“Il Niger è uno dei Paesi del mondo dove la povertà è più diffusa: uno stop agli aiuti avrebbe effetti immediati”. Alessandra Morelli, già responsabile a Niamey dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), parla con l’agenzia Dire del golpe contro Mohamed Bazoum, un presidente che conosce personalmente da anni.
Dopo il discorso in tv con il quale il colonnello Amadou Abdramane ha annunciato la fine del “regime” e la nascita del Consiglio per la salvaguardia della patria, le Nazioni Unite hanno sospeso ogni operazione nel Paese. A collegare “governance democratica” e concessione di aiuti è stata invece Washington. Il segretario di Stato americano, Anthony Blinken, ha anche detto di aver parlato al telefono con Bazoum e di avergli offerto il sostegno dei circa 1.100 militari statunitensi a oggi in Niger.
Tra le presenze straniere ha rilievo particolare quella della Francia, ex potenza coloniale. A Niamey i suoi militari effettivi sono circa 1.500 effettivi. Il Niger è strategico per Parigi per i giacimenti di uranio, che coprono secondo alcune stime circa il 30 per cento del fabbisogno energetico d’Oltralpe. “Per la Francia la caduta di Bazoum sarebbe un colpo duro” commenta Morelli, parlando di “ultimo baluardo” per l’influenza di Parigi nel Sahel dopo i golpe militari in Mali e in Burkina Faso tra il 2020 e il 2022.
Al centro della testimonianza dell’ex responsabile di Unhcr, una vita per la cooperazione anche in Somalia e in altri Paesi attraversati da conflitti, ci sono considerazioni di carattere umanitario e sociale. “Di Bazoum ricordo la disponibilità al confronto, anzitutto quando era ministro dell’Interno responsabile anche per la sistemazione delle persone sfollate e rifugiate” dice Morelli. “Il Niger non ha mai chiuso le frontiere, né verso chi arrivava dal Mali o dal nord della Nigeria, né verso chi si spostava dal Sudan”.
Stando a questa ricostruzione, Niamey è diventata negli anni “uno spazio di asilo”, in qualche caso aprendo all’integrazione dei profughi presso le comunità locali anche con costruzioni di case o donazioni di appezzamenti. “Passaggi non sempre scontati”, sottolinea Morelli, “come pure il via libera ai voli di migranti che tornavano da Tripoli e ripartivano poi dal Niger attraverso ‘corridoi umanitari’ che li conducevano in sicurezza verso Paesi europei o nordamericani”.
Secondo l’Ufficio dell’Onu per il coordinamento dell’assistenza umanitaria (Ocha), a livello nazionale il numero delle persone bisognose è aumentato da un milione e 900mila nel 2017 a quattro milioni e 300mila nel 2023.
Mercoledì scorso, nel loro intervento in tv, i militari hanno detto di aver agito per porre fine al “continuo deterioramente della sicurezza” e al “malgoverno dell’economia e della società”.
Oggi, la ministra degli Esteri francese Catherine Colonna ha detto che Bazoum è “in buona salute”. “Se mi sentite parlare di ‘tentato golpe’ è perché non consideriamo la situazione definitiva” ha aggiunto la dirigente. “Per quelle persone responsabili che ascolteranno la comunità internazionale c’è ancora una via di uscita”.
Morelli continua a seguire dall’Italia, in contatto costante con Niamey. “Con Bazoum il Niger è riuscito a costruire tasselli di possibilità per il futuro”, sottolinea la cooperante, “anche se il presidente ha pagato probabilmente la sua vicinanza alla Francia”.
Nonostante le miniere di uranio, nell’Indice dell’Onu sullo sviluppo umano, che misura ricchezza e povertà con una scala multidimensionale, il Niger figura stabilmente agli ultimi posti.
La notizia dell’ultima ora trasmessa dalla tv statale è che alla guida del Consiglio per la salvaguardia della patria è stato posto il generale Abdourahamane Tchiani, dal 2015 già a capo della Guardia presidenziale, un corpo militare di elite.