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È esodo nella Striscia di Gaza. Migliaia di persone sono costrette a rifugiarsi verso sud dopo che Israele ha ordinato agli abitanti di lasciare la città e il nord della striscia entro 24 ore per consentire all’esercito di attraversare il confine e fare piazza pulita dei miliziani di Hamas. In realtà, un vero e proprio genocidio a danno dei civili palestinesi

l’Associazione “Voci nel Silenzio”, in rappresentanza della comunità palestinese di Palermo, invita la società civile tutta a manifestare venerdì 20 ottobre con un corteo che partirà da Piazza Indipendenza (ore  17) e si concluderà in Piazza Pretoria. Una mobilitazione che si unisce all’appello dell’intera comunità palestinese del mondo la quale chiede, tra le altre cose, innanzitutto tre punti fondamentali: il “cessate il fuoco” immediato sulla Striscia di Gaza e l’apertura di corridoi umanitari per permettere il flusso di persone, in particolare gli sfollati, e di beni di prima necessità (medicinali e personale medico-sanitario, acqua, cibo, benzina, vestiti ecc); il riconoscimento dello Stato di Palestina, e l’imprescindibile diritto al ritorno dei milioni di profughi palestinesi sparsi nel mondo;  il ritiro immediato di Israele dai territori occupati in virtù del diritto internazionale e delle innumerevoli risoluzioni Onu. “Parlavano di corridoi umanitari sicuri e poi, invece, hanno bombardato due furgoni pieni di persone, che sono morte a decine, non sono sicuro del numero, almeno 40”, ha raccontato Omar Ghrieb, Policy Officer di Oxfam, presente sul posto. “Le persone sono rimaste 14 ore in un flusso, un mare di persone che camminavano con i loro averi, con i loro oggetti di valore, con in braccio i loro bambini, sostenendo i malati, i disabili, semplicemente continuando a camminare sotto al sole, pregando ogni macchina di passaggio di prenderli con sé. Ma la maggior parte delle macchine erano già stracolme”. Intanto l’esercito israeliano ha annunciato che sta completando i preparativi per “una significativa operazione di terra” a Gaza, che può avere luogo in qualsiasi momento d’ora in avanti. L’esercito ha anche detto che è pronto a “espandere l’offensiva” attraverso una “largo ventaglio di piani operativi” che includono attacchi dall’aria, dal mare e da terra. Il tutto mantenendo ancora vigenti i tagli alla luce, all’acqua e alle forniture di benzina all’interno della Striscia. Un assedio che nella Striscia ha già causato più di 2700 morti (di cui 1000 bambini), quasi 10mila feriti e più di 1 milione di sfollati. Ci che si sta verificando dentro la Striscia di Gaza l’Onu l’ha definita una “tragedia” che rischia di trasformarsi “in una situazione catastrofica”.

leggi il comunicato integrale-Voci nel Silenzio

 

Per una vera pace in Palestina: firma la petizione de L’Indipendente

Quando abbiamo dato vita a L’Indipendente è stato con l’obiettivo di fare un’informazione onesta e imparziale: per questo può stupire o addirittura sembrare un controsenso il fatto che oggi lanciamo una petizione. Ma ci sono occasioni in cui la verità dei fatti viene talmente calpestata da rendere impossibile rimanere in silenzio. È il caso del conflitto in Palestina, dove i governi e i media dominanti ribaltano costantemente i ruoli facendo passare gli oppressori per oppressi e viceversa. Il nostro intento è quello di dimostrare che in Italia esiste un’ampia parte dell’opinione pubblica –  probabilmente maggioritaria, ma non rappresentata né dalla politica né dai media – che ritiene che la speranza di una vera pace non può che passare dal riconoscimento dei diritti del popolo palestinese sanciti dal diritto internazionale. L’obiettivo è quello di raccogliere 50 mila firme, da inviare al governo per affermare che il popolo italiano chiede che anche il nostro Paese riconosca lo Stato di Palestina (come già fatto da 138 Stati al mondo) e faccia pressioni per ottenere la fine dell’occupazione militare israeliana. Il nostro appello è rivolto al governo, in particolare alla Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni, e al ministro ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani. A loro chiediamo che il governo si attivi per ottenere un immediato cessate il fuocoil ritiro di Israele all’interno dei territori che le sono legalmente assegnati dalle Risoluzioni n.242 e n.338 delle Nazioni Unite e lo smantellamento delle colonie illegali israeliane in territorio palestinese. Queste sono le uniche precondizioni per una pace giusta e duratura, che non può esistere senza giustizia. Le adesioni raccolte sono già numerosissime. Tra queste, si contano numerose personalità politiche (come Alessandro Di BattistaLuigi de Magistris Stefano Fassina), parlamentari ed ex ministri (tra i quali Stefania Ascari, Giovanni Vianello e Barbara Lezzi) e molteplici personalità del mondo accademico (come Franco CardiniWalter NocitoLuca Baccelli e Paolo Desogus).

Se anche tu vuoi far arrivare al governo il tuo dissenso e supportarla con la tua firma vai al sito de Indipendente.online

 

Dopo la caduta in appello delle accuse infamanti contro Mimmo Lucano può ripartire il modello Riace? Quello dell’accoglienza -raccontato, imitato e premiato da tutti- che aveva fatto il giro del mondo? Forse Si! 

Pur augurandogli la cancellazione dell’unica accusa rimasta in piedi dalla sentenza di appello (il falso in atto pubblico per una delibera), un parlamentare di FdI definisce Lucano “colpevole politicamente di avere proposto un modello di accoglienza insostenibile“. Un commento che dice molto sulle ragioni del’attacco violento di cui Lucano, descritto come un criminale, è stato fatto segno. Distruggendo lui si è voluto distruggere un modello di accoglienza basato su una reale integrazione, sulla rinascita di attività economiche artigianali (legno, ceramica, tessitura) e di servizi (scuola, asilo, ambulatorio medico) di cui il Comune di Riace, con Lucano sindaco, è stato protagonista e di cui hanno usufruito sia i migranti sia i locali che erano rimasti o, più spesso, sono ritornati in un paese che rifioriva, dopo essere stati costretti ad emigrare a causa della situazione di abbandono in cui il territorio era lasciato. Si è voluto criminalizzare quello che Lucano e i suoi collaboratori avevano realizzato e il modo in cui lo avevano fatto, vale a dire risparmiando sui 35 euro a migrante che assicurava lo Sprar e accantonando i fondi residui per impiegarli, insieme alle donazioni ricevute, in attività sociali. Proprio queste economie, che avevano permesso di avviare esperienze come quella del frantoio e della fattoria sociale, sono state considerate ‘prove’ della ricerca di un interesse privato, mai dimostrato. E’ risultato, infatti, a tutti i controlli, che Lucano non aveva intascato un euro e non si era arricchito, tanto che per giustificare le accuse si era dovuto ricorrere ad altre motivazioni, come quella della ricerca del consenso politico. Nel frattempo, però, il ‘modello Riace’ non è morto del tutto. Di una “buona accoglienza silenziosa e poco conosciuta, senza riflettori politici” in diversi paesi della Locride, parla Avvenire. Non solo, grazie all’apertura di nuovi corridoi umanitari verso Kabul, da alcuni mesi Lucano ospita, in quello che resta del Villaggio Globale, diverse famiglie afghane, una sessantina di profughi in tutto. Con il sostegno dell’associazione A Buon diritto (presieduta dal senatore Luigi Manconi che ha promosso una sottoscrizione nazionale, lanciata inizialmente per coprire la sanzione pecuniaria richiesta dal tribunale di Locri) l’ex sindaco di Riace ha ripreso quella che ritiene la sua missione, partendo dalla riapertura dell’ambulatorio medico, dell’asilo e della mensa sociale.

articolo completo su Argo Catania

 

47 persone soccorse e sbarcate dalla MARE JONIO a Lampedusa. Positiva conclusione del primo intervento della Missione 14 di MEDITERRANEA Saving Humans

Si è conclusa con lo sbarco delle 47 persone soccorse a Lampedusa, porto assegnato dalle Autorità italiane, il primo intervento della quattordicesima missione di monitoraggio e osservazione in mare di MEDITERRANEA Saving Humans. Le persone soccorse, tra cui 7 donne, una bambina di sette anni e 16 minori non accompagnati avevano preso il mare da Sfax, in Tunisia, in fuga dalle violente campagne razziste e dalle conseguenti difficili condizioni di vita provocate dal regime autoritario di Kaïs Saïed verso le persone provenienti dall’Africa subsahariana. Le nazionalità delle persone soccorse sono infatti: Burkina Faso, Camerun, Costa d’Avorio, Gambia, Mali, Senegal Sudan e Sud Sudan. Nonostante un caso di ipotermia, ferite causate dalle lamiere della barca in ferro su cui si trovavano e ustioni provocate dal contatto con la benzina, lə naufraghə sono adesso in buone condizioni di salute. “Siamo salpatə da Trapani venerdì sera e ieri verso le 15 eravamo già a sud ovest dell’isola di Lampedusa. Abbiamo ricevuto da parte di Alarm Phone e dell’aereo Seabird di Sea-Watch diverse segnalazioni di imbarcazioni in pericolo nella zona SAR attribuita alla Libia. Stavamo appunto facendo rotta verso sud in direzione delle ultime posizioni conosciute di questi casi, – racconta Sheila Melosu, capomissione a bordo di MARE JONIO – quando, durante i nostri turni di osservazione coi binocoli, a circa 40 miglia nautiche da Lampedusa, abbiamo individuato questa imbarcazione in ferro stracarica di persone. Quando ci siamo avvicinati abbiamo verificato che stava già imbarcando acqua e rischiava di capovolgersi. Abbiamo immediatamente contattato il nostro Centro di coordinamento dei soccorsi l’MRCC di Roma e le Autorità maltesi competenti per l’area, chiedendo loro istruzioni. Di fronte al silenzio di Malta e al concreto rischio che la barca affondasse, abbiamo dovuto procedere al salvataggio di tutte le persone a bordo della Mare Jonio, dove abbiamo potuto prestare le prime cure. A tarda sera MRCC di Roma ci ha comunicato l’assegnazione del porto di Lampedusa come POS per lo sbarco. Le operazioni sul molo dell’isola si sono tranquillamente concluse alle 3 della notte scorsa.

dalla relazione curata dal Consiglio Direttivo Mediterranea

 

Rapporto Immigrazione Caritas-Migrantes. In Italia vivono in uno stato di povertà assoluta 1,6 milioni di stranieri residenti, per un totale di oltre 614 mila nuclei familiari (dati ISTAT)

Le famiglie immigrate in povertà costituiscono circa un terzo delle famiglie povere presenti in Italia, pur rappresentando solo il 9% di quelle residenti. La percentuale di chi non ha accesso a un livello di vita dignitoso risulta essere tra gli stranieri cinque volte superiore di quella registrata tra i nuclei di italiani. Accanto alle fragilità di chi è senza un impiego, si aggiungono quelle di chi un lavoro lo possiede: il fenomeno della in-work poverty, ormai noto nel nostro Paese, ha registrato una forte recrudescenza negli ultimi anni, tra stranieri e non. Secondo le ultime stime Istat, il 7% degli occupati in Italia vive in una condizione di povertà assoluta, percentuale che sale al 13,3% tra i lavoratori meno qualificati, come gli operai o assimilati; e se a svolgere tali occupazioni sono persone di cittadinanza straniera il dato schizza al 31,1% (tra gli italiani è al 7,9%). Un ultimo elemento di criticità è infine quello legato ai minori: si contano 1,4 milioni di bambini poveri e un indigente su quattro è un minore. Se si considerano le famiglie di stranieri con minorenni i dati appaiono davvero drammatici: tra loro l’incidenza della povertà raggiunge il 36,2%, più di 4 volte la media delle famiglie italiane con minori (8,3%).

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Giornata di studio su ‘Produzione del Comune e pratiche costituenti’. L’iniziativa si inserisce  nel quadro del ciclo dei seminari 2023 organizzato dal  Caffè Filosofico “Beppe Bonetti”  e da “Pressenza Agency-RedPa”- Palermo, lunedì  23 ore 16.30 – presso il Laboratorio “Andrea Ballarò” (Largo R. Pantaleone,9)

Una sintesi tematica oggetto di studio: «Perché i movimenti che danno voce ai bisogni e ai desideri di così tante persone non sono in grado di produrre un cambiamento duraturo e di creare una società nuova, più democratica e più giusta? (…) Solo facendo i conti con la società per quello che è e che è diventata, vale a dire un circuito di cooperazione tra soggettività in larga parte eterogenea che producono e usano il comune nelle sue  varie forme, possiamo definire un progetto di liberazione e costruire una figura forte di impresa politica in linea con la produzione del comune. (…) Se i movimenti diverranno capaci di formulare la strategia necessaria per trasformare la società, allora riusciranno anche a radicarsi nel comune e a riconfigurare libertà, uguaglianza, democrazia e ricchezza. «In modo diverso» significa non ripetere le ipocrisie che vogliono la libertà (senza eguaglianza) un concetto di destra e l’eguaglianza (senza libertà) una formula di sinistra: significa insomma non separare il comune e la felicità» [dalla Prefazione di “Assemblea”, di Toni Negri e Michael Hardt).

Intervengono: Pietro Maltese ( Dipartimento Scienze Umanistiche – Università degli Studi Palermo); Francesco Maria Pezzulli (Laboratorio di ricerca sui mutamenti sociali e le nuove soggettività-Università Roma TRE);  Fortunato Maria Cacciatore  (Dipartimento di filosofia dell’Università della Calabria); Giovanni Di Benedetto (Docente filosofia e storia nei licei a Palermo). Coordina i lavori Toni Casano (Pressenza Agency).

 

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