Migliaia di persone hanno partecipato giovedì sera alla fiaccolata Israele e Palestina: fermiamo la violenza, riprendiamo per mano la Pace che, partita da piazza Albarello, ha attraversato corso Siccardi, via Cernaia, via Pietro Micca per concludersi in piazza Castello.
La manifestazione, organizzata in una settimana data la sempre più critica situazione umanitaria nella striscia di Gaza, è stata pensata per consentire la più ampia partecipazione nel tentativo di costituire quel popolo della pace accomunato dalla proposta di una tregua immediata a Gaza e dalla prospettiva di risoluzione della quasi secolare questione palestinese. Nel tentativo di mantenere questa apertura è stato chiesto ai partecipanti di portare con sé solo bandiere della pace, senza striscioni tranne quello che ha aperto il corteo con la scritta “fermiamo la violenza, riprendiamo la pace per mano”.
Con lo stesso criterio il gruppo organizzatore ha stabilito un solo intervento a fine corteo, quello di Don Luigi Ciotti.
Malgrado l’adesione al corteo di un gran numero di organizzazioni, non sono mancati distinguo e non adesioni motivate che si sono esplicitate in vari modi.
Il discorso di Don Luigi Ciotti
Nel suo intervento a fine corteo, Don Luigi Ciotti risponde subito all’accusa di equidistanza fatta agli organizzatori dell’evento sia da ambienti ebraici che da ambienti filo-palestinesi: “Noi non siamo equidistanti, ma equivicini”. Su questa base si sviluppa una parte del suo intervento ricordando il dolore, tremendamente simile, di madri, sorelle e congiunti delle vittime di Hamas come delle vittime dell’esercito di Israele. Ai crimini di guerra di Hamas affianca i crimini di guerra dello stato israeliano che toglie acqua, viveri ed energia a due milioni di persone bombardando la striscia senza alcuna considerazione per i civili. L’equivicinanza con i bambini che dopo un bombardamento a Gaza gridano disperati “non abbiamo fatto nulla di male”.
Don Ciotti denuncia l’assenza della comunità internazionale che non si è più occupata della questione palestinese, facendola giungere ai livelli di conflittualità terribile e disumana attuali. La guerra, tutte le guerre, sono un crimine in sé e cita la lettera con cui Craig Mokhiber, direttore presso l’ufficio di New York dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, si è dimesso nei giorni scorsi dal suo incarico perché impotente di fronte ad un nuovo genocidio.
Non bisogna inoltre dimenticare gli altri 59 conflitti attivi che coinvolgono milioni di persone che possono essere risolti soltanto generalizzano la giustizia sociale ed ambientale; antidoti alle guerre a tutte le latitudini sono i diritti fondamentali per tutti che si possono ottenere aggredendo i problemi strutturali che mantengono povertà, ingiustizia e privilegi.
Fondamentale e respingere il ritorno di sentimenti ed azioni antisemite.
Dobbiamo prendere la pace per mano a farla vivere dentro di noi, ricordando il legame profondo tra la pace e la giustizia, tra la pace ed i diritti umani, perché siamo fratelli tutti. –
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La partecipazione popolare alla fiaccolata è un preciso indicatore della generale preoccupazione che questo nuovo focolaio di guerra sta generando nell’opinione pubblica. Questa ampia opinione pubblica può tentare di fare da ponte, almeno a Torino, tra la comunità ebraica e quella palestinese, dando spazio alle parti dialoganti.