Come avevamo già scritto su Pressenza, di fronte alla drammatica situazione degli eccidi in Palestina, le voci per il cessate il fuoco sono attive anche negli Stati Uniti, Paese dove vivono ormai grandi comunità di arabi e, tra di loro, di palestinesi, che si aggiungono alla storica presenza di ebrei. Comunità entrambe estremamente variegate: risulterebbe (Wikipedia) che quasi i 2/3 degli arabi residenti negli USA sia di religione cristiana e 1/3 degli ebrei non abbia alcuna appartenenza religiosa alle varie tendenze ebraiche (e tra loro c’è una forte componente antisionista).
Il 16 ottobre i sindacati palestinesi avevano lanciato un appello ai lavoratori di tutto il mondo “a fermare la vendita e il finanziamento delle armi a Israele e la ricerca militare correlata” e avevano chiesto solidarietà per appoggiare un cessate il fuoco umanitario.
Negli Stati Uniti questo appello è stato raccolto da alcuni (pochi) sindacati – United Electrical, Radio and Machine Workers of America (UE), un sindacato storicamente progressista – che aveva già chiesto a settembre la fine degli aiuti militari a Israele e l’avvio di una politica di pace, la Chicago Teachers Union (CTU), un’importante sindacato degli insegnanti (che tra l’altro, come scrivevamo su Pressenza, è stato alla base della coalizione che ha portato alla vittoria a Chicago di un sindaco progressista), ha approvato, con altre organizzazioni di lavoratori minori, una lettera che chiedeva al Presidente Biden di sostenere i diritti umani, la liberazione di tutti gli ostaggi e un cessate il fuoco immediato in Israele e Palestina.
Quando invece hanno preso posizione singole sezioni sindacali aderenti alla grande federazione AFL-CIO, gli organismi dirigenti della stessa sono intervenuti per chiedere il ritiro di pronunciamenti che differissero dal comunicato stampa dell’11 ottobre dell’AFL-CIO. Questo chiedeva “una rapida risoluzione del conflitto attuale per porre fine allo spargimento di sangue di civili innocenti e per promuovere una pace giusta e duratura tra israeliani e palestinesi”, ma non menzionava il cessate il fuoco, né si opponeva alla produzione e alla spedizione di armi destinate ad Israele.
Bisogna ricordare che alcuni sindacati affiliati all’AFL-CIO rappresentano lavoratori nel settore delle armi, tra cui l’Associazione internazionale dei lavoratori aerospaziali e la stessa United Auto Workers, che recentemente ha firmato accordi con le tre grandi imprese dell’auto.
L’AFL-CIO ha una lunga tradizione di appoggio a Israele, che comprende anche l’acquisto di centinaia di milioni di dollari in obbligazioni dello Stato di Israele dal 1950 in poi. Solo negli ultimi anni, come durante il bombardamento israeliano di Gaza nel 2021, alcuni sindacati affiliati sono diventati più critici nei confronti del governo israeliano e più solidali con il movimento per la libertà palestinese.
Se il mondo del lavoro statunitense organizzato sembra dunque finora poco coinvolto nel dramma del Medio Oriente, l’epicentro delle iniziative per la pace sono soprattutto gli atenei.
Già sotto attacco da tempo a causa degli insegnamenti aperti a opinioni diversificate su vari argomenti da parte dei repubblicani di destra, che hanno ormai il controllo quasi totale del partito che fu di Lincoln, oggi nelle università si fronteggiano gruppi studenteschi che manifestano nei campus a favore di Israele o della Palestina e chiedono di prendere posizione agli organismi degli atenei. Queste richieste li mettono in difficoltà, data la necessità di garantire la libertà di espressione e contemporaneamente di evitare che la guerra venga trasferita dagli studenti nelle aule.
Gli studenti sono inevitabilmente sconvolti e addolorati dalla violenza in Terra Santa (termine oggi poco praticato), che magari coinvolge direttamente loro parenti e conoscenti sul posto; molti di loro tendono dunque a non avere nessuna disponibilità di ascolto e di confronto con l’altra parte.
A ciò si aggiunga che alcuni manifestanti pro-Israele sono spesso appoggiati da organizzazioni di estrema destra che non hanno alcuna empatia per il dramma dei popoli e volontà di risolverlo a favore della pace e della giustizia per tutti, ma lo sfruttano esclusivamente a loro fini di bassa politica.
Il 25 ottobre decine di studenti hanno manifestato in dozzine di università. Alcune manifestazioni, organizzate da Palestinian Youth Movement, Dissenters e Students for Justice in Palestine, chiedevano l’interruzione dell’appoggio statunitense a Israele e la rottura delle relazioni delle università con le multinazionali degli armamenti. Nel campus della Columbia University, a New York, alcune centinaia di studenti sono usciti dalle aule aderendo a uno sciopero organizzato dalla Columbia Students for Justice in Palestine insieme a Jewish Voice for Peace. In questo contesto, un camion del gruppo di destra Accuracy in Media, che sostiene l’attacco di Israele a Gaza, girava per il campus filmando i partecipanti alla manifestazione e diffondeva i nomi e le foto degli studenti attivi a sostegno dei diritti del popolo palestinese definendoli “principali antisemiti della Columbia”. La stessa iniziativa, che induce a potenziali minacce ai singoli identificati come attivisti, è stata realizzata nel campus di Harvard.
Il 27 ottobre parecchie centinaia di persone che indossavano la maglietta con la scritta “Not in my Name”, “Non in mio nome (la guerra)”, hanno occupato l’atrio della Central Station di New York. La manifestazione si è conclusa con l’arresto di 400 persone, tra cui rabbini, attori e deputati dello Stato di New York, del Senato e del Consiglio Comunale. Se particolarmente attiva per la pace in Palestina è la comunità ebraica progressista della città (Jewish Voice for Peace era la principale organizzatrice dell’iniziativa) erano presenti donne e uomini di varie nazionalità che hanno messo in campo quella che è stata definita la più grande protesta che New York ha visto in oltre due decenni.
Due settimane prima, il consiglio dello Stato di New York dell’American Academy of Pediatrics, l’organizzazione dei pediatri, ha chiesto il cessate il fuoco dichiarando: “Siamo con i bambini di Israele e i bambini di Gaza. Amiamo tutti i bambini, tutte le famiglie allo stesso modo”.
Anche 18 componenti del Congresso hanno chiesto una politica diversa da parte degli Stati Uniti, per la pace e per il cessate il fuoco.
Una petizione di attori è stata rivolta al presidente Biden e dice: “Ci uniamo come artisti ma soprattutto come esseri umani, testimoni della devastante perdita di vite umane e del dispiegarsi degli orrori in Israele e Palestina. Ci rifiutiamo di raccontare alle generazioni future la storia del nostro silenzio, del fatto che siamo rimasti a guardare e non abbiamo fatto nulla”. Tra le firme, quelle di Alyssa Milano, Annie Lennox, Brian Eno, Ben Affleck, Cate Blanchett, Richard Gere, Milla Jovovich, Michael Moore e Susan Sarandon.
Se non è facile avere un quadro delle numerose iniziative, anche piccole, per la pace e i diritti dei popoli che si tengono nelle varie città statunitensi, anche con caratteristiche e parole d’ordine diversificate, nel vicino Canada si sono mosse invece sull’argomento grandi organizzazioni sindacali. Una coalizione di oltre 50 unioni del lavoro e associazioni della società civile, della pace e della giustizia ha firmato il 21 ottobre una dichiarazione congiunta che chiede al governo federale canadese di promuovere un cessate il fuoco immediato. La dichiarazione condanna l’uccisione di civili palestinesi e israeliani innocenti e afferma che tutti gli ostaggi devono essere rilasciati in modo sicuro e che dev’essere affrontata la “causa principale della violenza: l’occupazione decennale da parte di Israele del territorio palestinese”. Anche in Canada, il Congresso laburista canadese (CLC), l’equivalente dell’AFL-CIO negli Stati Uniti, non ha firmato la dichiarazione della suddetta coalizione Ceasefire Now.
Inoltre, il più grande sindacato del Paese, l’Unione canadese dei dipendenti pubblici (CUPE), ha chiesto al governo di interrompere la vendita di armi a Israele e si è impegnata a lanciare una campagna per educare i propri iscritti in merito alla “storia dell’occupazione e della colonizzazione della Palestina da parte di Israele” e alla “complicità del Canada” e invitarli ad agire per “sostenere una pace giusta”.
Fonti principali:
N.Marques, University students across the US walk out of classes for Gaza, People’s Dispatch, 26.10
C.J.Atkins, Massive labor-community coalition in Canada demands: Ceasefire now, People’s world, 25.10
J.Schuhrke, The AFL-CIO Squashed a Council’s Cease-Fire Resolution. What Does It Say About Labor Right Now?, In These Times, 2.11