Il 10 ottobre a Palermo, l’associazione “Palermo Solidale con il popolo Kurdo – Rete Kurdistan Italia” ha tenuto nei locali dell’Assostampa Sicilia una conferenza stampa dove è stato ribadito l’appello ai governi nazionali ed europei per la libertà di Abdullah Öcalan, leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) arrestato e tenuto prigioniero ormai da 24 anni, gli ultimi dei quali in totale isolamento. Nell’incontro coordinato dalla giornalista Giovanna Cirino sono stati sottolineati i diritti negati al popolo curdo vittima ogni giorno di interventi violenti da parte del governo di Ankara, soprattutto in materia di libertà personale e di libertà delle donne.
Durante la conferenza stampa è stata descritta la situazione politica e sociale dei territori a maggioranza curda divisi fra quattro Stati (Turchia, Siria, Iraq, Iran). Le popolazioni curde patiscono quotidiane violenze da parte dei governi turco e iraniano anche con la complicità del governo fantoccio di Barzani nel nord Iraq. La repressione è sempre più violenta nel Kurdistan turco, tenuto quotidianamente sotto assedio, e in Iran dove l’accanimento del regime di Teheran colpisce violentemente le donne e ogni cittadino che venga identificato come curdo. A questo va aggiunto che in Iraq del nord e in Siria del Nord l’esercito turco opera quotidiani blitz militari, bombarda con aerei e colpisce con l’artiglieria città e villaggi curdi mietendo decine di vittime. Tutto questo nel totale disinteresse internazionale che, con una memoria a dir poco corta, ha cancellato il ricordo dei tanto lodati eroi curdi che hanno condotto una durissima guerra di resistenza contro i tagliagole dello stato islamico, liberando prima Kobane e successivamente gran parte della Siria del Nord e del Nord/Est compresa la capitale jidista Raqqa, al prezzo di migliaia di uomini e donne caduti sul campo.
L’iniziativa di Palermo ha fatto da battistrada a quelle organizzate in altre 15 città italiane, a partire da Roma Milano Torino Bologna, Genova e Bari, e in altre 76 di tutta Europa che aderiscono all’appello internazionale per ridare la libertà ad Öcalan.
L’iniziativa coincide con il venticinquesimo anniversario della cacciata di Abdullah Öcalan dalla Siria di Assad. Il 9 ottobre 1998 il Presidente del PKK, per accordi fra i governi di Damasco e di Ankara, fu costretto ad abbandonare la Siria, dove risiedeva da diversi anni. Egli si rifugiò dapprima in Russia ma il governo di Boris Eltsin lo costrinse ad allontanarsi dopo pochi giorni. Da Mosca il leader curdo giunse a Roma il 12 novembre 1998 e si consegnò alla polizia italiana, contando di ottenere l’asilo politico; ma, sotto pressione del governo turco, né il guardasigilli Di Liberto né il primo ministro D’Alema lo concessero, in piena violazione degli articoli 10 e 26 della Costituzione italiana, che regolano il diritto d’asilo e vietano l’estradizione in relazione a reati politici, specie in Paesi dove vige la pena di morte o sono lesi i diritti umani. Il 16 gennaio 1999, dopo 65 giorni di permanenza in Italia, Öcalan fu convinto a lasciare il nostro Paese e a partire per Nairobi in Kenya.
Il 15 febbraio 1999 fu rapito dagli agenti dei Servizi segreti turchi durante un suo trasferimento dalla sede dell’Ambasciata Greca in Kenya all’aeroporto di Nairobi. Fu quindi fatto salire a bordo di un aereo turco e portato in Turchia dove da allora è sottoposto ad un regime di carcere duro di massima sicurezza presso la prigione dell’isola di Imaril nel Mar di Marmara.
Il 29 giugno 1999, con un processo farsa è stato condannato a morte per l’attività del PKK, considerata come attività terroristica dal governo turco con l’avvallo complice degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Dopo proteste internazionali la pena di morte è stata commutata in ergastolo nel 2002.
Da ben 29 mesi non ci sono notizie sullo stato di salute di Abdullah Öcalan. Il 25 Marzo 2021, in seguito ad un’ondata di nuove proteste preoccupate da parte dell’opinione pubblica internazionale, è stata concesso ad Öcalan di ricevere una telefonata di suo fratello Mehmet, interrotta dopo appena due minuti. Prima di allora, l’ultima visita dei familiari risaliva al marzo 2020 e l’ultimo colloquio con i suoi avvocati all’agosto 2019. Le visite degli avvocati vengono negate con motivazioni futili, continue sanzioni disciplinari applicate arbitrariamente e presunti problemi tecnici impedirebbero l’accesso all’isola dov’è Öcalan detenuto.
Le condizioni di isolamento prolungato dei detenuti di Imrali violano apertamente le Regole minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei prigionieri nonché lo stesso codice penale della Repubblica di Turchia.
Il Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d’Europa, unica istituzione in grado di visitare Imrali senza chiedere permessi, non ha reso pubblici i dettagli della sua ultima visita ad hoc alla prigione di Imrali tra il 20 e il 29 settembre 2022, nonostante i numerosi appelli degli avvocati di Öcalan.
Il settantaquattrenne Presidente del PKK ha trascorso 24 anni in prigione, quasi un terzo della sua vita. Durante la detenzione, Öcalan ha redatto numerosi scritti difensivi e documenti per i tribunali nazionali ed europei, tradotti e pubblicati in diverse lingue. Inoltre è autore di oltre sessanta libri su una vasta gamma di argomenti, dalla religione, alla filosofia, alla liberazione di genere, all’arte, alla politica e alla questione della liberazione nazionale. Questi scritti hanno portato alla creazione di una nuova filosofia politica denominata “Confederalismo Democratico”, attualmente applicata in Rojava/Nord-Est della Siria e in diverse altre aree a maggioranza curda.