Ieri in tutta la Cisgiordania, Gerusalemme est e Gaza è stato osservato un giorno di sciopero generale di protesta contro l’invasione israeliana su Jenin. Nella città “martire ed eroica”, le famiglie hanno cominciato a far ritorno per valutare lo stato dii distruzione causato dall’attacco militare di Tel Aviv. “Caccia, elicotteri, droni, carri armati e ruspe hanno distrutto tutte le infrastrutture oltre alle migliaia di abitazioni. Il sistema idrico, la rete elettrica e le strade sono state messe fuori uso.”, ha detto un membro del consiglio comunale. (Vedi il reportage fotografico di Al-Jazeera arabic).
Una donna anziana, seduta sui detriti della sua casa rasa al suolo dei bulldozer israeliani, ha detto in un’intervista video: “Non ce ne andremo dalla nostra terra. I soldati se ne sono andati, ma Jenin è ancora qui. Ho vissuto la scorsa distruzione di 20 anni fa, ma io, i miei figli ed i miei nipoti resisteremo all’occupazione”.
I paesi arabi impotenti di fronte all’arroganza israeliana annunciano azioni di solidarietà: gli Emirati promettono di coprire i costi della ricostruzione. Il Cairo ha annunciato di ospitare una riunione dei segretari generali delle organizzazioni della resistenza palestinese, “per far fronte unito nella fase futura”. Invece di fare pressioni nelle sedi internazionali per limitare la prepotenza di Tel Aviv, l’Egitto farà pressione sui palestinesi per abbassare il livello dello scontro. Il rappresentante palestinese all’Onu, Riad Mansour, ha scritto un messaggio al segretario dell’ONU e al presidente di turno del Consiglio di Sicurezza per chiedere la protezione della popolazione civile dagli attacchi militari israeliani e dalle incursioni armate dei coloni.
Il Coordinamento europeo dei comitati per la Palestina (ECCP) ha emesso un comunicato nel quale denuncia le responsabilità dei generali israeliani nei crimini compiuti e quelle delle cancellerie internazionali che sostengono la prepotenza degli occupanti. (Qui tra gli apprfondimenti di Anbamed).