Riprendiamo le dichiarazioni rilasciate da diversi esponenti delle realtà che hanno dato vita al “Coordinamento 23 maggio”, il quale – quest’ultimo – ha indetto oggi una conferenza stampa a seguito dei fatti di l’altro ieri
All’indomani del pestaggio, perpetrato dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa, di un ragazzo e una ragazza che facevano parte del corteo di giovani universitari, associazioni della società civile e CGIL nei pressi dell’albero di Falcone, gli organizzatori, ossia il Coordinamento 23 maggio, hanno indetto una conferenza stampa, per denunciare l’assurdità della violenza esibita senza alcuna ragione e in assenza di una sia pur minima provocazione.
“Il questore Leopoldo Laricchia deve prendersi le proprie responsabilità, così come qualsiasi persona abbia dato l’ordine di manganellare, anche se a farlo fosse stato il ministro Matteo Piantedosi. Sono forme di repressione della libertà di pensiero che accadono solo nelle dittature” ha detto Marta Capaccioni, rappresentante del Collettivo Our Voice. “Mentre manganellavano gli studenti – ha proseguito – Piero Grasso era sul palco insieme a Maria Falcone e al sindaco Roberto Lagalla, quest’ultimo sostenuto alle elezioni comunali da personaggi condannati per mafia. Gli vorrei dire di non presentarsi più a fare lezioni di antimafia nella facoltà di Giurisprudenza, se non ha il coraggio di schierarsi contro gli abusi ai danni degli studenti che volevano commemorare i martiri della lotta alla mafia. E stavamo facendo antimafia, quella vera, troppo scomoda, forse, anche per Piero Grasso. Chi non prende posizione, di fronte a questi atti, deve vergognarsi”.
Secondo Gabriele Rizzo, del gruppo Officina del Popolo, “da tanti anni è difficile provare a partecipare alle celebrazioni del 23 maggio quando si fanno notare le contraddizioni di alcuni partecipanti. Come ha diritto la Fondazione Falcone a ricordare le stragi, ne abbiamo diritto anche noi. Quello di cui non si ha diritto è privatizzare un pezzo di città, decidendo chi va bene e chi no”. Rizzo ha stigmatizzato “un’antimafia istituzionale fatta di commemorazioni e molto ipocrita. Siamo stati descritti come ‘antagonisti’ e ‘facinorosi’ ma noi rigettiamo questa narrazione e siamo fiduciosi nel fatto che la verità sui fatti di martedì emergerà”. Per Rizzo il ricordo dei martiri della lotta alla mafia “appartiene a tutti e non è possibile escludere alcune parti”.
Jamil El Sadi, di Our Voice, ha ricordato: “il nostro corteo, comunicato un mese e mezzo fa alle autorità, non voleva arrivare all’albero Falcone. Ci saremmo fermati all’altezza di via Leopardi, abbiamo rispettato l’ordinanza del questore ma è nato lo stesso il caos”. L’esponente di Our Voice lancia anche una stoccata alla Fondazione Falcone: “da parte loro c’è silenzio rispetto a quanto accaduto martedì, ci aspettiamo una netta presa di posizione contro la repressione violenta”.
All’incontro con i giornalisti anche Rosario Rappa, responsabile del dipartimento Legalità della Cgil, una delle sigle organizzatrici: “c’è qualcuno, tra cui anche chi era su quel palco il 23 maggio, che vuole accaparrarsi il titolo di ‘antimafia’. Il corteo è stato pacifico dalla partenza”.
“Siamo amareggiati e preoccupati da quanto successo. Abbiamo voluto dare voce ai più giovani, nei cui confronti abbiamo delle responsabilità. Generazioni a cui vogliamo trasmettere i nostri valori” ha detto Luisa Impastato, nipote di Peppino, il giornalista ucciso dalla mafia. “Questo 23 maggio, purtroppo, ha dimostrato che non hanno diritto a esprimere il loro dissenso liberamente. La cosa che ci amareggia di più è che continuiamo a non dare risposte alle domande che questi ragazzi si pongono. Perché è stato impedito l’accesso ai manifestanti e, eventualmente, contestare chi era sul palco?”
Ciò accade mentre il governo nomina a presidente della Commissione Parlamentare Antimafia una figura non certo limpida, ma vicina ad ambienti del terrorismo nero e mentre si moltiplicano episodi di aggressioni violente di poliziotti e guardie armate contro cittadini inermi. Tempi bui, cui il movimento nonviolento ha il dovere di rispondere con mosse spiazzanti che, siamo certi, sarà capace di inventare.