Sono arrivati in bus organizzati da Milano, Genova, Bologna, Torino e da Perugia, Roma, Viterbo, persino da Napoli. Tantissime le bandiere SiCobas che insieme a quelle palestinesi hanno inondato di rosso, bianco, nero e verde la piazza del Comune di Ghedi fin dal primo pomeriggio di ieri, 21 ottobre. Si sono poi messi in marcia verso l’aeroporto militare, in un corteo che ha visto sfilare insieme ai SiCobas, varie organizzazioni locali, i giovani della FGC e dei CARC e tantissimi pacifisti, più che mai in allarme circa la preoccupante presenza in territorio italiano di armi nucleari tre volte più potenti e distruttive di quelle che vennero sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
Un corteo che ha presto superato la periferia del piccolo Comune di Ghedi, con tanti alle finestre che applaudivano, tra loro parecchi anziani – per poi snodarsi in quel paesaggio vergognosamente condiviso con la peggiore war machine: da una parte i campi verdeggianti di mais ormai alto, dall’altra le reti sovrastate dalle concertine, che difendono un aeroporto militare che si estende per 10 km2, tra i più grandi d’Italia e tra i più attivi!
Oltre che storica base dell’aeronautica militare, Ghedi è anche, come sappiamo, un’importante base NATO, utilizzata in tutte le guerre degli ultimi decenni. Da qui sono partiti i voli all’attacco dell’Iraq, dell’ex-Jugoslavia, del Kosovo, dell’Afghanistan, della Libia e della Siria. Da qui partiranno quelli già da giorni in allerta se la situazione in Medio Oriente dovesse precipitare. E in ogni caso è qui, nella base bresciana di Ghedi, che si trovano “custodite” decine di bombe atomiche; solo due giorni fa si sono svolte le ennesime esercitazioni! Una situazione con cui la popolazione locale convive da sempre, ma che obiettivamente rende il territorio di Ghedi, insieme a quello della vicina Aviano, un obiettivo ‘sensibile’, come è stato dettagliatamente illustrato nella denuncia di recente trasmessa alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, sottoscritta a livello individuale da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste (ne ha riferito il nostro Lorenzo Poli qui).
“Uniamo le nostre forze contro le loro guerre”, diceva a chiare lettere ieri lo striscione che apriva il corteo, accanto a quello in solidarietà per la Palestina: “Non può esserci pace senza giustizia”. Certo che no!
Dietro gli striscioni, nello sventolare delle bandiere SiCobas insieme a quelle per la Palestina, in tutti gli interventi e slogan che per quasi due ore hanno scandito la marcia, è risuonata più forte che mai la consapevolezza di un internazionalismo che è già una forte e organizzata realtà, maturata nel corso degli anni nei tanti hub della logistica, nelle file del lavoro precario, del peggior sfruttamento, della disoccupazione organizzata. Una realtà che per lo più non vediamo e che però di mobilitazione in mobilitazione è cresciuta e si è rafforzata: politicamente, culturalmente e sul fronte della più vissuta e consolidata solidarietà, al di là delle differenze di idiomi, usanze, religioni e dei diversi colori della pelle.
Un anti-militarismo quindi dal basso, senz’altro di classe, che ha visto marciare insieme ieri proletari di ogni provenienza e insieme alla prole! Moltissimi i ragazzini che sfilavano in prima fila, orgogliosi di esserci insieme ai loro padri, zii, fratelli maggiori, provenienti da decine di nazionalità ed etnie diverse del cosiddetto sud del mondo, in fuga (come è stato detto in più interventi) dalle tante guerre che solo ogni tanto ricordiamo. E più che mai consapevoli quindi del prezzo che ogni guerra infligge alle popolazioni.
Molto applaudito l’intervento di una giovane tunisina che ha vividamente denunciato l’atroce sofferenza, il vero e proprio genocidio che si sta consumando in questi giorni a Gaza. Non meno applaudito l’appello di un rappresentante della comunità palestinese, per la più massiccia partecipazione alla manifestazione di solidarietà con Gaza che è stata indetta per sabato prossimo a Roma.
Erano le 17.30 circa quando il corteo ha raggiunto infine l’ingresso dell’aeroporto: ultimo giro di interventi, autobus che presto si riempivano di manifestanti e si rimettevano in moto verso le rispettive destinazioni, mentre l’elicottero dell’aeronautica continuava a ronzare alto nel cielo.
Foto di SiCobas