Che cosa pensiamo quando nel movimento per la giustizia sociale e climatica, diciamo “ENI”? Certamente nulla di positivo: dietro il greenwashing vediamo solo strategie dilatorie e negazionismo, fumo negli occhi per continuare a estrarre risorse fossili, inquinare territori e pregiudicare la vivibilità dell’intero pianeta.
Ma cosa pensano invece le lavoratrici e i lavoratori di ENI? Saranno tutti allineati al paternalismo fossile del cane a sei zampe che ci vende il gas come combustibile di transizione, spaccia miraggi di cattura/stoccaggio di CO2, fusione nucleare e dosi da cavallo di crediti compensativi per coprire un obiettivo “net zero”, che non tende a zero fossili nemmeno nel lontanissimo e caldissimo 2050, oppure avranno anche loro dei dubbi e delle perplessità?
Siamo andati a chiederlo direttamente a loro, giovedì della scorsa settimana, all’ingresso di uno dei palazzi ENI di San Donato. Un’iniziativa forse provocatoria (infatti siamo stati controllati a vista dal personale di sicurezza e da una macchina di carabinieri, subito accorsa sul posto) ma anche utile per affermare nella pratica uno dei principi di Extinction Rebellion e cioè che nessun@ deve essere biasimat@ e colpevolizzat@ quando tutt@ siamo dentro il medesimo sistema tossico dei cui privilegi continuiamo a godere.
Il nostro volantino puntava a far leva sull’orgoglio aziendale partendo dalla mission che lo storico presidente Mattei fissava per l’Ente Nazionale Idrocarburi, quella di dare autonomia energetica al Paese. Siamo sicuri che la dirigenza ENI la stia mettendo in pratica oggi, cadendo dalla padella del gas russo alla brace del gpl da fracking targato USA? Di che autonomia geopolitica stiamo parlando? Non sarebbe meglio, anche dal punto di vista aziendale, puntare sulle rinnovabili e diventare strumento essenziale di politica pubblica per la riconversione energetica ed ecologica del Paese?
Se uscire dal fossile è necessario e riconosciuto da tutt@, perché attardarsi? Rischiano forse i grandi dirigenti, protetti dalla politica? Cosa ne sarà invece di lavoratrici e lavoratori quando pozzi, oleodotti e raffinerie diventeranno rottami e, assieme alle riserve petrolifere, enormi buchi di bilancio? I grandi profitti la dirigenza ENI li sta già intascando grazie ai programmi di riacquisto delle sue azioni con cui monetizzano le stock option!
Distribuendo il volantino abbiamo cercato il dialogo con le persone, ad esempio chiedendo: “Hai fiducia nelle strategie di decarbonizzazione della tua azienda?”, oppure “Sai che anche lavorando all’ENI puoi salvare il mondo?”
Le risposte dei dipendenti sono state varie; non abbiamo ricevuto molte sgarberie, giusto un paio. Sicuramente molti hanno dichiarato: “Sì, certo, ho fiducia nell’azienda”, spesso esprimendo altrettanta sfiducia verso le rinnovabili. Abbiamo riscontrato anche alcuni risposte deprimenti, tipo “Che alternative abbiamo?”, unite anche a un senso d’insoddisfazione per l’operato dell’azienda, ma anche molti sorrisi e disponibilità: “Lavoriamo insieme: dentro siamo in molt@ ad essere preoccupati, per noi e per le nostre famiglie. Vorremmo fare di più”.
Bene, speriamo di aver contribuito a far nascere qualcosa all’interno di questi dipendenti e di poter portare avanti questo dialogo con alcuni di loro nelle nostre prossime presentazioni!