Lunedì 16 ottobre i leader europei e dei paesi dei Balcani occidentali si sono riuniti a Tirana per il decimo summit del Processo di Berlino.
I leader dell’Unione Europea, dei 27 stati membri e dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia) si sono incontrati lunedì 16 ottobre a Tirana per l’annuale summit del Processo di Berlino, un’iniziativa avviata nel 2014 dall’allora cancelliera tedesca, Angela Merkel, per facilitare la cooperazione regionale nell’ottica di un futuro accesso all’UE.
Giunto alla sua decima edizione, il vertice è stato definito storico, sia perché tenutosi per la prima volta in uno dei paesi della regione, sia per i risultati che, secondo il primo ministro dell’Albania, Edi Rama, sono stati raggiunti.
Nell’ottica di un possibile allargamento dell’UE nel 2030, proposto dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, gli esiti dell’incontro di Tirana potrebbero mettere le basi per una svolta nella giusta direzione.
Un summit in chiaroscuro
La sensazione di storicità di questo summit può essere rintracciata nelle parole della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, secondo cui la scelta di Tirana come sede rappresenta “un potente simbolo dei profondi legami tra le nostre regioni”. Nonostante la sua percepita importanza, durante l’evento non sono mancati i momenti di gelo.
Evidente la freddezza del saluto tra Rama e la prima ministra della Serbia, Ana Brnabić, venuta in sostituzione del grande assente di giornata, il presidente serbo Aleksandar Vučić, il quale ha preferito recarsi a Pechino per il summit dell’iniziativa Belt and Road.
Lo smacco di Vučić arriva a seguito delle tensioni legate all’attacco nel nord del Kosovo dello scorso 24 settembre, evento sul quale Rama si era espresso in maniera molto critica nei confronti del governo serbo. L’assenza di Brnabić nella foto ufficiale del summit pubblicata dal Consiglio europeo sembrerebbe dimostrare il poco interesse del governo serbo a partecipare a questo incontro, nonostante le seguenti giustificazioni.
Una certa freddezza è emersa anche durante il saluto tra Rama e il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti.
Il motivo risiede nelle ripetute ingerenze e critiche del premier albanese nei confronti della controparte kosovara sulla gestione dei rapporti con la Serbia e con gli alleati europei, un atteggiamento poco apprezzato dalle parti di Pristina. Parlando coi giornalisti, Kurti ha voluto rispondere alle recenti dichiarazioni di Rama, nelle quali aveva definito il nord del Kosovo “terra di nessuno” dove crimine e nazionalismo si intersecano. Il premier kosovaro ha risposto ribadendo che “Il nord del Kosovo è terra del Kosovo”. Infine, si è registrata una certa freddezza anche tra lo stesso Rama e il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, per via del caso Beleri, il sindaco di Himara in carcere per presunta frode elettorale.
Il nuovo piano europeo per la crescita economica
Sono stati due i temi principali discussi durante il summit: il nuovo piano economico per i Balcani occidentali e le tensioni tra Kosovo e Serbia. Per quanto riguarda il primo, si tratta di un “piano di crescita” per la regione che prevede 2 miliardi di euro in finanziamenti e 4 miliardi in prestiti condizionati alla messa in atto di riforme interne ritenute prioritarie dall’UE. Come spiegato da von der Leyen, il piano si suddivide in 4 pilastri: inclusione della regione nel mercato unico europeo in sette aree chiave; completamento del mercato comune regionale; completamento delle riforme interne; aumento dei finanziamenti UE per la regione.
Si tratta di una proposta ambiziosa che, secondo la presidente della Commissione, potrebbe portare a un raddoppiamento della crescita economica dei Balcani occidentali entro il prossimo decennio. In un contesto internazionale paragonato da von der Leyen a un “pianeta in fiamme”, la presidente della Commissione ritiene che sia fondamentale portare gli “amici” dei Balcani occidentali più vicini all’Unione e offrire loro alcuni dei benefici di cui godono i paesi membri. La condizionalità delle riforme servirebbe a mettere in chiaro quali sono i paesi che “vogliono davvero andare avanti”.
Le tensioni tra Kosovo e Serbia
Il secondo tema è stato quello delle tensioni tra Kosovo e Serbia, nonostante Rama avesse dichiarato che la questione non sarebbe stata discussa. Durante la conferenza di fine summit, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato che sia l’UE che la Germania rimangono in attesa degli esiti dell’indagine portata avanti dalle autorità kosovare sull’attacco del 24 settembre, auspicando collaborazione da parte serba. Inoltre, Scholz ha ribadito che la messa in atto degli accordi precedenti tra Belgrado e Pristina, tra cui anche quelli inerenti all’associazione delle municipalità serbe, rimane fondamentale.
Anche von der Leyen si era espressa sulle tensioni tra Belgrado e Pristina il giorno prima del summit, confermando la fiducia nel dialogo guidato dall’UE come mezzo adeguato per la normalizzazione delle relazioni tra i due paesi, così come la necessità di implementare l’accordo di Ohrid dello scorso marzo. Su quest’ultimo e sulla proposta d’accordo presentata dall’UE nel febbraio scorso si è espresso Albin Kurti, che ha affermato di aver chiesto, senza successo, alla premier serba Brnabić di firmare entrambi durante il summit.
Tra nuovi e vecchi accordi
Oltre alle varie discussioni, durante il vertice i leader dei Balcani occidentali hanno anche raggiunto un accordo sul riconoscimento delle qualifiche professionali di infermieri, veterinari, farmacisti e ostetriche all’interno della regione. Essi si aggiungono ai tre accordi di mobilità regionale firmati durante il summit dell’anno scorso, ovvero quelli sul riconoscimento dei documenti d’identità, dei titoli di studio superiore e delle qualifiche professionali di dottori, dentisti e architetti.
Per questi ultimi manca tuttora il completamento delle procedure di ratifica interna della Bosnia-Erzegovina e del Montenegro. Su Sarajevo pende il veto del membro serbo della presidenza tripartita Željka Cvijanović ed è legato al non riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo. A Podgorica, invece, si attende ancora l’insediamento del nuovo governo a seguito delle elezioni dello scorso giugno.
Un summit davvero storico?
Solo il tempo dirà se si è trattato di un summit storico dal punto di vista dei contenuti. I recenti eventi in ambito internazionale, in particolare la guerra in Ucraina, hanno sicuramente dato nuova linfa alle prospettive d’accesso dei Balcani occidentali. Il piano di crescita presentato da von der Leyen va nella direzione di un’integrazione graduale della regione nell’Unione, con la proposta di completa adesione entro il 2030 a fare da stella polare.
Inoltre, le crescenti tensioni tra Kosovo e Serbia, sulle quali Bruxelles da anni fatica ad agire come mediatore in maniera efficace, dimostrano che tali prospettive d’adesione non dipendono solo da una maggiore convergenza economica tra Balcani occidentali e UE. Oltre ad essa, serve una maggiore e sostanziale convergenza politica, che dimostri una reale interesse da entrambe le parti a portare a termine un processo d’integrazione che sembra non avere fine.