In un contesto segnato dall’appiattimento sull’atlantismo più becero e dal panico morale per le sparatorie tra gang criminali (le cui giovani reclute provengono da famiglie immigrate, residenti in quartieri-ghetto), il governo svedese – il più a destra nella storia democratica del regno – ha presentato il 20 settembre la sua proposta di legge finanziaria per il 2024. Priorità: la lotta all’inflazione, un compito in cui i partiti al governo (i Conservatori, che hanno espresso il primo ministro, Ulf Kristersson, i Cristianodemocratici e i Liberali) finora non hanno brillato. Del resto, non è con la promessa di imprimere una svolta all’economia che hanno vinto le elezioni dell’anno scorso: a decretare il loro (risicato) successo è stato l’abbraccio – che è una spada a due lame – con il partito di estrema destra dei Democratici di Svezia. Il loro leader, Jimmie Åkesson, è stato capace di imporre un’agenda incentrata sulla guerra all’immigrazione e alla criminalità nonché sul negazionismo climatico prima ina campagna elettorale e poi sul governo, restandone fuori ma condizionandolo con l’Accordo di Tidö (dal nome della località dove è stato firmato).
D’altra parte le famiglie svedesi non vivono di slogan e quindi una qualche attenzione al loro portafoglio bisogna dedicarla. Per raffreddare le aspettative, la ministra delle finanze Elisabeth Svantesson si è affrettata a dire che la Svezia sta vivendo un “inverno economico”, di cui al momento non si vede la fine, anzi, potrebbe diventare ancora più gelido. Da qui l’equilibrismo del governo, che si sforza di accontentare il suo elettorato ma deve scendere a patti da un lato con una recessione che potrebbe protrarsi per due anni, dall’altro con le pretese dei Democratici di Svezia. Ecco allora una riduzione delle tasse su benzina e diesel (con buona pace degli ambiziosi programmi di contrasto al cambiamento climatico che il paese sbandiera da anni), sul tabacco in polvere per uso orale (ogni paese ha le sue bizzarrie), ma anche sui redditi da lavoro medio-bassi e sulle pensioni. Non viene invece alzata la soglia di reddito oltre cui scatta la cosiddetta imposta statale, che colpisce chi percepisce uno stipendio alto; in altre parole, i/le privilegiatɜ che si aspettavano di pagare meno tasse sono rimastɜ delusi di questa legge di bilancio. Va nondimeno rimarcato che la riduzione delle imposte per i redditi da lavoro medio-bassi difficilmente compenserà un’inflazione (+7,5% su base annua ad agosto) che, unitamente a una valuta estremamente debole (ottima per l’export ma non per i conti delle famiglie) e all’aumento dei tassi di interesse, sta suscitando parecchio malcontento. Lo stesso si può dire per la riduzione delle imposte su benzina e diesel, che non basterà a tenere sotto controllo l’aumento dei prezzi dei carburanti sui mercati mondiali, oltre a mandare un messaggio devastante per quel che riguarda l’impegno sul fronte climatico. E il mitico Welfare? Anche qui c’è un maldestro gioco di prestigio: l’importo destinato a scuola, sanità e servizi sociali è, a prima vista, cospicuo (circa 1.350.000 euro), ma non riempirà la voragine del disavanzo delle finanze di Comuni e Regioni, che dunque dovranno ridimensionare ulteriormente i servizi socio-assistenziali: proprio ciò che andrebbe potenziato per prevenire l’ingresso nelle gang criminali di molti giovani immigrati. Si preferisce invece l’opzione legge e ordine, con misure non dissimili da quelle che medita il governo Meloni.
In sintesi, quella presentata il 20 settembre è una legge di bilancio assolutamente inadeguata, a detta anche di moltɜ espertɜ di area “borghese”, a fronteggiare le molteplici sfide (recessione, immigrazione, criminalità – tutte riconducibili a un modello economico-sociale fallimentare) che la Svezia, e l’Europa tutta, deve affrontare. Gli unici a potersi rallegrare sono i Democratici di Svezia, che mantengono la promessa di dare un taglio ai piagnistei sul clima e salvaguardano il loro profilo “sociale” pavoneggiandosi con le misure truffaldine a favore di chi guadagna meno. Ancora di più tuttavia gioisce la Difesa. Già, perché è vero che l’inverno economico impone moderazione, ma non nelle spese militari, che vengono incrementate considerevolmente per compiacere la NATO. A spese del clima e della sicurezza sociale: è il nuovo “modello svedese”.