Come segnalato da Pressenza l’anno scorso, Israele li aveva dichiarati ‘Giusti fra le nazioni’ : ora il 10 settembre la Chiesa cattolica proclamerà martiri i 9 componenti della famiglia polacca degli Ulma: padre, madre e 7 figli (di cui l’ultimo sul punto di nascere) giustiziati nella loro casa dai nazisti. La loro colpa ? Avere ospitato clandestinamente 8 ebrei.
La loro storia (oltre che su Wikipedia) è raccontata anche nel volume “Uccisero anche i bambini” (pp. 152, euro 15, Edizioni Ares), appena uscito a fine agosto. Il libro intreccia la vicenda degli Ulma con quella della Seconda guerra mondiale e della persecuzione degli ebrei.
Molti di loro vennero sterminati nei campi di concentramento, altri fucilati nei ghetti.
Ma alcuni, come in questo caso, morirono a casa delle persone che avevano deciso di non voltarsi dall’altra parte, aiutandoli anche al costo di perdere la propria vita. È anche la storia della guerra, che produce orrori e dolore dei quali l’umanità sembra talvolta non conservare memoria. Tantissime le foto scattate dal capofamiglia Josef, fotografo amatoriale, uomo di ingegno e attivo nella comunità di Markowa, ora territorio ucraino.
Poi, la delazione, il tradimento e i nazisti che irrompono nella piccola casa Ulma sparando verso il solaio dove sono nascosti gli amici ebrei. Una strage. Josef e Wiktoria vengono trascinati fuori e fucilati davanti ai bambini. Lei è in stato interessante di sette mesi. Dopo la mamma e il papà, vengono “giustiziati” anche i piccoli. La casa viene data alle fiamme. Era il 24 marzo del 1944.
Padre Paweł Rytel-Andrianik, storico e autore del libro insieme a Tulli, mette in evidenza che l’uccisione degli Ulma parla di un martirio non solo cristiano: “Padre François–Marie Léthel ha scritto sull’Osservatore Romano che si tratta di un martirio ebraico-cristiano. Con questa affermazione ha voluto sottolineare che ciò che appare evidente è che sono stati uccisi degli innocenti: la famiglia Ulma e otto ebrei, tra i quali Shaul Goldmann con i suoi quattro figli, Lea Didner con la figlia Reshla di cinque anni e Golda Grünfeld.
Quando i tedeschi nazisti sono giunti nella casa della famiglia Ulma, hanno iniziato a sparare verso il soffitto dove si trovava il solaio, e dal soffitto ha cominciato a colare il sangue delle vittime.
In corrispondenza di quel sangue che colava, esattamente sotto, c’era il tavolo sul quale era poggiata – non si sa il perché – una foto di due donne ebree, una con la stella di Davide al braccio. Questa foto si è conservata fino ai nostri giorni come “reliquia” del martirio anche ebraico.” Il male della guerra non è riuscito a cancellare la luce di questa vicenda.