MOLDAVIA. AL VOTO TRA L’EUROPA E LA RUSSIA, 600 CANDIDATI ESCLUSI
DIVIETO A VIGILIA AMMINISTRATIVE PER ‘SICUREZZA NAZIONALE’
Seicento candidati sono stati messi fuori gioco alla vigilia delle elezioni del 5 novembre in Moldavia.
La motivazione della decisione, comunicata da Dorin Recean, Primo Ministro in questa ex repubblica sovietica stretta tra Romania e Ucraina, è che il partito di riferimento degli esclusi comprometterebbe la “sicurezza nazionale”.
Il provvedimento ha colpito la formazione Sansa, una parola che in romeno, la lingua ufficiale, vuol dire “scelta”: la tesi dell’esecutivo è che sarebbe stato formato per aggirare una sentenza della Corte costituzionale che a giugno ha decretato lo scioglimento di un altro partito, Shor, fondato da Ilhan Shor, un oligarca considerato un alleato della Russia e ora in Israele, condannato a 15 anni di carcere per una frode bancaria e sospettato di finanziare proteste di piazza.
Ieri gli aventi diritto dei circa due milioni e 600mila abitanti della Moldavia sono stati chiamati a scegliere 12mila amministratori locali, tra i quali i sindaci delle città principali, a cominciare dalla capitale Chisinau.
Il voto è un test per la presidente Maia Sandu, dirigente del Partidul Actiune si Solidaritate (Pas), vicina al Partito popolare europeo (Ppe) e fautrice dell’ingresso della Moldavia nell’Ue.
L’esclusione dei candidati di Sansa è stata disposta dalla Commissione per le emergenze “per ragioni di sicurezza dello Stato”.
Recean ha denunciato “una guerra ibrida” che sarebbe stata scatenata da Mosca, già accusata di sostenere Shor. “La Russia non può invaderci con i carri armati come ha fatto in Ucraina”, ha sostenuto il primo ministro, “ma può farlo usando le bande criminali”.
Aleksej Lungu, il capo di Sansa, ha sostenuto invece che il governo di Chisinau ha “solo paura” e che le dichiarazioni di Recean equivalgono a “uccidere il popolo”.
L’oligarca Shor è stato condannato “in absentia” a 15 anni di carcere in relazione a una truffa da un miliardo di dollari.
Nuove accuse riguardano presunte compravendite di voti, con l’invio e la messa a disposizione in Moldavia di fondi per un miliardo di leu, l’equivalente di 50 milioni di euro.
Il contesto, locale e internazionale, è segnato dalla guerra in Ucraina. Chisinau condivide con Kiev un confine di oltre 1.200 chilometri e, a seguito dell’offensiva militare russa del febbraio 2022, insieme con le tensioni è cresciuto l’arrivo di persone rifugiate, circa 900mila, oltre 110mila delle quali poi rimaste stabilmente in Moldavia.
Di “un momento particolare” riferiscono all’agenzia Dire anche fonti diplomatiche.
I fattori di incertezza, in attesa pubblicazione mercoledì prossimo da parte della Commissione europea di un rapporto sulle prospettive dell’allargamento dell’Ue a est, dedicato anche alla Moldavia, sarebbero più d’uno: non solo i contrasti tra Chisinau e la regione di fatto indipendente della Transnistria, dove sono presenti peacekeeper di Mosca, ma anche le spinte secessioniste nel sud, nello specifico nella Gagauzia, un’area a maggioranza russofona.
“Pochi giorni fa i servizi di sicurezza hanno bloccato 31 siti sostenendo che stessero combattendo una guerra informativa contro la Moldavia” ricordano le fonti della Dire. “Nella lista ci sono 14 fonti russe, dal giornale Komsomolskaya Pravda al portale Lenta e alle agenzie di stampa Tass e Interfax”.