Manifestazione a Pianello d’Ostra, nel senigalliese, per sollecitare la messa in sicurezza del territorio.
A otto mesi da quel nefasto 15 settembre hanno deciso di manifestare per rivendicare la messa in sicurezza del territorio e chiedere alla Regione Marche quegli interventi strutturali non più rinviabili. Sabato pomeriggio i comitati degli alluvionati insieme al “Coordinamento Volontar* alluvione” si sono ritrovati in circa duecento a Pianello d’Ostra, a pochi chilometri da Senigallia, con l’intento di dare un forte segnale alle autorità pubbliche.
Pianello è stato uno dei paesi più colpiti dalla tragedia che complessivamente ha contato ben tredici morti. In realtà un primo momento di mobilitazione si era verificato a due settimane dall’alluvione, quando qualche centinaio di persone, di cui molte provenienti da Senigallia, approfittando della scadenza nazionale di Fridays for Future, si erano ritrovate davanti al palazzo della Regione rovesciando una dozzina di sacchi di fango frutto del lavoro di centinaia di giovani e meno giovani organizzati fin dalle ore successive all’alluvione dallo Spazio Autogestito Arvultura di Senigallia, le Brigate di Solidarietà attiva, le Brigate Volontarie per l’Emergenza e Potere al Popolo. Immagini riprese da molti mass media nazionali a testimoniare la volontà di denunciare le politiche di cementificazione e devastazione territoriale portate avanti in questi anni da chi ha governato le Marche, fondamentalmente giunte targate Pd e ora dalla maggioranza di destra guida da Francesco Acquaroli, FdI, che qualche anno fa “festeggiava” l’anniversario della Marcia su Roma.
Certamente decenni di malgoverno del territorio, di antropizzazione selvaggia, tra capannoni industriali e insediamenti abitativi a ridosso dei fiumi, in questo caso il Misa e il Nevola, non si possono risolvere in poco tempo, ma gli interventi seguiti all’alluvione del 15 settembre sono stati pochi e insufficienti, alcuni molto criticabili in quanto inefficaci e controproducenti, come hanno denunciato i rappresentati dei comitati sabato pomeriggio.
“La valle del Misa-Nevola è un territorio vasto, comprensivo di 17 Comuni e centinaia di frazioni. Gli insediamenti sono per lo più di piccola/medio-piccola dimensione, distribuiti in modo capillare su tutto il bacino idrografico” ha sottolineato Anna, intervenuta a nome del Coordinamento presente con un folto gruppo di attivisti riuniti dietro l’eloquente striscione “Misa e Nevola bene comune”. “Numerosi fenomeni di dissesto idrogeologico sono ancora in attesa di adeguati interventi di consolidamento e/o ripristino dei versanti. Chi vive il territorio sa bene quali siano le principali difficoltà, specie in caso di emergenza: spostamento lungo le vie di comunicazione, connessioni. Oggi siamo qui, come Coordinamento Volontarie/i Alluvione per rivendicare, prima di tutto la messa in sicurezza del territorio.
Rendere un territorio più sicuro non significa agire a ridosso di un potenziale evento disastroso o a posteriori, quando i danni sono ormai incalcolabili; significa piuttosto prendersene cura nel breve, medio e lungo periodo, sia come singoli che come comunità abitante. A fronte di un bacino idrografico che ha subito consistenti trasformazioni da settant’anni a questa parte (per esempio impermeabilizzazioni della piana alluvionale e della costa, progressive variazioni di uso del suolo con conseguente riduzione della componente vegetazionale, rettifiche del corso fluviale, chiusura di fossi scolmatori, ecc.) chiediamo di ripensare completamente la gestione del sistema fiume in chiave sostenibile, integrata, pubblica. Ciò comporta programmare “a sistema” e “su ampia scala” adeguati interventi di mitigazione del rischio, con l’obiettivo di ridurne le cause e contemporaneamente garantire la tutela e la salvaguardia dell’ecosistema fiume”.
Soprattutto è necessario muoversi in un’ottica di governo del territorio incentrata sulla partecipazione di chi ci vive, non come soggetti passivi che subiscono le politiche dall’alto, ma dando vita a percorsi di “accertamento popolare”. Serve una vigilanza costante a fronte del rito delle allerta meteo che ormai si succedono (35 negli ultimi 5 mesi), un rituale burocratico delle autorità preposte che vuole mettersi al riparo da qualunque responsabilità, con lo sconcerto delle popolazioni locali che non riescono a comprendere quando il pericolo è reale o no.
Quindi messa in sicurezza dell’area e, visto che i soldi ci sono, rimborsi rapidi per chi ha subito danni, con relativo snellimento delle procedure, facendo in modo che i finanziamenti finiscano “nelle tasche giuste” e non vadano nella direzione sbagliata.
La manifestazione si è conclusa con un monito preciso: la prossima volta ci ritroveremo sotto la Regione.