Sono 114,8 milioni di ettari, più di due volte la Francia, le terre che sono state accaparrate negli ultimi 20 anni a danno delle comunità locali, dei contadini e dei popoli nativi. Secondo gli ultimi rilevamenti di aprile della banca dati di Land Matrix, il sito che raccoglie informazioni sui contratti di cessione e affitto di grandi estensioni di terra, solo lo scorso anno questo dato è aumentato di 26,1 milioni di ettari, una superficie grande quasi come quella dell’Italia. È il land grabbing, una pratica predatoria in crescita vertiginosa, anche – paradossalmente – per soddisfare le crescenti richieste di minerali indispensabili alla transizione ecologica, come il litio per le batterie dei motori elettrici delle automobili.
A fare il punto sull’accaparramento delle terre, questa “nuova declinazione di neocolonialismo” che da una quindicina d’anni affligge i paesi in via di sviluppo e che sta conoscendo un’impressionante accelerazione, è il VI Rapporto “I padroni della terra” curato dalla Focsiv, la Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana, impegnate nella cooperazione allo sviluppo, nell’ambito della Campagna Abbiamo riso per una cosa seria, iniziativa pluriventennale volta a sostenere l’agricoltura familiare contro le grandi operazioni di accaparramento.
Il Rapporto sottolinea come la convergenza tra cambiamenti climatici e crisi conseguente la guerra in Ucraina abbia accelerato la competizione geopolitica sulle risorse, sulla loro estrazione, lavorazione e distribuzione, aggravando ed espandendo l’uso della terra e del cibo per motivi economici e di egemonia geopolitica, con nuovi impatti negativi sui diritti umani delle comunità contadine ed indigene e sull’ambiente. Non solo, ma la dipendenza dei paesi impoveriti da quelli occidentali ed emergenti nel nuovo multipolarismo e le speculazioni dei mercati, da tempo stanno peggiorando la sicurezza alimentare e la vita di oltre 800 milioni di persone nel mondo, delle comunità contadine ed indigene sempre più oggetto del fenomeno dell’accaparramento delle terre o land grabbing.
Dove sono le terre accaparrate? Prima tra i continenti è l’Africa col 37,4% del totale, subito dopo l’America Latina col 31,8, poi l’Europa orientale col 30,7, l’Asia con l’11,5 e l’Oceania con il 3,4. E quali sono i paesi che hanno ceduto più terre? Prima – a sorpresa – è la Russia col 26,9%, segue poi il Perù col 16,2, poi l’11,3 della Repubblica democratica del Congo, 8,7 dell’Indonesia, 8,2 del Brasile, il 6,8 del Gabon, il 6 del Camerun, circa il 4% del Mozambico, dell’Argentina e della Liberia. E qual è la provenienza delle imprese che accaparrano? Il 13,3% proviene dalla Svizzera (sede delle più grandi multinazionali e di fondi di investimento), poi l’11,1 dal Canada, il 9,8 dagli Usa, l’8,9 dalla Cina, l’8,4 dal Giappone, il 6,6 dal Regno Unito, l’ 6,1 da Singapore, il 5,5 dai Paesi Bassi, il 5,4 dal Brasile e il 4,7 dal Belgio. E’ la Cina ad avere attualmente più interessi distribuiti nel mondo, avendo accordi con ben 53 paesi per la concessione di terre, seguita dagli Stati Uniti con investimenti in 47 paesi, poi la Gran Bretagna, un paese ex coloniale e imperiale, che mantiene accordi con 42 Stati e il Canada che, grazie ad alcune grandi imprese multinazionali del settore estrattivo, opera in altrettanti 41 paesi. Poco distanti da questo computo vi sono altri paesi occidentali sede di multinazionali come l’Olanda che investe in 33 paesi e la Svizzera in 29 paesi.
Accaparramenti che comportano distruzioni, deforestazioni, emissioni di gas serra che contribuiscono al cambiamento climatico e gravissimi sfruttamenti. Luca Attanasio, giornalista, scrive nel Rapporto che “la filiera che porta nelle nostre società energia pulita è lercia. Dietro alle batterie per le auto elettriche che stanno conquistando il mercato automotive, c’è una catena di valore, produzione e commercio, dagli snodi molto poco limpidi che a ritroso conduce direttamente ai bambini in Congo. Secondo l’UNICEF sono oltre 40mila quelli che si calano nelle gallerie ad età anche di 6, 7 anni e scavano a mani nude per portare in superficie quantità sempre maggiori di cobalto. Per una batteria di un’auto elettrica servono una decina di kg, corrispondenti a due giornate di lavoro pagate tra i 3 e 5 dollari. Ai piccoli, si aggiunge un esercito di sfruttati di circa 160mila tra uomini, donne, ma anche bambine e ragazze, che si occupano di selezionare, scartare e lavare il materiale estratto e sono esposte a ogni sorta di abusi”. Aggiungendo che “I consumatori, che acquistano macchine convinti di fare un favore al mondo, devono saperlo.”
“L’accaparramento delle terre e le disuguaglianze- si sottolinea nel Rapporto– colpiscono le comunità più vulnerabili e povere, e ancor di più le donne, le ragazze e le bambine, da sempre oggetto di discriminazione nelle società patriarcali. Il capitolo 4 analizza la cosiddetta questione di genere, mostrando come le donne, nonostante siano protagoniste nella produzione agricola, siano le meno garantite nei loro diritti alla terra e ai servizi fondamentali. A questo proposito si sottolinea il concetto dell’intersezionalità che aiuta a leggere più in profondità i fenomeni di iniquità, infatti, l’appartenenza a categorie sociali differenti fa sì che l’impatto complessivo delle pratiche discriminatorie che un individuo può subire corrisponda alla somma di tutte quelle che colpiscono le diverse categorie. E in questo senso il genere femminile è quello che più è oggetto dell’intreccio delle diverse discriminazioni. Il caso di un accaparramento di terre in Tanzania dimostra il suo maggiore impatto sulle donne a causa sia di dinamiche esterne che interne all’etnia di appartenenza.”
E a nulla valgono le manifestazioni di protesta delle popolazioni indigene e contadine, cacciate dalle loro terre, che spesso sono represse con la violenza. E’ a loro, alle 401 persone che si sono attivate a difesa dei diritti umani e dell’ambiente e che sono state uccise in 26 Paesi per essersi opposti alla devastazione e all’inquinamento su grande scala di foreste, terra e acqua, lottando in difesa del pianeta e del diritto di ciascuno, in particolare dei popoli indigeni e dei piccoli contadini, dei pescatori ed allevatori, di non essere sfruttato o emarginato e di poter vivere in un ambiente salubre e sostenibile, che è dedicato “I padroni della terra 2023.” Alle 401 persone uccise per mano di killer di bande armate, di milizie o della polizia locale in 26 paesi e altre, vanno aggiunte le 1.500 minacciate, violentate o detenute.
FOCSIV per contrastare la deriva in atto avanza le seguenti 10 Raccomandazioni: 1. Sostenere le lotte dei movimenti sociali e i difensori dei diritti umani, coinvolgendo le Chiese locali; 2. Monitorare e sostenere l’applicazione delle linee guida del Comitato per la sicurezza alimentare mondiale; 3. Aumentare gli impegni degli Stati nella COP26 per ridurre le emissioni di carbonio; 4. Stabilire un nuovo Quadro globale sulla biodiversità post 2020 più ambizioso a difesa anche dei popoli indigeni; 5. Introdurre nei trattati commerciali e degli investimenti clausole vincolanti per il diritto alla terra delle comunità locali; 6. Accelerare il negoziato sul Trattato ONU su diritti umani e imprese e sostenere la negoziazione della direttiva europea sulla due diligence; 7. Promuovere la coerenza delle politiche riguardo il diritto alla terra dei piccoli contadini e dei popoli indigeni; 8. Monitorare l’applicazione del Regolamento europeo sui minerali dei conflitti; 9. Investire lo 0,7% per la cooperazione allo sviluppo e promuovere che l’Agenzia italiana si doti di un programma per l’agroecologia e di uno per i difensori dei diritti umani; 10. Promuovere che la Cassa Depositi e Prestiti si doti di un meccanismo indipendente di accesso alla giustizia per le comunità locali.
E una buona notizia per una volta potrebbe arrivare dall’Europa: l’Unione sta lavorando infatti su una nuova direttiva sulla dovuta diligenza (due diligence) per regolare il comportamento delle imprese europee allo scopo di salvaguardare i diritti umani, come quello alla terra, e all’ambiente. Un obiettivo che dal 2021 è al centro della campagna “Impresa 2030. Diamoci una regolata” condotta da una decina di organizzazioni tra cui Focsiv, assieme ad ActionAid Italia, Equo Garantito, Fair, Fondazione Finanza Etica, Human Rights International Corner (HRIC), Mani Tese, Oxfam Italia, Save the ChildreneWeWorld.
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