Questa estate la società palermitana è stata scossa dalla violenza animalesca e cattiva di un branco di sette giovani maschi contro una ragazza, questo ha contribuito a riaccendere i riflettori sulla violenza di genere a Palermo.
Impressione, sdegno, rabbia sono stati i sentimenti che immediatamente hanno attraversato il corpo della cosiddetta “società civile”.
Un branco di sette giovani di quartiere, e fra di loro un minorenne, su una unica “preda”, una ragazza di 19 anni. Violenza bestiale sessuale, fisica e di gruppo. La ragazza usata come oggetto di piacere sadico e malvagio, come giocattolo da condividere, usare, rompere senza nessuna considerazione della persona umana. Un modo di agire che svela la bassezza di sentimenti e l’assenza di valori che è presente nelle menti di tanti giovani maschi, e non solo giovani.
Una mattanza preorganizzata e pianificata: adescare la preda, stordirla con alcool o droghe, trascinarla in un cantiere abbandonato, abusare senza nessuna pietà, senza nessuna considerazione, in modo animalesco della giovane vittima. Il tutto ben documentato con video hotporno. Video finalizzato alla diffusione mediatica sulle reti informatiche hard per sporchi e infimi fini di lucro. Video hothard dove la violenza bestiale incontrollata è oggetto di grossi guadagni, per cui un pubblico malato e complice è disposto a pagare lauti compensi per godere con la vista dell’uso animalesco del corpo della donna. Corpo considerato alla stregua di carne da macelleria, esposto e umiliato, ancor meglio se appartenente ad una “preda” inconsapevole. Più è efferata la violenza, più è reale la bestialità commessa verso la giovane vittima, più sono alti i guadagni. La donna considerata non come essere ma come oggetto per il piacere, oggetto per fare soldi. Nessuna considerazione della donna come tale. E ciò che è successo a Palermo lo possiamo leggere in modo speculare con ciò che è accaduto a Caivano (Na) dove la bestialità di gruppo si è riversata su due bambine di 10 e 12 anni, colpevoli di vivere in un quartiere degradato pieno di “lupi”; e dove il mercato del pornofilm si arricchisce con la pedopornografia che ha un mercato ancora più ricco.
La società del consumo, dello sballo, del divertimento senza limiti genera i mostri che sono capaci di qualsiasi efferatezza pur di poter raggranellare i denari per uno stile di vita copiato dai modelli visti in rete. Sette giovani dei quartieri popolari di una Palermo, che vive le sue profonde contraddizioni fra emarginazione sociale, povertà e stili di vita che richiedono una sempre maggiore disponibilità di denaro. In questo quadro la cosa più raccapricciante è quella che vede la donna oggetto, la donna strumento di piacere e lussuria, la donna cosa da usare, stuprare e poi buttare. Nessun rispetto per quello che anche nella vulgata popolare dovrebbe essere “l’inviolabilità” del corpo femminile.
I fatti di Palermo hanno aperto un serrato scambio di opinioni tramite i social media. Abbiamo visto comparire esposti al pubblico ludibrio, in puro stile wanted alla far west, manifesti con le 7 facce degli stupratori; li abbiamo visti girare nella rete e raccogliere numerosissimi consensi. Abbiamo letto tanti commenti che auspicano l’inasprimento delle pene per i reati di violenza di genere e chiedono un maggiore controllo delle forze dell’ordine sul territorio. Abbiamo letto anche tanti post che indicano come causa scatenante della violenza la movida e l’uso di alcool nei numerosissimi locali del centro storico della città. Tutta una levata di scudi dalla chiara connotazione moralista, sicuritaria e giustizialista.
La cosa grave, a mio avviso, è che tutto questo proliferare di posizioni sicuritarie vengono anche in buona parte da un ambiente che dovrebbe essere ben lontano dalle posizioni dei partiti di destra e neofascisti che governano il nostro Paese e che vedono come contrasto alla violenza di genere soltanto il controllo militare del territorio e l’inasprimento delle pene, sino ad arrivare alla castrazione chimica degli stupratori.
Il problema è molto più vasto: né il controllo militare delle piazze della “movida”, né qualsiasi inasprimento delle pene sono il modo di risolvere il problema. Storicamente è accertato che l’inasprimento delle pene non scoraggia l’agire criminale, anzi può provocare l’innalzamento dei livelli di violenza.
Le pene dure non sono mai servite a scoraggiare il crimine. Basta vedere cosa accade negli Stati Uniti dove il tasso di violenza è fra i più elevati del mondo nonostante il fatto che la presenza degli “sceriffi” sia diffusissima, e che sia il regime carcerario sia le pene siano durissime. Qui siamo di fronte a fenomeni di violenza collettiva che hanno come humus una concezione maschilista patriarcale che considera la donna come oggetto di divertimento, di svago e per far soldi. Mi si può dire che la donna da sempre è stata usata come oggetto sessuale per far soldi con lo sfruttamento della prostituzione. Sì, questo è vero, ma oggi stiamo vivendo un regresso culturale e sociale gravissimo. La mercificazione della donna a fini di lucro tramite i video hotporno, e per il piacere estremo, emulando comportamenti visti nei numerosissimi siti, sta rendendo il fenomeno incontrollabile. In prima istanza va messa in campo una campagna di sensibilizzazione per oscurare tutta questa spazzatura che c’è in rete e che può essere vista anche da ragazzini piccoli.
La disgregazione del tessuto di quartiere, il disagio sociale, lo stile di vita al di sopra delle proprie possibilità, l’emulazione di modelli negativi di bullismo sono il terreno fertile dove cresce la mentalità individualista, di sopraffazione e sessista.
Questo quadro va affrontato nel suo complesso in modo sociale e politico, partendo da percorsi educativi nelle scuole, interessando le strutture sociali dei quartieri, coinvolgendo il tessuto vivo della società e in parallelo andando verso il contrasto dei siti informatici, che nella massima impunità trattano la donna come cosa da usare, considerando il corpo femminile solo come oggetto di ogni piacere. Non è più tollerabile che video hotporno possano essere visti impunemente da chiunque navighi in rete.
Mentre si parla di inasprimento delle pene per i violentatori, non si fa un gran che per fermare la diffusione via rete di comportamenti che sono da mettere fuori ogni consesso civile.
Certamente i sette giovani criminali non possono passarla liscia, ma ogni pena va bilanciata con percorsi di rieducazione attiva, non certo con le misure estreme invocate dalla destra, che non risolverebbero il problema, ma che hanno il sapore della vendetta. Ogni pena deve essere proporzionata e deve essere finalizzata ad una speranza di riabilitazione sociale, la legge del taglione non può più fare parte del vivere civile.