L’approvazione di una contestata riforma costituzionale da parte di Gerardo Morales, governatore della provincia di Jujuy, nel nord-ovest dell’Argentina, ha scatenato rabbia e indignazione fra cittadini e comunità indigene, per diversi motivi. Primo fra tutti: la legge, introdotta in tempi rapidissimi – meno di un mese – è stata votata a porte chiuse, senza le consuete consultazioni democratiche e pubbliche.
Inoltre il testo, tra le altre cose, limita fortemente il diritto di protestare liberamente, sancito dalla Costituzione originaria – saranno persino vietati blocchi stradali e “qualsiasi azione ostacoli il diritto alla libera circolazione delle persone – ed esclude gli aborigeni dalle decisioni riguardo all’uso delle terre. Il rischio concreto, quindi, è che la proprietà privata si accaparri definitivamente quei territori contesi con i popoli originari. In altre parole, la riforma rafforzerà il potere di Morales, che potrà quindi prendere decisioni sostanzialmente senza subire l’opposizione di nessuno. Si potranno organizzare delle proteste solo seguendo uno specifico regolamento non ancora definito.
Il sospetto, visto che la riforma è stata approvata in fretta e furia proprio nel pieno di uno sciopero di docenti e lavoratori del settore pubblico per chiedere un aumento salariale, è che si tratti di una strategia politica volta ad azzittire le mobilitazioni attuali e future.
Ma quello che preoccupa maggiormente, come sottolineato dalle organizzazioni per i diritti umani, è che la riforma «è incompatibile con i diritti dei popoli indigeni di essere consultati e di partecipare alle questioni di loro competenza» e non rispetta i trattati internazionali, che obbligano il Governo a garantire la pluralità di opinioni. Senza contare che non riconoscere il diritto alla terra ancestrale significa spianare la strada a tutte quelle imprese che da anni tentano in tutti i modi di impossessarsi, senza successo, dei territori protetti.
Quella di Jujuy, infatti, è una provincia ricca di risorse naturali, e con molta probabilità «la nuova Costituzione, che consentirà al governo locale di avanzare sui territori delle comunità e di sgomberarle» provocherà grossi danni a tutti gli abitanti della regione. Si teme, infatti, che azioni azzardate, come l’estrazione di litio dove non si dovrebbe, contaminino le fonti d’acqua, lasciando migliaia di persone a secco.
Negli ultimi giorni anche l’ONU ha espresso preoccupazione per le segnalazioni di violazioni dei diritti e azioni violente avvenute durante le proteste in corso. Pare che gli agenti di polizia abbiano ferito decine di persone, provocando gravi lesioni oculari ad un adolescente e profonde ferite alla testa ad un’altra persona. Le Nazioni Unite hanno inoltre dichiarato di essere a conoscenza di arresti e persecuzioni ai danni di manifestanti, leader indigeni, un politico locale e giornalisti e che le guardie abbiano tentato di ostacolare il lavoro degli attivisti per i diritti umani.