E’ questo il titolo del Report che è stato presentato durante la quarta Conferenza nazionale sul clima 2023 che si è svolta nei giorni scorsi a Roma, promossa da Italy for Climate con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, della Commissione Europea e di Rai per la Sostenibilità.
La recente alluvione che ha devastato l’Emilia-Romagna e i lunghi periodi di siccità che colpiscono sempre più frequentemente diverse aree del Paese hanno reso ancora più evidente come il tema dell’acqua sia centrale nel nuovo contesto determinato dalla crisi climatica. Hanno sottolineato anche la necessità di agire prontamente per fronteggiare l’aggravamento di eventi estremi, ormai sempre più frequenti e tangibili, che non riguardano solo un lontano futuro, ma anche il presente.
L’Italia gode storicamente di una buona disponibilità di acque: è ancora terza in Europa, dietro solo a Francia e Svezia, con circa 130 miliardi di m3 disponibili ogni anno. Tuttavia, questo valore si è ridotto del 20% negli ultimi decenni: “Se non arresteremo il riscaldamento globale, la causa principale della riduzione di acqua, la disponibilità- si legge nel Rapporto– potrebbe arrivare a ridursi in breve tempo del 40%, con punte del 90% in alcune aree del Meridione”.
Noncuranti del fatto che siamo il Paese europeo con i più alti livelli di stress idrico, manteniamo i livelli record di prelievo di acqua in Europa: con quasi 40 miliardi di m3 all’anno l’Italia è prima e preleva più del 30% della disponibilità idrica annua: Stiamo quindi intaccando il nostro patrimonio idrico e mettendo in pericolo gli ecosistemi. L’acqua prelevata in Italia viene destinata per il 41% all’agricoltura, il 24% ad usi civili, il 20% all‘industria e il 15% alla produzione di energia elettrica. Siamo il secondo Paese europeo per prelievi destinati all’agricoltura (dopo la Spagna), ma non sono state attivate procedure avanzate di contabilizzazione degli usi agricoli e non stiamo migliorando la nostra performance. L’Italia vanta anche il triste record europeo di acqua prelevata per usi civili: con 9 miliardi di m2 ogni anno (e +70% rispetto al 2000). Ciò è dovuto sicuramente all’alto livello di perdite della rete idrica nazionale (che sono in continua crescita e hanno superato il 40%), ma anche ad una scarsa abitudine alla riduzione degli sprechi: un italiano consuma 220 litri di acqua, il doppio dell’acqua consumata da un cittadino medio europeo. L’Italia è anche il primo Paese europeo per utilizzo di acqua in industria: 4 volte più della Germania e 8 volte più della Francia.
Siamo entrati in una fase di “anormalità climatica permanente”: in vent’anni i ghiacciai alpini in Italia hanno perso in media 25 metri di spessore, oltre 50 miliardi di m3 di ghiaccio. Secondo il Piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico, se le temperature continueranno ad aumentare nessuna delle stazioni sciistiche del Friuli Venezia-Giulia avrebbe a breve una copertura nevosa naturale sufficiente a garantire la stagione e lo stesso accadrebbe ad un terzo delle stazioni in Lombardia, Trentino-Alto Adige e Piemonte.
In Italia i fenomeni a carattere eccezionale sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni, fino a superare nel 2022 per la prima volta il valore record di 2.000 episodi all’anno: un italiano su cinque risiede in aree potenzialmente allagabili, mentre sono minacciate da pericolosità idraulica medio-alta 6,9 milioni di persone, 1,1 milioni di imprese e 4,9 milioni di edifici. Le Regioni a maggior rischio di alluvione in Italia sono l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto e Calabria e da Friuli-Venezia-Giulia, Toscana e Lombardia. In quasi tutte queste Regioni il livello di cementificazione del territorio è molto alto.
Si stima che il cambiamento climatico abbia portato nel 2022 un danno economico al comparto agricolo di circa 6 miliardi di euro, con circa il 10% valore della produzione dell’intera filiera e si stima che l’alluvione in Emilia-Romagna abbia portato a danni per circa 8 miliardi di euro. Sono a rischio almeno 50.000 posti di lavoro tra agricoltori e lavoratori dipendenti nelle campagne, nelle industrie e nelle cooperative di lavorazione e trasformazione. Inoltre, a partire dal 2000 al 2019, 5 milioni di ettari, il 17% della superficie nazionale, sono risultati soggetti a diverse forme di degrado, con valori anche ben oltre il 20% in Sardegna, Emilia-Romagna, Campania e Abruzzo.
Il Report presentato raccoglie anche proposte e linee di azione per affrontare la crisi in atto. “Per ridurre l’impatto di alluvioni e siccità è necessario contribuire a rallentare il riscaldamento globale che le alimenta, tagliando le emissioni di gas serra, e aggiornare e rendere operative misure di adattamento”, ha spiegato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Aggiungendo: “Con Italy for Climate abbiamo proposto una specifica Roadmap per l’Italia, con obiettivi e target sfidanti al 2030 e al 2045 e specifiche strategie settoriali. Qualche giorno fa il governo ha trasmesso a Bruxelles una prima sintesi dell’aggiornamento del Piano nazione integrato energia e clima (Pniec): per l’Italia, Paese vulnerabile per i cambiamenti climatici, è più conveniente accelerare l’impegno e puntare su obiettivi avanzati di decarbonizzazione, per cogliere anche i vantaggi tecnologici, economici e occupazionali, piuttosto che rinviare le misure, concentrandole in pochi anni futuri anche con maggiori costi.
La proposta di nuovo Pniec inviata a Bruxelles è poco ambiziosa: punta a un taglio solo del 45% delle emissioni di gas serra al 2030 (rispetto ad una media europea del 55%) in 40 anni dal 1990, lasciando un altro 45% (per arrivare al 90%) ai successivi 20 anni; sottovaluta le potenzialità di crescita delle rinnovabili elettriche, della penetrazione elettrica, dell’efficienza energetica degli edifici e di una mobilità più elettrica e con meno auto.
Per fortuna qualche buona notizia non manca: proprio in questi giorni il Parlamento Europeo ha approvato con 336 voti a favore, 300 contrari e 13 astenuti il testo del Nature Restoration Law, la proposta di legge sul ripristino delle aree naturali voluta dalla Commissione.
Qui per rivedere la Conferenza.