>  rassegnanews sulle soggettiv₳zioni del meticciato meridioglocal  <

 

Oltre il 90% dell’acquacoltura globale è a grave rischio a causa dei cambiamenti ambientali

La vulnerabilità degli alimenti acquatici ai cambiamenti ambientali è stata ampiamente sottovalutata, con Usa, Cina e Thailandia complessivamente più a rischio

Il  nuovo studio Vulnerability of blue foods to human-induced environmental change”, pubblicato su Nature Sustainabilityda un team internazionale di ricercatori, parte da una preoccupazione: «Molti dei maggiori produttori mondiali di cibo acquatico sono altamente vulnerabili ai cambiamenti ambientali indotti dall’uomo, con alcuni dei Paesi a più alto rischio in Asia, America Latina e Africa che dimostrano la più bassa capacità di adattamento» e dimostra che «Oltre il 90% della produzione globale di cibo “blu”, sia nella pesca di cattura che nell’acquacoltura, affronta rischi sostanziali dovuti ai cambiamenti ambientali, con diversi Paesi leader in Asia e negli Stati Uniti che sono destinati ad affrontare le maggiori minacce alla produzione». Lo studio è uno dei 7 articoli scientifici pubblicati dal Blue Food Assessment (BFA) come parte di un lavoro globale per informare la futura sostenibilità dei cibi acquatici e gli autori hanno prodotto la prima analisi globale in assoluto dei fattori di stress ambientale che influiscono sulla quantità di produzione e sulla sicurezza degli alimenti blu in tutto il mondo, classificando per la prima volta I Paesi in base alla loro esposizione ai principali fattori di stress. Sono stati esaminati un totale di 17 fattori di stress, tra I quali fioriture algali, innalzamento del livello del mare, variazioni di temperatura ed esposizione ai pesticidi.

leggi approfondimenti su greenreport

 

I corpi alieni delle persone migranti: “una rappresentazione distorta e manipolata”

Su di essi gli scienziati della sorveglianza europea lavorano a salti di qualità di portata inaudita

La spregevole escalation delle tanatopolitiche europee ci sta abituando ad associare ai corpi delle persone migranti ormai soprattutto l’aggettivo “recuperati”. L’ultima tragedia dell’Egeo, mentre ancora si piange la strage di Cutro, segnerà certamente una nuova impennata non certo soltanto numerica – e i numeri sembrano terrificanti – in quella escalation. L’articolo di Annamaria Rivera, scritto poco prima dell’ultimo nefasto esito del naufragio delle strategie politiche europee, ci invita a riflettere proprio sul trattamento simbolico e politico dei e delle migranti dal punto dei visti dei corpi. Un punto di vista che valica, naturalmente, l’ambito degli sbarchi e del viaggio in mare per restituire dignità allo sguardo verso le persone migranti e i loro corpi nell’integrità della loro esistenza qui. È il tentativo rigoroso, seppur esposto a consapevoli rischi di schematismo, di azzardare una tipologia dei modi molteplici e difformi in cui sono percepiti, immaginati, trattati simbolicamente e rappresentati i corpi delle persone migranti o appartenenti a minoranze disprezzate cercando di cogliere alcune costanti. Ci sono dunque i corpi resi invisibili o esposti, “visibilizzati” strumentalmente all’eccesso per biechi calcoli politici. Ci sono i corpi reali occultati in favore di corpi immaginati e immaginari, sempre costruiti sulla base di stereotipi. E poi i corpi indistinti, affossati nel magma disumanizzante delle cronache fino a diventare solo numeri, cui fanno da contraltare, invece, quelli sottoposti alla schedatura o alla marchiatura, oggi in particolare dei rilevanti biometrici. Anche su questo fronte, com’è noto, i solerti scienziati della sorveglianza europea lavorano a salti di qualità di portata inaudita. Si tratta comunque di corpi alieni, i corpi degli altri e delle altre, quelli che siamo spinti a considerare facenti parte di un mondo altro, lontano, estraneo, alieno, come quello raffigurato dalla foto qui sotto. È una rappresentazione distorta, manipolata, l’esatto contrario di quel che vede chi ha ancora la dignità e il coraggio di guardare in uno specchio

Articolo completo su comune-info

 

Morire in mare… nel Mediterraneo è diventato normale e non fa più notizia

Almeno 10 navi, sottomarini, droni, sonar e un argano con 8 chilometri di cavo, questi i mezzi impegnati dalla coalizione internazionale di ricerca, guidata dalla guardia costiera degli Stati Uniti e composta da Canada, Regno Unito e Francia per tentare di recuperare il Titan prima che fosse troppo tardi. Un’operazione che ha tenuto, grazie alla continua copertura dei media, il mondo col fiato sospeso in attesa di notizie. Dopo la sparizione e la faraonica ricerca, infine, la morte accertata di cinque signori che rappresentano il meglio della nostra opulenta società, scomparsi nel corso di un’esperienza esclusiva su un piccolo sommergibile nel tentativo di avvicinarsi al relitto sommerso del Titanic, non si sa in nome di quale importante scopo. Potrebbe essere un segnale positivo il fatto che, se c’è anche una sola vita in pericolo, tutti ci prodighiamo per salvarla. Anche solo una vita, infatti, è preziosa, irripetibile, unica. Ed è un bene essere puntigliosamente informati sui fatti, sulle condizioni in cui si sono verificati e sulle loro conseguenze. Anche quando i media esagerano stimolando un discutibile voyeurismo. Se serve per evitare il peggio, possiamo “perdonarli”. Chiediamo, però, a tutti coloro che hanno progettato e condiviso, in nome della sacralità della vita umana, questa operazione di ricerca estremamente costosa: perché non si applica questo stesso metro nei confronti di tutti?

 articolo integrale su ArgoCatania

 

Amnesty International: “La verità resta nascosta”. Un anno fa decine di morti e dispersi a Melilla.

“Il 24 giugno 2022 almeno 37 persone morirono dopo che circa 2000 migranti e rifugiati subsahariani avevano tentato di attraversare il Marocco per raggiungere la Spagna” 

Almeno 76 persone sono ancora disperse. Le autorità spagnole e marocchine finora non sono riuscite a condurre un’indagine indipendente efficace, lasciando numerose famiglie affrante nell’angoscia. A un anno dalla carneficina di Melilla, le autorità spagnole e marocchine non solo continuano a negare qualsiasi responsabilità ma stanno anche ostacolando i tentativi di ricerca della verità. Almeno 22 corpi giacciono ancora negli obitori e nelle tombe e i tentativi di identificare le vittime e informare i loro parenti sono stati bloccati – ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International -. Gli ostacoli alla verità e alla giustizia sono anche una manifestazione del persistente trattamento nocivo basato sulla razza e sullo status migratorio. Tuttavia, mentre le speranze di trovare i 76 dispersi ancora vivi svaniscono, la richiesta alle autorità di fornire verità e garantire giustizia per le vittime e le loro famiglie diventa sempre più forte”… Le richieste scritte di Amnesty International alle autorità marocchine e spagnole di condividere informazioni sono rimaste finora senza risposta. “Nel frattempo – evidenzia Amnesty International -, le autorità spagnole hanno continuato a praticare azioni illegali ai confini, come le espulsioni collettive, spesso accompagnate dall’uso eccessivo della forza. Sul lato marocchino del confine e a seguito della cooperazione tra i due stati, le autorità marocchine continuano a impedire ai migranti subsahariani di raggiungere il territorio spagnolo per richiedere asilo presso il posto di frontiera”.  Un rapporto di Amnesty International del 2022 ha rilevato che i tragici eventi dello scorso giugno erano prevedibili e la perdita di vite umane evitabile. Nel novembre dello stesso anno, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle forme contemporanee di razzismo, xenofobia e intolleranza correlata ha dichiarato che la violenza a Melilla “evidenzia lo status quo ai confini dell’Unione europea, caratterizzato dall’esclusione basata sulla razza e dalla violenza mortale attuata per respingere le persone di origine africana, centrale, orientale e di altre popolazioni non bianche”.

abstract da RedattoreSociale

 

Emergenza Casa a Palermo. Appello dell’ASDA-AssociazioneSindacale Diritto Abitare “12 Luglio”

A tutte quelle famiglie che il problema della casa lo vivono sulla propria pelle che si vedono negare con estrema arroganza i diritti fondamentali per vivere una vita degna

A Palermo il problema della casa è stato trasformato in un problema di ordinaria amministrazione, sono oltre 20 anni che si parla di emergenza abitativa ma questa non è mai stata affrontata con gli strumenti adeguati ad una condizione di emergenza, oggi trattasi di un problema conclamato ma, comunque, si tende a non dare risposte. L’Amministrazione Lagalla ha esordito affermando che avrebbe affrontato l’emergenza abitativa considerandola una questione prioritaria, è stato annunciato la convocazione di un tavolo permanente sull’emergenza abitativa ma tutto rimane lettera morta. Anche l’Amministrazione Lagalla sul problema casa ha deciso di galleggiare con tante belle parole ma nulla di concreto, l’unico percorso riattivato è quello dell’Agenzia sociale per la casa che oggi si chiama Agenzia per l’inclusione sociale, quali soluzioni ? Il solito progetto di accompagnamento all’autonomia abitativa, cioè, dare un po di soldini alle famiglie disagiate per pagarsi l’affitto di una casa per 1 o 2 anni, sempre che trovino un proprietario privato disposto ad affittare una casa ad una famiglia senza reddito e senza la possibilità di poter offrire delle garanzie. Intanto rimangono oltre 2500 le famiglie in graduatoria d’emergenza abitativa e rimane in vigore una graduatoria per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica approvata nel 2005 con poco meno di 10.000 famiglie aventi diritto.

comunicato Associazione Sindacale Diritto Abitare “12Luglio”

 

Report ha scoperchiato il vaso di pandora del made in Italy oltre gli affari della ministra Santanché

L’inchiesta della nota trasmissione televisiva mette insieme una serie di vicende economiche dubbie sulla vita imprenditoriale di Daniela Santanchè per le quali è stata chiamata a rispondere in Parlamento. Nel merito che segue proponiamo la lettura critica di Infoaut che descrive un sistema parassitario -“incline allo schiavismo” – inseguito anche dalla cosiddetta “sinistra istituzionale” che coll’immaginario del made in Italy e la sua brandizzazione si era illusa di poter competere sul piano della globalizzazione, offrendo a buon mercato lo sfruttamento dei suoi paesaggi naturali e culturali  come attrattori economici dello sviluppo

Open to Merdaviglia. Mentre la nostra veniva invitata in televisione ad inveire contro poveri e migranti, contro il Reddito di Cittadinanza e qualsiasi misura in grado di rendere il lavoro un po’ più degno, la stessa, a quanto pare, si esercitava nella violazione di più o meno ogni legge riguardante l’imprenditoria ed i rapporti di lavoro. Non dovrebbe stupire, la Santanchè è di fatto l’epitome di una buona parte dell’imprenditoria italiana, parassitaria e incline allo schiavismo. Il punto è proprio questo, che una parte considerevole del famoso Made in Italy, e soprattutto dell’indotto turistico si basa su una logica predatoria che distrugge i territori ed impoverisce. Oggi molti chiedono chiarimenti, magari gli stessi che per anni hanno condiviso i banchi parlamentari con la Santanchè, ma appena qualche mese fa il limite di età per il contratto di apprendistato nei settori turistico e termale veniva innalzato da 29 a 40 anni, una legge ad personam per Santanché e la sua gang al fine di pagare poco e non assumere con contratti di lungo periodo lavoratori esperti. Legalizzando di fatto un altro strumento di vessazione della forza lavoro. L’illegalità è solo un aspetto di questa vicenda ed è connaturata al capitalismo come sistema di sviluppo basato sul profitto ad ogni costo. Il problema è che molti, anche a sinistra, hanno pensato negli scorsi anni che inseguire questo modello della piccola e media impresa potesse salvare l’economia italiana dalla globalizzazione. Vane speranze, ciò che ha prodotto è solo un aumento del tasso di sfruttamento e la concentrazione delle ricchezze in sempre meno mani. Forse oggi alcuni inizieranno a comprendere che quando imprenditori ed imprenditrici prestati alla politica aizzano la caccia ai poveri ed agli esclusi stanno solo difendendo i loro interessi e distraendo l’attenzione dal disastro culturale e politico in cui stanno sprofondando questo paese. Il vero Made in Italy è devastazione e sfruttamento nascosto dietro un Patria, Dio e Famiglia di cui ubriacare le masse.

leggi su Infoaut.org

INCHIESTE \ RAPPORTI \ CONFLITTI \ ALTERMERIDIONALISMO