La vertenza per il rinnovo del contratto di lavoro nelle tre grandi imprese auto statunitensi (Ford, General Motors GM e Chrysler Stellantis) potrebbe rischiare di essere, se non sviata, quantomeno offuscata dallo scontro politico in vista delle elezioni presidenziali del 2024.

All’inusuale, per un presidente, comparsa di Biden ai picchetti per appoggiare le rivendicazioni operaie, si è contrapposta l’opinione di Trump che la vertenza sia inutile, in quanto la transizione alle auto elettriche, incentivata dal governo, eliminerà i posti del settore auto negli USA favorendo la Cina.

“Penso che il sindacato United Auto Workers abbia rinunciato a un sacco di soldi, dalle pensioni a quant’altro, quando l’industria automobilistica stava fallendo e l’hanno salvata. Ora che è in ripresa, i lavoratori dovrebbero trarne vantaggio” ha detto l’attuale presidente. Con queste premesse, Biden, che si è definito il presidente più filo-sindacale della storia degli USA, si è presentato martedì 26 al picchetto UAW dei metalmeccanici, che sono in sciopero articolato dal 15 settembre.

Il precipitarsi di Biden ai cancelli di fabbrica è servito anche ad anticipare la calata nel Michigan dell’ex presidente Trump, che ha disertato il secondo dibattito delle primarie presidenziali repubblicane in California per fare, mercoledì 27, un discorso in uno stabilimento che produce componenti per auto. Scopo dell’iniziativa “dare una mano” in difesa dell’auto a benzina e contrastare la “svolta all’auto elettrica”.

Biden ha difficoltà a barcamenarsi tra l’appoggio allo sciopero di lavoratori e la necessità di non inimicarsi gli azionisti delle industrie. Negli Stati delle grandi fabbriche auto, soprattutto nel più industriale di loro, il Michigan, i lavoratori bianchi avevano snobbato la candidata Clinton (almeno 1/4 degli iscritti UAW votarono per Trump). Biden nel 2020 li aveva in parte “recuperati” al Partito Democratico, ma oggi molti sono indecisi. Le imprese invece fanno incombere la minaccia, da tempo inverata con la soppressione di molti stabilimenti negli USA, di spostare le produzioni in Messico o nel Sud non sindacalizzato degli USA, approfittando anche della “transizione elettrica”.

In tale situazione, a cavallo tra le parti sociali, Biden s’era già trovato nel 2022 durante il rinnovo del contratto nazionale dei ferrovieri. Contratto di sua diretta pertinenza, in quanto le leggi per i dipendenti pubblici permettono al presidente, come Biden ha fatto, di imporre prima un arbitrato obbligatorio, poi un contratto, che aveva lasciato l’amaro in bocca a molti ferrovieri, prossimi allo sciopero nazionale.

Biden indossava oggi a Belleville nel Michigan un berretto da baseball dell’UAW e, di fronte ai picchettanti infreddoliti, ha condiviso, interamente e con poche parole, la linea sindacale riassumibile con “grandi profitti (delle aziende), grande contratto (per i lavoratori)”. A specifica domanda, ha affermato pure di sostenere la richiesta di aumento della paga oraria del 40% (in 4 anni). Il fatto che si sentisse poco il suo discorso, fatto col megafono, potrebbe essere interpretato in senso positivo solo se intendesse rivolgersi, più che alla stampa, ai lavoratori, di cui in questo momento, ha grande necessità, col calo del suo gradimento nei sondaggi elettorali per le presidenziali del 2024.

Sebbene gli iscritti al sindacato nel settore privato siano precipitati al 6% della forza lavoro della nazione, in alcuni Stati dei Grandi Laghi la notevole presenza di operai, in produzione e in pensione, è ancora determinante per i risultati elettorali. UAW è però l’unico grande sindacato degli USA che non ha dato indicazione di voto (per il Partito Democratico), criticando non l’auto elettrica, ma perché troppo veloce (prevede di giungere al 50% entro il 2030) e poco garantita da tenuta dell’occupazione e contratti collettivi.

Dopo il breve intervento di Biden, a Belleville il presidente UAW Shawn Fain ha ricordato che in quello stabilimento si producevano bombardieri per vincere la seconda guerra mondiale mentre oggi il nemico è molto più vicino ed è l’ “avidità aziendale” (the corporate greed). Termine ormai consueto negli Stati Uniti. In seguito, Fain ha aggiunto alla CNN: “Trovo una patetica ironia il fatto che l’ex presidente terrà una manifestazione per i membri del sindacato in uno stabilimento non sindacalizzato” e ha ricordato che Trump non aveva appoggiato i lavoratori durante lo sciopero contro GM nel 2019 quando era in carica.

Trump infatti non prevede la presenza del sindacato. E’ pro-lavoratori, se votano per lui. Concezione che ha praticato durante il mandato presidenziale con la forte diminuzione delle tasse ai ricchissimi, la scarsa difesa degli insediamenti produttivi in chiusura e il ridimensionamento del ruolo a favore dei diritti alla sindacalizzazione, affidato dal New Deal di Roosevelt all’agenzia di Stato National Labor Relations Board (NLRB). Ente che, con la nuova dirigenza installata da Biden, forse la sua mossa più importante a favore del lavoro organizzato, difende spesso i lavoratori dalle persistenti ritorsioni aziendali contro gli organizzatori sindacali.

Il pluri-incriminato Trump infatti ha tenuto un comizio davanti a 300 persone in un’azienda dove non esiste il sindacato, la Drake Enterprises, un produttore di componenti nella contea di Macomb, dove vivono molti operai automobilistici. Ha riproposto la forte critica alla transizione all’auto elettrica promossa e finanziata dal governo degli USA nell’ambito di una desiderata riconversione dell’economia meno impattante in tema di cambiamento climatico. Fenomeno sotto gli occhi di tutti, che Trump nega. Ha accusato Biden di “pugnalare alle spalle i lavoratori americani” con la chiusura di fabbriche produttive e l’inevitabile costruzione delle auto elettriche in Cina. Ha prefigurato persino il sostanziale fallimento delle Tre Grandi imprese auto degli USA e ha chiesto ai lavoratori di appoggiarlo e al sindacato di farsi da parte, dato che lui “si occuperà del resto”, procurando loro una produzione auto “tutta americana” e alti salari.

Gli operai che lo appoggiano –  esisterebbe anche un’associazione Auto Workers for Trump – sono quelli che non intendono farsi rappresentare da un sindacato o, se iscritti, già nel passato non seguono le indicazioni di voto al Partito Democratico date dalla propria Union. Essi hanno in genere valori assai tradizionali, sono contrari all’aborto e sostengono con entusiasmo il possesso di armi. Sintomatico l’accostamento di un passaggio del comizio di Trump: “Nella mia presidenza, i motori a benzina saranno consentiti e i cambi di sesso per i ragazzi saranno vietati” (sic).

Abbiamo già scritto su Pressenza che le modalità di finanziamento governativo alle auto elettriche hanno sollevato abbondanti critiche anche da parte dell’UAW, in quanto foriere di ulteriori cali di occupazione, chiusure di stabilimenti per la produzione di auto a benzina nella regione dei Grandi Laghi e di localizzazioni di nuove industrie nel Sud assai poco sindacalizzato degli USA, con applicazione di condizioni contrattuali decise esclusivamente dalle imprese. Preoccupante è anche il fatto che oggi come oggi la gran parte della costruzione di auto elettriche negli USA è fatta da Tesla, la fabbrica del miliardario antisindacale Musk.

In questi giorni non “scendono in lotta” solo i presidenti, ma ci sono ancora anche i lavoratori metalmeccanici coinvolti nello sciopero progressivo per il contratto di lavoro. General Motors sta assumendo crumiri a 14 dollari all’ora nel più grande centro di distribuzione ai concessionari post-vendita di ricambi auto, quello di Burton (Michigan). La sostituzione di lavoratori in sciopero è permessa nel caso di rinnovi contrattuali dalla normativa vigente; nei prossimi giorni si vedrà quanto sarà diffusa anche in altre fabbriche e/o da qualcun’altra delle Tre Grandi.

I centri di distribuzione ricambi sono nevralgici per l’assistenza post vendita alla clientela. 38 di essi sono in sciopero e il prossimo venerdì, alla seconda settimana di sciopero, è probabile che si aggiungano ai 18.300 metalmeccanici in sciopero altre fabbriche. Proseguendo con la tattica adottata da UAW di non prosciugare il fondo del sindacato (quello che retribuisce parzialmente le ore di sciopero degli operai) e di esentare, come fatto nella seconda tornata, le imprese, nel caso specifico la Ford, che trattano positivamente.

In conclusione, tutta questa sovraesposizione elettoralistica del contratto rischia, come ha in mente Trump, di indebolire il sindacato e dividere i lavoratori, incrinando la tenuta degli scioperi e di non garantire una necessaria transizione all’elettrico che non penalizzi il lavoro organizzato. Come invece accadrà se non verrà modificato il cronoprogramma governativo, poco attento alle conseguenze sull’occupazione e sulle storiche comunità industriali. Tutto ciò, quando si stavano manifestando nella trattativa sul contratto incrinature nell’unità tra le tre imprese e avanzamenti su alcune richieste di piattaforma.

FONTI PRINCIPALI:

N.Lanard, “Folks, Stick With It”: Biden Becomes the First US President to Visit a Picket Line, Mother Jones, 26.9

L.F.Leon, Scabs Deployed at GM Parts Distribution Centers, Labor Notes, 25.9

Trump to make play for Michigan’s working-class voters as he skips GOP debate, CNN, 27.9

H.Otterbein – M McGraw, Politico, 28.9