Dopo il primo accordo il 25 ottobre con la Ford, e il successivo il 28 con la Stellantis, anche la General Motors (GM) ha firmato il 30 il rinnovo del contratto, che sarà sottoposto ora al voto degli organismi dirigenti del sindacato United Auto Workers (UAW) e poi a quello dei lavoratori.
Alla firma erano contemporaneamente in sciopero 18.000 operai della GM sui 46.000 dipendenti. Lo sciopero per il contratto è stato infatti attuato da UAW con una modalità definita Stand-Up Strike, che ha comportato scioperi articolati in modo progressivo e diversificato nelle tre aziende in relazione all’andamento delle trattative (separate ma contemporanee, cosa che nel passato non era mai avvenuta).
Lo sciopero degli operai delle tre imprese era iniziato il 15 settembre, il giorno dopo la scadenza del precedente contratto. Al 24 ottobre, data dell’intesa con Ford, stava coinvolgendo 45.500 operai di 8 grandi stabilimenti di assemblaggio e tutti i 38 magazzini di ricambi, sui 146.000 operai coinvolti nel rinnovo del contratto. Altre migliaia di lavoratori erano stati “inviati a casa” dalle imprese per mancanza di materiale prodotto a monte delle loro lavorazioni. In molti stabilimenti non coinvolti nello sciopero erano praticati sia il rifiuto dello straordinario volontario che il work-to-rule (l’attenersi strettamente alla propria mansione).
L’accordo alla Stellantis ricalcherebbe quello della Ford (quello con la GM non è ancora dettagliato). UAW sottolinea che la Stellantis era entrata in trattativa volendo sopprimere 5.000 posti di lavoro; invece ne aggiungerà 5.000 e riaprirà lo stabilimento per la produzione di Jeep di Belvedere (Illinois), chiuso a fine febbraio. Anche la Ford ha messo per iscritto l’intenzione di fare investimenti per 8 miliardi di dollari negli Stati Uniti.
Il sindacato sottolinea che gli aumenti retributivi di questi rinnovi (si attende di conoscere quelli siglati con la GM) sono superiori al rinnovo del contratto del 2019. In pratica, nei 4 anni e mezzo di durata contrattuale, l’incremento della paga oraria è del 25%. Inizialmente la Ford e la GM proponevano il 9% re la Stellantis il 14%. Ciò porterà, se si comprende anche il ripristino dell’adeguamento retributivo all’inflazione, a una paga massima di 42 dollari/ora, mentre il salario iniziale sarà di oltre 30 dollari/ora. I lavoratori temporanei, le cui retribuzioni erano particolarmente basse, otterrebbero un aumento nella durata del contratto del 165%. Sarà da vedere se questi aumenti retributivi, seppure, soprattutto quello massimo, rappresentino salari molto alti rispetto a quelli pagati a molti lavoratori negli Stati Uniti (non per niente prosegue la lotta per il salario minimo a 15 dollari), riusciranno a coprire la futura inflazione.
E’ ripristinata, oltre al succitato adeguamento automatico all’inflazione, la progressione retributiva ogni tre anni ed è abolita (non è noto se per tutte le mansioni) la divisione in due fasce salariali, particolarmente odiata dagli operai che svolgevano la stessa mansione a salario minore. Queste autorizzazioni erano state concesse nel 2009 alle aziende, nella fase della loro crisi finanziaria (un sostanziale fallimento per la GM e la Chrysler). Aggiunte alla condanna della precedente dirigenza UAW per aver intascato tangenti dall’allora Chrysler di Marchionne e agli immensi attuali proventi degli amministratori delegati delle Big3, avevano fatto vincere a marzo le elezioni dei dirigenti di UAW (imposte dal governo federale direttamente da parte degli iscritti) alla componente più radicale, che ha presentato una piattaforma contrattuale assai ambiziosa.
Tornando all’intesa, gli attuali lavoratori temporanei, che potevano rimanere tali per anni, saranno inquadrati a tempo pieno (alla Ford entro 9 mesi, abolendo così l’odiato sistema, divisivo per i neo assunti), ma ciò non sembra escludere per il futuro assunzioni a tempo limitato.
Come l’accordo con la Ford, che riguarda 57.000 lavoratori negli USA, anche quello con la Stellantis, che riguarda 33.000 operai, legalizza (altrimenti sarebbero vietati dalle norme federali) i futuri eventuali scioperi in caso di chiusura degli impianti ed anche quelli in caso di violazione degli impegni dell’impresa in tema di prodotti e investimenti.
Nel merito della richiesta di riduzione dell’orario a 32 ore pagate 40, sembrerebbe che sia stato solamente ottenuto un giorno di ferie in più.
Sul tema fondamentale della difesa dell’occupazione nella fase incombente del passaggio all’auto elettrica (EV), che le aziende vorrebbero utilizzare per adottare nuovi contratti di lavoro minori per contenuti rispetto a quello rinnovato in questi giorni, sarà da capire se il contratto principale, appena siglato, coprirà anche tutti gli stabilimenti EV, quelli attuali e anche e soprattutto quelli futuri. Non è chiaro se questi possano o meno garantire l’occupazione di tutti gli attuali operai addetti alla costruzione di auto a benzina.
Sulle conseguenze del contratto, la Ford ha già messo le mani avanti, dichiarando che il suo costo ricadrà su ogni veicolo prodotto per circa 800 dollari, lasciando intravedere con ciò lo scarico dei costi contrattuali sugli acquirenti delle auto.
Il voto degli iscritti UAW valuterà nei prossimi giorni i contenuti dei tre contratti, che saranno diversi tra loro, come storicamente avviene negli USA, dov’è assente il contratto nazionale di categoria. Contratti di non facile lettura: quello con la Ford è di 900 pagine, compresi gli allegati.
Solo dopo il voto dei lavoratori sarà chiaro il risultato di una vertenza che, come scrivevamo su Pressenza, ha e avrà notevoli conseguenze sul settore automobilistico statunitense, sulle imprese auto non sindacalizzate, sul passaggio all’auto elettrica, sulle comunità che si reggono sul lavoro in fabbrica. E anche sul voto dei lavoratori metalmeccanici e delle loro famiglie in Stati tradizionalmente industriali in bilico tra i due principali candidati nelle ultime elezioni presidenziali.