Da più di dieci anni l’ingegnere-architetto catanese con la sua associazione Balouo Salo si occupa di progetti di solidarietà e cultura in chiave sostenibile in Senegal. Un paese che ormai sente suo, dove vive per metà dell’anno con la famiglia che lo ha adottato rendendolo un vero membro della comunità, tanto da essere ormai considerato un “africano bianco”. «I nostri progetti non vengono sovvenzionati da bandi internazionali, ma da donazioni private e rimangono indipendenti e legati strettamente al territorio».
Pozzi, trivelle, depuratori. E ancora ecografi, un centro polivalente per le arti, una casa per le donne. Uno dopo l’altro, i progetti portati avanti in Senegal dall’associazione Balouo Salo, presieduta dall’ingegnere-architetto catanese Raoul Vecchio, prendono forma, dimostrando quanto la caparbietà, unita ai valori di solidarietà e cooperazione e alle competenze professionali nell’architettura sociale attraverso progetti umanitari, sia in grado di dare grandi risultati.
Da ormai dieci anni infatti Raoul Vecchio si divide tra la sua Acicastello in provincia di Catania e i villaggi del Casamance in Senegal. E di cose ne ha fatte davvero tante in quei luoghi che ormai per lui sono casa, visto che Raoul è stato letteralmente adottato dalla famiglia del suo amico-fratello Jali Diabate, musicista senegalese ormai da vent’anni in Sicilia. Belle storie di integrazione come quella di Fabourama e la sua Kanò Sartoria sociale. «Sono sempre stato innamorato dell’Africa – spiega Raoul Vecchio – come se ci fosse un legame preesistente. Il destino ci ha messo la sua, facendomi incontrare Jali».
La vita di Raoul Vecchio: da dieci anni tra Catania e il Casamance
Comincia così dieci anni fa l’avventura di Raoul Vecchio, che ormai è un vero e proprio africano bianco. «Quando mi ha parlato dei problemi della regione di Sedhiou, ho pensato che avrei potuto mettere la mia professionalità al servizio di questa terra. La famiglia di Jali mi ha adottato, dandomi il nome di Cheickna. Mia madre adottiva, Fatoumata Kouyate, è un’importante griotta del villaggio di Baghere e per questo vengo trattato non solo come un locale, ma addirittura come un griot, un promotore della cultura secolare».
E infatti, il griot bianco Raoul – Cheickna, che ormai trascorre in Senegal almeno metà dell’anno – suona la kora, parla il mandinga e si interessa ai problemi quotidiani della comunità. «Sentire pronunciare il mio nome mandinga dai più anziani è una sensazione di incredibile gratificazione perché vuol dire che non vengo considerato come un bianco visitatore, ma come una persona locale. Sono diventato uno a cui chiedere consiglio in caso di problemi». Raoul ha infatti raccolto le necessità maggiori di questa regione che sono legate soprattutto all’acqua, alla sua scarsità e contaminazione e ai problemi di malnutrizione e allo scarso accesso alla cultura.
I progetti di Balouo Salo, dal ponte diga alle scuole
All’inizio, il progetto di Raoul Vecchio e della sua Balouo Salo – che è poi quello che da il nome all’associazione – era davvero molto ambizioso: costruire un grande “ponte-diga” anti sale in grado di risolvere il fenomeno idrologico di intrusione salina del fiume Casamance. Nella Vallata di Tanaff infatti, a causa dei cambiamenti climatici, le maree dell’Oceano Atlantico inondano terreni coltivabili e contaminano l’acqua dei pozzi. E lì, dove l’agricoltura è l’unica fonte di sostentamento, le comunità – circa 80mila persone in 350 villaggi – soffrono malnutrizione e povertà.
Per Raoul Vecchio la formazione e la sensibilizzazione verso i progetti hanno un ruolo essenziale
«Il progetto del ponte-diga è partito come una grande opera comunitaria anche se, purtroppo, a causa delle difficoltà di relazione tra alcune delle amministrazioni, ha subìto uno stop. Da due anni, il progetto è stato donato al ministero dell’Agricoltura del Senegal che dovrebbe scavalcare i conflitti locali tra le varie amministrazioni». I progetti di Balouo Salou non si fermano solo al ponte, però. In questi anni, Raoul ha avviato e portato a termine tante altre iniziative di solidarietà e tante ne sogna ancora – come succede a tanti altri italiani che si innamorano dell’Africa, ad esempio come Eleonora e Umberto di Noura.
Pozzi alimentati a energia solare che grazie a un sistema di depurazione a osmosi garantiscono acqua potabile a migliaia di persone in vari villaggi della vallata. Progetti che non vengono sovvenzionati da bandi internazionali, ma da donazioni private e che rimangono indipendenti e legati strettamente al territorio. «Sono convinto che i progetti che non tengono in considerazione l’identità territoriale e le necessità della popolazione siano spesso fine a sé stessi».
«Noi ci basiamo su collaborazione e consapevolezza e sappiamo quanto sia essenziale coinvolgere le comunità locali e insegnare loro come intervenire e utilizzare le tecniche apprese in altri progetti». Progetti che si rincorrono e che vanno dalla donazione di ecografi portatili con sonde alle strutture mediche del Comune di Baghere alla realizzazione di mini-forage con impianto solare per l’estrazione e la potabilizzazione dell’acqua di falda in vari villaggi, fino alla donazione di banchi alle scuole (banchi realizzati in laboratori artigianali aperti localmente) e alla ristrutturazione di scuole fatiscenti.
Il centro polivalente di Tanaff, luogo di cultura e turismo
E a breve ci sarà anche l’importante inaugurazione del Centro Polivalente Culturale – Museo della culture e delle tradizioni a Tanaff: un’opera realizzata in maniera del tutto sostenibile e solo da persone del posto. Si tratta di un’architettura di 1200 metri quadri che usa la tecnologia conosciuta come earthbags ovvero la sovrapposizione di sacchi riempiti di terra che costituisce un metodo di costruzione ecologico, che valorizza le risorse naturali a Km0 e migliora il comfort ambientale nell’aspetto igro-termico e acustico, fornendo un modello di costruzione votato al miglioramento delle condizioni di vita e risposta ai cambiamenti climatici in quanto l’uso del cemento è ridotto del 90%.
Cantiere del Centro Polivalente di Tanaff
Quello che nascerà sarà un centro polivalente culturale, gestito solo da persone locali, che ha come obiettivo la promozione di attività educative e culturali volta a favorire lo sviluppo socio-economico e la conservazione del patrimonio culturale. «Come griot – sottolinea – penso che il mio compito sia anche quello di preservare e tramandare la tradizione locale. Il centro polivalente e il museo destinati alla tutela delle culture senegalesi costituiranno un grande polo attrattivo culturale per tutta la Regione».
Il Centro dovrebbe essere inaugurato entro qualche mese e, intanto, i progetti futuri non mancano. «Vogliamo realizzare tre strutture importanti – conclude – come un centro per la malnutrizione infantile, uno per la maternità e un centro di formazione per le donne. Sono piccoli grandi progetti che cercheremo di realizzare, come sempre, a partire dal basso e innescando solidarietà». D’altra parte, il mantra di Raoul è sempre stato: «Quello che si tiene dentro si perderà come una barca alla deriva, ciò che si regala agli altri invece esisterà per sempre».