L’articolo originale in spagnolo contiene l’elenco completo dei firmatari della dichiarazione.
Ai popoli del Messico e del mondo,
Alle persone, alle comunità e ai popoli che difendono la Vita.
A coloro che sentono l’urgenza di agire di fronte a un sud-est messicano in fiamme.
Oggi, in questo momento, il Messico è giunto a un limite, un limite che sembra sempre lontano finché un proiettile esploso dall’alto non fa detonare la rabbia dal basso. Il compagno zapatista Jorge
López Santiz è in bilico tra la vita e la morte a causa di un attacco paramilitare dell’Organización Regional de Cafeticultores de Ocosingo (ORCAO), la stessa organizzazione che da tempo sta attaccando e molestando le comunità zapatiste.
Il Chiapas è sull’orlo di una guerra civile, con paramilitari e assassini al soldo di vari cartelli che si contendono i territori per i propri profitti e i gruppi di autodifesa, con la complicità attiva o passiva del governo statale di Rutilio Escandón Cadenas e il governo federale di Andrés Manuel López Obrador.
L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), che ha mantenuto la pace e ha sviluppato un proprio progetto di autonomia nei suoi territori cercando di evitare scontri violenti con paramilitari e altre forze dello Stato messicano, viene costantemente molestato, attaccato e provocato. Dalla fine del XX secolo, e fino al giorno d’oggi, l’EZLN ha optato per la lotta politica pacifica e civile nonostante le sue comunità siano state attaccate con proiettili, i suoi raccolti incendiati e il suo bestiame avvelenato. Nonostante il fatto che, invece di investire il proprio lavoro nella guerra, lo abbiano speso nella costruzione di ospedali, scuole e governi autonomi di cui hanno beneficiato zapatisti e non zapatisti, i governi, da Carlos Salinas a López Obrador, hanno sempre tentato di isolarli, delegittimarli e sterminarli. Oggi, a pochi mesi dal 40° anniversario dell’EZLN, l’attacco paramilitare contro gli zapatisti da parte dell’ORCAO ha come conseguenza che la vita di un uomo sia appesa a un filo, così come è sul punto di esplodere un Messico che non può più sopportare la pressione che subisce nei confronti della propria dignità o la guerra contro le sue comunità e nei suoi territori.
L’attacco dell’ORCAO non è un conflitto tra comunità, come lo avrebbe definito Carlos Salinas e, come López Obrador cercherà sicuramente di dipingerlo. Si tratta di un atto la cui responsabilità diretta è tanto del governo del Chiapas quanto del governo federale. Il primo per aver coperto la crescita di gruppi criminali che hanno trasformato il Chiapas da uno Stato di relativa tranquillità in una zona rossa di violenza.
Il secondo per essere rimasto in silenzio e passivo di fronte all’evidente situazione in cui si trova il sud-est del Paese. Perché l’ORCAO attacca le comunità zapatiste? Perché può. Perché lo permette il governo di Rutilio Escandón? Perché, nel Chiapas di cui sopra, governare significa bagnarsi di sangue indigeno.
Perché López Obrador tace? Perché il governatore del Chiapas è cognato del suo caro e fedele Ministro degli Interni, Adán Augusto López; perché come i suoi predecessori non può sopportare che un gruppo di ribelli sia il punto di riferimento per la speranza e la dignità; perché ha bisogno di giustificare un’azione militare per “ripulire” il sud-est e poter finalmente imporre i suoi megaprogetti.
Allo stesso modo crediamo che questo attacco sia il risultato delle politiche sociali del governo attuale per dividere e corrompere, distruggendo il tessuto sociale delle comunità e dei popoli messicani, in particolare del Chiapas.
Vediamo con preoccupazione che programmi come “Sembrado Vida” (che si caratterizza per avere praticamente lo stesso budget del Ministero Federale dell’agricoltura) e altri simili, stiano incoraggiando lo scontro tra comunità storicamente espropriate delle loro terre e dei loro diritti, giacché vengono utilizzati come meccanismi di controllo politico e come merce di scambio affinché le organizzazioni come la ORCAO possano ottenere l’accesso ai presunti benefici che questi programmi forniscono, il cui prezzo è il furto delle terre autonome zapatiste recuperate.
Per noi è chiaro che non si tratta di conflitti tra villaggi, ma di un’azione di contro-insurrezione che mira a distruggerli, a distruggere l’EZLN e tutte le comunità e i popoli che continuano a lottare per una vita dignitosa.
Firmiamo questa lettera per chiedere a noi stessi e a coloro che credono che la dignità e la parola devono sollevarsi per fermare il massacro che si sta profilando; per chiamare a raccolta coloro che sono d’accordo con l’attuale governo, affinché aprano i loro cuori alle ingiustizie che stanno sommergendo il presente di questo Paese, al di là delle loro affinità o simpatie politiche; affinché possiamo riconoscerci nella necessità di agire con l’obiettivo comune di fermare questa atrocità.
Firmiamo questa lettera perché vediamo l’urgenza di porre fine alla violenza paramilitare in Chiapas, perché non farlo significa lasciare che il Messico sprofondi ancora di più in questa guerra infinita che lo sta distruggendo.
Chiediamo giustizia per Jorge López Santiz. Chiediamo lo scioglimento totale dell’ORCAO. Chiediamo un’indagine approfondita sul governo di Rutilio Escandón.
Chiediamo che il silenzio di López Obrador cessi di essere complice della violenza in Chiapas. Facendo nostre le richieste presentate dal Congresso Nazionale Indigeno (CNI), chiediamo:
- Che sia garantita la salute del compagno Jorge e che gli sia prestata tutta l’attenzione necessaria per il tempo necessario.
- Che si fermi l’attacco armato contro la comunità “Moisés y Gandhi” e che si rispetti il suo territorio autonomo.
- Che gli autori materiali e intellettuali di questi attacchi paramilitari siano puniti.
- Che vengano smantellati i gruppi armati attraverso i quali la guerra contro le comunità zapatiste è attiva e in crescita.
Chiediamo inoltre l’immediata liberazione di Manuel Gómez, base d’appoggio dell’EZLN, di cui non abbiamo dimenticato l’ingiusta detenzione.
Con il CNI, avvertiamo che la guerra che hanno dichiarato contro i popoli originari, custodi della Madre Terra, ci obbliga ad agire in modo organizzato per fermare la crescente violenza e per ristabilire il nostro legame e la nostra cura per la Vita. Invitiamo a manifestare nelle strade, nelle ambasciate e nei consolati, nei centri di studio e nei luoghi di lavoro, nelle reti sociali, dovunque sia possibile e imprescindibile, contro la violenza militare, paramilitare e del crimine organizzato e in difesa della Vita.
Ci invitiamo e vi invitiamo a unire le forze per tessere una giornata di azioni dislocate dal 27 maggio al 10 giugno con un’azione coordinata nazionale e internazionale il giorno 8 giugno.
Che si fermi la guerra contro i popoli zapatisti. Se toccano un@, toccano tutt@.