Il premierato è servito!  Ecco la madre di tutte le riforme: approvato all’unanimità dal consiglio dei ministri il disegno di legge costituzionale che stravolge la carta fondamentale nata dalla resistenza antifascista.  “Ora decideranno i cittadini’ che  dopo aver votato dovranno starsene buoni buoni a casa senza osar disturbare il manovratore  

 

Le sistematiche politiche di genocidio portare avanti da Israele nei confronti dei Palestinesi hanno fatto passare in secondo piano il gravissimo attacco alla nostra Costituzione perpetrato dal governo Meloni con la cosiddetta riforma del “premierato”, rispetto alla quale la maggioranza governativa parla con enfasi di nascita della “terza Repubblica”, anche se, come vedremo, e in considerazione dei contenuti proposti, per noi sarebbe più giusto parlare di tentativo (o di sogno) di  un “secondo ventennio fascista”.

In pratica l’ipotesi è quella dell’elezione diretta del premier che avverrebbe in contemporanea con l’elezione del parlamento attraverso un sistema elettorale caratterizzato da un maggioritario secco, e con in più un premio di maggioranza per il cartello che sostiene il premier eletto che porterebbe la coalizione vincente ad avere il 55% dei parlamentari.

In questo modo il capo del governo avrebbe il controllo completo del Parlamento, accentrando di fatto nelle proprie mani sia il potere esecutivo che il potere legislativo, con buona pace della vecchia teoria della divisione dei poteri, da sempre considerata un indicatore fondamentale del livello di democrazia di un paese.

L’idea che la stabilità politica passi attraverso l’accentramento dei poteri nelle mani del capo del governo non a caso è uno dei contenuti centrali che produssero negli anni venti le cosiddette “leggi fascistissime”, attraverso le quali si creò e si consolidò il regime del ventennio fascista.

Il parlamento viene in questo modo esautorato di fatto dalle sue funzioni, e i suoi membri (almeno quelli della maggioranza di potere) ridotti ad una casta di cortigiani subalterni, privi di funzioni reali e col solo compito di essere ligi agli ordini ricevuti, ma in compenso lautamente ripagati con forti privilegi sociali.

Questa ipotesi di riforma del “premierato” è molto più grave e antidemocratica di quanto non sia il presidenzialismo classico. Vogliamo ricordare, a tal proposito, che negli stessi USA, le cui istituzioni sono spesso prese a modello del sistema presidenziale (ivi comprese le critiche di scarsa rappresentatività delle minoranze), l’elezione del Presidente e quella del Parlamento (il Congresso e il Senato) avvengono in tempi ed in modi del tutto separati, tanto che succede molto spesso che il Presidente non possa contare sulla maggioranza di uno, o di entrambi i rami del Parlamento, il quale, in ogni caso, mantiene comunque, per la stessa natura autonoma del suo mandato, una ampia indipendenza.

Come se ciò non bastasse, nella proposta della maggioranza di destra c’è ancora di più e di peggio. Pare infatti che non sia previsto nessun limite alla possibile rielezione per successivi mandati dello stesso premier. Rifacendoci ancora una volta agli USA (che non rappresentano certo il nostro modello di democrazia), come si sa il Presidente può essere eletto per due soli mandati, in pratica per otto anni complessivi, alla fine dei quali si ritira di fatto, almeno ufficialmente, dalla vita pubblica. In Italia, al contrario, potremmo avere un nuovo “duce” (la Meloni o chi per lei) che in teoria potrebbe essere rieletto per più volte, magari per venti anni, realizzando il sogno nel cassetto di un nuovo ventennio nero.

Come si vede la Costituzione italiana è in grave pericolo. Malgrado siano pochi gli articoli che verrebbero modificati, se la riforma passasse è l’intero impianto della Carta che verrebbe stravolto. Il suo spirito originario, il suo significato profondo di speranza verso una costante crescita democratica e verso una maggiore uguaglianza sociale, promesse già ampiamente disattese lungo la storia della Repubblica, verrebbero definitivamente cancellate anche solo come ipotesi o possibilità.

L’impianto fortemente autoritario dell’ipotesi di riforma è di tale portata che se esso divenisse legge, gli effetti nefasti andrebbero, con ogni probabilità, oltre i confini del nostro paese. Quel processo di involuzione che ha portato alcuni sistemi, ormai solo formalmente “democratici”, a caratterizzarsi di fatto come regimi fortemente autoritari, tanto da fare coniare il neologismo di “democrature”, farebbe un ulteriore e nefasto passo in avanti. Grazie alla riforma proposta da Meloni e soci, forse si potrebbe cominciare a parlare di “democradittature”.

Purtroppo, considerando i numeri attuali del nostro Parlamento, la controriforma autoritaria delle destre, potrebbe andare in porto. A quel punto non ci resterebbe che l’arma del referendum. Credo che dovremmo tutti cominciare a prepararci ad una tale evenienza, dalla quale potrebbe dipendere, in modo fortemente significativo, il futuro del nostro paese. E forse non solo del nostro paese.