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Napoli 13\14 ottobre. Convegno sull’Intrapresa Sociale: la prima tappa del nuovo viaggio è una «Carta ‘aperta’»

A un anno dal convegno di Trieste, il gruppo di organizzazioni che ha dato vita alla carovana itinerante dell’Intrapresa Sociale, tra cui il Forum Disuguaglianze e Diversità, organizza un appuntamento nazionale a Napoli per il prossimo 13 e 14 ottobre per continuare la riflessione partita da un documento lasciato in eredità dal grande psichiatra Franco Rotelli ed elaborare insieme una Carta “aperta” dell’Intrapresa Sociale. L’incontro, nato da un’idea di Copersamm e Forum Disuguaglianze e Diversità, è stato pensato e organizzato da persone che in diverse parti di Italia, e partendo da storie e culture differenti, ogni giorno realizzano forme concrete di intrapresa sociale. Hanno costruito il convegno attraverso un percorso aperto e partecipato, che ha mischiato i saperi degli esperti con quelli che nascono dalle pratiche. Un percorso che si è declinato in una carovana di laboratori locali in varie regioni a cui hanno partecipato più di 200 tra cooperatori, referenti di istituzioni ed enti locali, docenti universitari e rappresentanti di organizzazioni del civismo attivo. Un variegato mondo di talenti, intelligenze ed emozioni che continuerà a: confrontarsi nelle due giornate napoletane con tutte e tutti quelli che decideranno di partecipare.  Al centro dei diversi incontri in differenti parti del Paese, che si stanno svolgendo in questi mesi, la riflessione sui 5 punti fondamentali dell’Intrapresa Sociale, consegnati a tutti e tutte noi da Franco Rotelli, per costruire le cornici di un’Intrapresa che sia adeguata all’oggi e protagonista nella costruzione di un futuro più giusto dal punto di vista sociale e ambientale. In sintesi: 1) costruire le condizioni affinché ciò che per l’ordine sociale è incompatibile, incongruo, diventi compatibile e trovi spazio nel mondo; 2) accrescere l’emancipazione e la capacitazione delle persone coinvolte, in ragione di un principio di giustizia sociale; 3) rammendare le lacerazioni degli ecosistemi; 4) coltivare bellezza 5) favorire alleanze tra pubblico e privato.

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Ecuador, un secco no per la difesa dell’Amazzonia, il polmone verde del pianeta

 A metà agosto con il 90% dei voti contrari gli ecuadoriani hanno palesato il loro secco no alle esplorazioni petrolifere all’interno del “Blocco 44” nel Parco Nazionale Yasuni, area protetta dell’Amazzonia di circa un milione di ettari che ospita due tribù indigene e una delle maggiori biodiversità del mondo. La decisione è stata un duro colpo alla politica del presidente Guillermo Lasso che ha sempre definito le trivellazioni nell’area cruciali per l’economia del Paese (The Hindu). Per i cittadini evidentemente non è così e ora la compagnia statale Petroecuador, che aveva già avviato diverse attività, dovrà smantellare i cantieri nel giro dei prossimi mesi.

news Nuova Ecologia

 

Presentazione dell’Università estiva 2023. Attac Italia prosegue senza soluzione di continuità la riflessione su “Il pianeta della cura”

Come in un tempo sospeso, in questi ultimi quindici anni siamo passati da una crisi finanziaria a una crisi sociale, da una pandemia a una guerra, senza soluzione di continuità. Mentre ci troviamo immersi in una crisi eco-climatica che già travolge la nostra quotidianità e che rischia di pregiudicare nell’arco di un tempo sempre più prossimo le stesse condizioni della vita umana sulla Terra. Ciascuna di queste crisi ci viene raccontata come priva di contesto, come episodio a sé stante, senza antecedenti né causalità, e ci sembra di vivere dentro una dimensione atemporale e astorica, un eterno presente fatto di emergenze cui bisogna rispondere, con l’angosciante sensazione che quella attuale non sarà l’ultima e che sembra essersi innescato un circolo vizioso, senza alcuna via d’uscita. In questa dimensione di immediatezza, con un futuro sempre meno immaginabile e un passato altrettanto rimosso, “crisi” ed “emergenza”, le cifre esistenziali del nuovo secolo, sembrano aver sostituito il “conflitto”, cifra che ha scandito il ventesimo secolo, spesso con esiti tragici -basti pensare alle due guerre mondiali- ma accompagnati anche da grandi trasformazioni sociali. Il fatto è che per praticare un conflitto occorre possedere una lettura degli accadimenti e trasformare in un film quelle che all’apparenza sembrano singole fotografie staccate l’una dall’altra; occorre leggere il presente come un transito fra un prima ed un poi. Se al contrario il presente diviene un puro susseguirsi di crisi giustapposte l’una all’altra, senza alcuna consequenzialità, passato e futuro scompaiono e resta solo una rassegnata adesione all’esistente o la fuga dentro letture complottistiche -e consolatorie- della storia e dei diversi accadimenti. C’è un’altra possibile strada: cercare di comprendere i profondi significati che ciascuna di queste “crisi” porta con sé e di leggere cosa comportano in termini di riflessione sulla società presente e sulle scelte da mettere in campo per invertire la rotta e ridare a tutte e tutti noi una possibilità di futuro. Come Attac Italia siamo da sempre impegnati su questo terreno e abbiamo dedicato le precedenti sessioni della nostra annuale università estiva alla costruzione di una nuova visione del mondo che abbiamo denominato la società della cura, come alternativa radicale alla società del profitto. Dopo decenni di ideologia del profitto che hanno costretto le persone a vivere nella solitudine competitiva, crediamo che il paradigma della cura – di sé, delle altre e degli altri, del vivente e del pianeta – possa diventare l’elemento di convergenza di tutte le culture ed esperienze altre: sia perché rappresenta ciò di cui c’è assoluto bisogno in un momento storico in cui è a rischio l’esistenza della vita umana sulla Terra, sia perché intorno a quel paradigma è possibile costruire una nuova società, che sia ecosocialista e femminista invece che capitalista e patriarcale; equa, inclusiva e solidale invece che predatoria, escludente e diseguale.

comunicato Attac-Italia

 

Il carnevale popolare del Gridas. In libreria la ristampa de L’utopia per le strade 

Non è vero che non ci sono alternative agli spot repressivi come il decreto Caivano. E non è vero che la creazione di territori diversi dipende dall’alto oppure da eroi. «L’utopia per le strade: i carnevali del Gridas», meritoriamente tornato nelle librerie in questi giorni, capovolge quella narrazione ricostruendo una storia meravigliosa cominciata a Scampia quarant’anni fa con i murales di Felice Pignataro, con il carnevale popolare che coinvolge scuole e associazioni del territorio e che nel tempo si è legato ad altri carnevali di quartiere di Napoli, con le murgas di molte città che portano il mondo e la musica nelle strade. Un testo straordinario ricco di interventi e fotografie nel quale si parla dei senza potere e della loro imprevista gioia di vivere, ma anche di comunità pensate “non più sull’accumulazione del denaro ma sulla condivisione, non più sulla sopraffazione ma sulla fratellanza…” Il GridasGruppo Risveglio dal Sonno (con riferimento alla frase di una delle incisioni della “quinta del sordo” di Francisco Goya: “el sueño de la razon produce monstros”) è un’associazione culturale senza scopo di lucro fondata nel 1981 da Felice Pignataro, Mirella La Magna, Franco Vicario, e altre persone riunite dall’intento comune di mettere le proprie capacità artistiche, culturali, al servizio della gente comune per stimolare un risveglio delle coscienze e una partecipazione attiva alla crescita della società.

nota su Comune-info

 

Le tre falsità della Guardia Costiera sul caso Mare Jonio: «Con disappunto e dispiacere ci troviamo costrettə a replicare al comunicato diffuso l’altro ieri [ndc] dall’Ufficio Stampa del Comando Generale delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera sul caso che riguarda la nostra nave MARE JONIO»

Con disappunto perché il comunicato contiene almeno tre falsità: 1) La Società armatrice che gestisce la nave al servizio di Mediterranea non ha mai rinunciato a richiedere la certificazione della MARE JONIO per il servizio di salvataggio. Riteniamo invece che le Circolari citate non siano applicabili a una nave come la MARE JONIO e rappresentino il frutto di una volontà politica, e non tecnica, di ostacolare le attività di soccorso civile in mare. Ci batteremo in ogni sede affinché questo perverso meccanismo sia smontato e l’attività di soccorso esercitata dalla MARE JONIO e dalle altre navi della Flotta Civile sia riconosciuta e certificata. Intanto abbiamo richiesto alla Capitaneria di Trapani di rilasciare, “innanzitutto e comunque”, le certificazioni indispensabili per navigare; 2) “Le attrezzature e gli equipaggiamenti per il servizio di salvataggio/ rescue” non sono affatto “pericolose” né “intralciano” la navigazione della nave in servizio di carico/Cargo. Gli stessi ispettori della Capitaneria saliti a bordo non hanno mai contestato questo. Quindi la presenza di questi materiali a bordo, che incrementano la sicurezza della MARE JONIO e la capacità di soccorso di vite in pericolo, è perfettamente compatibile con le certificazioni già rilasciate; 3) La Capitaneria – con comunicazione PEC ufficiale protocollata n. 39176 in data 08.09.2023 – non ha mai parlato di “alcune attrezzature” ma ci ha diffidato a rimuovere prima della partenza tutte “le attrezzature e gli equipaggiamenti imbarcati a bordo della MARE JONIO per lo svolgimento del servizio di salvataggio”, cioè tutti i materiali presenti e inventariati nel Piano Rescue già approvato dal RINA (Registro Navale Italiano), includendo in queste reti giapponesi per il recupero dellə naufraghə dal mare, coperte termiche per la protezione dall’ipotermia, kit con asciugamani e vestiti di ricambio, bagni chimici, docce e lavandini, forniture aggiuntive di acqua potabile e cibo per lə naufraghə, trecento giubbotti salvagente aggiuntivi, zattere autogonfiabili, centifloat e rescue raft di salvataggio, farmaci e dispositivi medicali contenuti nel container del punto di primo soccorso. Se hanno nel frattempo cambiato idea, sarebbe il caso che ce lo comunicassero ufficialmente, invece di scrivere – letteralmente – che la diffida per lo sbarco delle attrezzature ed equipaggiamenti di salvataggio “ha valore di ordine legalmente dato ai sensi e per gli effetti dell’art. 650 del Codice Penale” che prevede appunto l’arresto fino a tre mesi di carcere per lə contravventorə. Ma replichiamo anche con dispiacere, oltre che con disappunto, perché – nonostante il potere politico continui a utilizzare cinicamente pezzi di questo Corpo nella sua insensata guerra contro la solidarietà – la nostra stima e gratitudine nei confronti delle donne e degli uomini della Guardia Costiera italiana, che solo negli ultimi mesi hanno soccorso e sbarcato in Italia almeno 70mila persone, restano immutate. E con loro ci sentiamo parte di una “comunità del soccorso” che annovera nelle sue fila civili e militari, attivistə non governativi e marinaiə delle marine mercantili. Servirebbero anzi ben più mezzi e risorse per questo Corpo e ben più mezzi e risorse per il salvataggio di vite in mare dovrebbero essere a bordo di qualsiasi nave si trovi a solcare le acque del Mediterraneo.

comunicato MEDITERRANEA Saving Humans  – Trapani, 12 settembre 2023

  

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