dei minimi retributivi, una percentuale assai valorizzata dal presidente del sindacato, come anche il già citato miliardo di dollari in nuovi salari, i finanziamenti per i piani previdenziali e un nuovo bonus residuo di 40 milioni di dollari. Il sindacato voleva che tale fondo fosse distribuito a un’ampia gamma di artisti, mentre l’accordo finale prevedrebbe il 25% degli introiti di streaming destinati al fondo collettivo e Il 75% solo ai lavoratori che hanno concorso alle opere più gettonate. Nel contratto degli sceneggiatori tali opere più gradite dal pubblico erano considerate quelle viste, durante i primi 90 giorni di rilascio, almeno dal 20% degli abbonati nazionali del servizio.

Come si vede, si tratta di questioni che hanno bisogno di un esame approfondito dello scritto contrattuale. Al di là della scontata ed evidente volontà delle grandi imprese dell’intrattenimento di poter utilizzare ogni forma di riduzione della professionalità storicamente acquisita dei lavoratori e di non retribuirla in rapporto agli immensi profitti degli studios, il contratto degli attori statunitensi (e anche da quello degli sceneggiatori) ha affrontato snodi fondamentali (soprattutto quello delle modalità di utilizzo dell’intelligenza artificiale). Questi comporterebbero una valutazione assai più approfondita di quella data dai tanti media e politici istituzionali che hanno manifestato grande entusiasmo per la chiusura di uno sciopero che garantisce la ripresa di un’attività con milioni di estimatori che attendono i prossimi film e la continuazione delle serie televisive dei loro beniamini.

La complessità della materia e il sacrificio fatto dai tanti lavoratori che hanno sfidato ai picchetti l’avidità aziendale e il sole cocente consiglierebbe di attendere il loro parere sul contratto che li riguarda.

Fonti principali:

D.Walsh, Actors’ strike negotiations “hit a snag”: Yes, the companies are offering nothing, World Socialist Web Site, 13.10

Hollywood studio bosses low-ball SAG-AFTRA, then walk out of bargaining session, People’s World, 13.10

D:.Anguiano, Hollywood stars hail actors’ union’s tentative deal with studios to end strike, The Guardian, 9.11

M.Gruenberg, SAG-AFTRA strike ends with tentative agreement on three-year pact, People’s world, 9.11

G.Maddaus, SAG-AFTRA Board Approves Strike-Ending Contract on 86% Vote, Variety, 10.11

B.Barnes, Hollywood Actors to Start Voting Tuesday on Contract Deal, New York Times, 10.11
https://www.sagaftra.org/