Un altro 25 Aprile è passato con la sgradevole sensazione che “l’antifascismo” stia sempre più scivolando verso una retorica senza veri contenuti antagonisti.
Gli striscioni e gli slogan contro la guerra sono stati la parte veramente significativa delle manifestazioni di piazza. Quella veramente capace di segnare una linea di demarcazione netta tra chi sta col sistema e chi invece sta con la gente.
A parte questo, uno striscione dell’ANPI ha attirato la mia attenzione. Vi era scritto: “partigiani della Costituzione”. Concetto dalle intenzioni condivisibili, ma che necessita di qualche riflessione.
In effetti mai come oggi la nostra Costituzione sembra essere sotto attacco. Il governo di destra tira dritto. Dall’ipotesi presidenzialista alla flat tax in chiara contraddizione con quanto stabilito dall’Art 53 della Carta sulla progressività delle imposte, alla aperta partecipazione del nostro paese alla guerra con l’invio di armi all’Ucraina in negazione dell’ Art. 11 dove sta scritto che “L’Italia ripudia la guerra”.
Al di là delle singole violazioni che sempre più spesso si ripropongono, quello che più dovrebbe impressionarci è tuttavia il fatto che ormai l’intero impianto della nostra Carta, l’insieme dei valori e dei principi primi che l’hanno fondata, quello che potremmo definire il suo “spirito originario” e il suo “cuore pulsante”, è ormai da tempo sotto attacco. Anzi potremmo dire che è stato di fatto cancellato.
Ai tempi dell’Assemblea Costituente nacque un dibattito se la Carta dovesse avere solo valore normativo od anche programmatico (i diritti sociali come lavoro, scuola, sanità ecc. non erano immediatamente esigibili, ma costituivano una sorta di “promessa di futuro”). I Costituenti non ebbero dubbi sul fatto che l’impegno andava preso e che la nostra sarebbe stata una “Costituzione Programma”. Se volessimo sintetizzare con una formula il contenuto fondamentale della Costituzione Italiana potremmo indicarlo come “La Repubblica come impegno a garantire le libertà e a far crescere nel tempo la democrazia progressiva e l’uguaglianza sociale”.
Grazie alle grandi lotte popolari, soprattutto di operai lavoratori donne e studenti, dei cosiddetti “trenta gloriosi” (gli anni 50, 60 e 70), ed anche in ragione di una favorevole situazione internazionale che spingeva i governi verso ciò che è stato definito il compromesso keynesiano, in pratica le politiche del welfare e del miglioramento delle condizioni dei ceti meno abbienti, la nostra Costituzione, nella prima parte della sua esistenza, ha avuto una sua vigenza ed una sua concreta attuazione, sebbene sempre parziale e contraddittoria, e sempre subordinata al concreto darsi dei rapporti di forza tra le classi.
Poi negli anni 80 si è ovunque imposto il neoliberismo e la nostra Costituzione è stata messa prima in stand by, e poi con la nascita dell’Europa di Maastricht e con l’affermarsi della Seconda Repubblica è stata definitivamente affossata. Negata non solo nei singoli punti del suo articolato, ma nei suoi valori fondanti. Non solo ferita ma come pugnalata al cuore.
Di fatto una nuova Costituzione di stampo neo liberista si è affermata al posto della nostra ormai defunta Carta. La sostanza della nuova “Norma Fondamentale” che domina ormai il farsi della politica, del diritto e dell’economia dei nostri tempi, così potrebbe essere sintetizzata: “libera circolazione delle merci e dei capitali in uno spazio globale, dominato dalle grandi potenze della guerra e dalla competizione senza regole fondata sull’etica dell’egoismo proprietario dello homo oeconomicus.” Una nuova Costituzione materiale pienamente efficace che agisce come un fantasma perché mai ufficialmente decretata e che affermandosi cancella la nostra Costituzione formalmente ancora vigente ma di fatto del tutto inefficace.
Come si può vedere il male viene da lontano e i giochi sono stati fatti già da molto tempo. La storia della Seconda Repubblica è la storia di un misfatto, in cui tutto il mondo della politica e delle istituzioni è ugualmente colpevole senza distinzioni tra (finta)sinistra e destra. Anzi a volerla dire tutta, le responsabilità del Partito Democratico, per il ruolo avuto in certi passaggi cardine, sono superiori a quelle di altre forze politiche. Chiedere a tal proposito al “compagno” (si fa per dire) D’Alema e ai suoi sodali, sul completo smantellamento dell’industria di Stato a partire dagli anni 90 o sulla approvazione del titolo V della Costituzione. Oppure in tempi più recenti, chiedere a Renzi sul famigerato Jobs act, o anche a Bonaccini sulle vicende che portano alla attuale autonomia differenziata.
Il governo Meloni naturalmente non vedeva l’ora di raccogliere questa eredità per prendersi la soddisfazione di affondare il colpo finale e potere così seppellire il cadavere della tanto odiata Costituzione nata dalla lotta partigiana. I piagnistei scandalizzati e ammantati di tanta ipocrita retorica antifascista dei vertici del PD e della sinistra istituzionale sono solo inganno. (Anche se sinceramente dispiace doverlo dire pensando all’onesta intellettuale di tanti militanti di base, che tuttavia sono nella rete e non sembrano capaci di uscirne da soli).
Occorre dunque difendere la nostra Costituzione?
Io credo che non basti. In realtà sarebbe necessario un processo di destrutturazione del neo liberismo e l’apertura di un nuovo processo costituente in cui recuperare il meglio della nostra Carta da fare rivivere però entro i nuovi valori e i nuovi diritti nati nelle lotte di liberazione contro l’imperialismo e il dominio sessista e di classe.
Qui si apre un altro discorso che riguarda le prospettive e i possibili rapporti di forza e che si presenta irto di difficoltà, ma la cui complessità non può mai giustificare la ricerca di scorciatoie e di compromessi al ribasso.
Non so se una nuova “rivoluzione” è possibile, ma certamente è necessaria.