Le foto sono di Renata Vitiello e Annarita Cenacchi.

Nella serata del 27 ottobre a Bologna si sono svolti due incontri per la pace in Israele e in Palestina.
Il primo, alle 19, è stato una veglia di preghiera ecumenica nella cattedrale di S.Pietro.
La seconda è stata una fiaccolata da lì in piazza Maggiore.
Al termine hanno parlato una esponente del Portico della Pace di Bologna, l’attore e scrittore Alessandro Bergonzoni, e in conclusione Paolo Barabino , monaco dossettiano.

Questo il testo dell’intervento di Barabino.
“Siamo venuti qui tutti per chiedere la cessazione delle stragi di civili a Gaza.
Io abito a Montesole e Bologna conosce bene il nome di Montesole e Marzabotto.
Il massacro a fine settembre 1944 nei tre giorni più duri uccise 800 civili, uomini donne e bambini, dove i bambini furono centinaia e il numero dei minorenni quasi la metà del totale.

Mariam, che con me porta la responsabilità della nostra comunità monastica, ha vissuto 30 anni in Terra santa.
Io parlo ebraico, lei anche arabo. Abbiamo fratelli e sorelle in quelle terre.

In questi giorni ascoltiamo con sgomento le notizie degli avvenimenti e cerchiamo un contatto con i nostri amici arabi e israeliani, cristiani, ebrei e musulmani.

Noi e voi, tutti siamo venuti per invocare la pace sui popoli israeliano e palestinese, popoli che amiamo, popoli che rispettiamo nella prova che stanno vivendo. Dovevamo venire, è importante esserci.
E vogliamo chiedere la cessazione di ogni strage di civili perché crediamo che questo sia il primo passo di ogni altro passo.

Assistiamo ogni giorno al conteggio dei morti a Gaza, ogni giorno centinaia, la maggior parte bambini, donne e vecchi, come può non interessarci?
Come possiamo rassegnarci? È una guerra segnata dall’orrore della strage dei civili.
Così è stato fin dall’inizio il 7 ottobre per l’operazione terroristica di Hamas.
Così è continuata per i bombardamenti di Israele.

Noi però, dobbiamo dirlo subito, veniamo come degli sconfitti, come a nostra volta incapaci di fermare le stragi dei civili.
Per questo ci siamo mossi in silenzio e tra di noi chi oggi ha digiunato l’ha fatto come atto penitenziale e di umiltà.
Veniamo come degli sconfitti perché nei nostri mari sono morti migliaia e migliaia di migranti e non finiscono e a volte siamo anche complici.
Veniamo come degli sconfitti perché una guerra è in corso in Europa e non finisce e si spara anche con le nostre armi.
Veniamo come degli sconfitti perché sulla storia che è alle radici del conflitto israelo-palestinese l’Italia e l’Europa hanno responsabilità gravissime. E anche la chiesa e i cristiani.

Stasera vogliamo chiedere la cessazione delle stragi di civili a Gaza perché crediamo che questo sia il primo passo di ogni altro passo.
Un crimine non giustifica un altro crimine. Anzi, ne produce dei nuovi.

Risuonano in noi le parole del patriarca di Gerusalemme dei latini, Pier Battista Pizzaballa, scritte il 24 ottobre: “La coscienza e il dovere morale mi impongono di affermare con chiarezza che quanto è avvenuto il 7 ottobre scorso nel sud di Israele, non è in alcun modo ammissibile e non possiamo non condannarlo. Non ci sono ragioni per una atrocità del genere […]
La stessa coscienza, tuttavia, con un grande peso sul cuore, mi porta oggi ad affermare con altrettanta chiarezza che questo nuovo ciclo di violenza ha portato a Gaza oltre cinquemila morti, tra cui molte donne e bambini, decine di migliaia di feriti [… ] I continui pesanti bombardamenti che da giorni martellano Gaza causeranno solo morte e distruzione e non faranno altro che aumentare odio e rancore, non risolveranno alcun problema, ma anzi ne creeranno dei nuovi. È solo ponendo fine a decenni di occupazione, e alle sue tragiche conseguenze, e dando una chiara e sicura prospettiva nazionale al popolo palestinese che si potrà avviare un serio processo di pace. Quando si scatena il vortice dell’odio, dell’ira e della vendetta reciproca si apre un tempo nerissimo e furioso.”

Ci sono troppe ingiustizie e troppi nodi, troppe vicende così annodate che ognuno vive come vittima legittimata a vendicarsi.
Stiamo assistendo a giorni furiosi dove il dolore e la rabbia dicono “Non mi interessa nulla dell’altro, voglio solo vendicare i miei morti, non fermateci! L’operazione deve arrivare fino alla fine!”.
Ma fino alla fine “di cosa”? E, soprattutto, “di chi”? Non “Hamas” o “Israele”.
La fine sarà di migliaia di vittime e della possibilità di compassione tra i popoli.
Nel cuore dell’uomo può salire l’assoluto dell’odio ed è una lotta durissima respingerlo.

Stasera noi vogliamo affermare l’assoluto della vita e del grido dei civili, innanzitutto dei bambini e degli ostaggi.
Vogliamo chiedere la fine delle stragi e dei bombardamenti per la vita e il futuro del popolo di Israele e del popolo palestinese.
È proprio se non si ferma il sangue che corre a fiumi che il loro futuro sarà sempre più buio.
Per ogni civile morto ci sarà da una parte e dall’altra chi nella sofferenza giurerà vendetta e si radicalizzerà ulteriormente.
E, più generalmente ancora, cresceranno antisemitismo e odio antiarabo.

Noi capiamo bene che il popolo israeliano nel momento in cui sperimenta una fragilità gravissima, percepisce un pericolo mortale incombente. Siamo responsabili anche noi e i nostri padri di questa paura profondissima.

E capiamo bene che i palestinesi da decenni di occupazione e mancanza di giustizia siano portati alla disperazione e alla rivolta.
Siamo responsabili anche noi dello stallo totale di ogni soluzione politica.
Ma se non ci si ferma il conteggio sarà catastrofico per tutti ed è già cominciata l’estensione dell’incendio ai Territori occupati in Cisgiordania e alla frontiera con il Libano e la Siria.
È un incendio in un pagliaio e nessuno sa fino a che punto può allargarsi.
Noi stasera vogliamo chiedere la cessazione di ogni strage di civili perché crediamo che questo sia il primo passo di ogni altro passo.
L’orizzonte non ha soluzioni facili e, se tutto non deflagra, probabilmente si potrà procedere solo a piccoli passi.
Ma il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi civili è il primissimo passo che permette ogni altro.”