Mosaico dei giorni 8 maggio 2023 – Tonio Dell’Olio
“Non è razzismo, sono solo insulti!”.
È questa la risposta più frequente che si riceve da alcuni settori delle tifoserie e persino da dirigenti dei club blasonati.
Talvolta non lo dicono ad alta voce per essere (o apparire?) politically correct, ma sono certo che lo pensano.
E il motivo è semplice: siamo abitati da una idea di razzismo che si è surgelata al Ku-Klux Klan e siccome i tifosi che fanno cori anonimi e vigliacchi non indossano i cappucci bianchi, non sono razzisti.
E allo stesso modo si pensa che se non inveiscono contro i neri ma contro i gay non è razzismo.
Se non sono suprematisti bianchi ma semplicemente scemi, non sono razzisti.
E invece sono razzisti eccome.
Anzi ne costituiscono la peggiore delle involuzioni estensive perché individuano nuove categorie di umanità contro cui prendersela.
Gli episodi che riguardano Lukaku, Vlahovich e altri calciatori di serie A sono solo le vergogne più conosciute. Nei campetti di periferia avviene molto di peggio.
Pertanto sbaglia chi afferma: “Non è razzismo, sono solo insulti!”. Sono “insulti razzisti”.