Le celebrazioni per il 25 aprile a Torino sono iniziate con la consueta fiaccolata serale del 24, partita da piazza Albarello e conclusasi in piazza Castello dove era presente il palco per gli interventi istituzionali.
La fiaccolata di quest’anno è stata meno rituale del solito, innanzitutto per il progetto, in atto da alcuni mesi, di creare un coordinamento antifascista torinese in risposta alla revisione storica e culturale della resistenza al nazi-fascismo ad opera della destra al governo. Questo tentativo ha permeato gli interventi dal palco che sono stati quasi tutti centrati nel racconto delle condizioni storiche e sociali che hanno portato al 25 aprile del 1945, per ridare le giuste proporzioni ad una storia che troppo spesso si cerca di riscrivere e revisionare.
In secondo luogo, perché le tensioni sociali si sono presentate anche in questo appuntamento che normalmente ne è relativamente esente: in questo caso il conflitto si è manifestato sulla questione cruciale della partecipazione alla guerra in Ucraina attraverso l’invio di armi dall’Italia e sul sempre più preoccupante attivismo militare della NATO.
Sul palco sono intervenuti Bruno Segre (ex partigiano), Daniele Valle (presidente del comitato Resistenza e Costituzione), Stefano Lo Russo (Sindaco di Torino) e Barbara Berruti (direttrice Istoreto); in questo ambito risultano molto interessanti gli approfondimenti di carattere storico.
Daniele Valle spiega perché la tendenza a minimizzare il ruolo della Resistenza nella liberazione dell’Italia dal Nazi-fascismo sia molto pericolosa in quanto depotenzia la scelta di campo fatta da tanti giovani italiani, scelta che sta alla base della nostra Costituzione.
Per ribadire l’importanza di questa scelta Valle dà alcuni dati: 250.000 italiani hanno scelto di fare i partigiani, numero che ha raggiunto i 500.000 nelle fasi finali della liberazione, di cui 70.000 donne.
600.000 soldati hanno rifiutato di aderire alla Repubblica Sociale, subendo per questa scelta il campo di prigionia, 300.000 soldati si sono aggiunti agli eserciti liberatori risalendo da sud.
L’esercito tedesco ha dovuto dispiegare in Italia del nord sette divisioni corazzate per tenere testa ai partigiani di cui tre in Piemonte.
I partigiani erano supportati economicamente dagli Alleati con 180 milioni di lire al mese.
Senza l’intervento dei partigiani la guerra sarebbe durata molto più a lungo con conseguenze difficilmente immaginabili, perciò, dal punto di vista militare, la Resistenza ha fatto la differenza.
La Resistenza ha fatto la differenza anche da un punto di vista morale perché la sua forza ha consentito all’Italia di sedere da pari al tavolo della pace evitando che venisse divisa o governata da generali stranieri.
Barbara Berruti approfondisce il tema con il racconto storico dei giorni dell’insurrezione popolare a Torino di fine aprile ’45. L’ordine insurrezionale parte il 24 aprile, preparato qualche giorno prima, il 18 aprile, dallo sciopero pre-insurezionale che ha fermato le scuole, i tram e le fabbriche; le parole d’ordine sono libertà e democrazia che in quel momento non avevano nessun significato retorico, ma erano un formidabile tracciante verso una condizione sconosciuta in precedenza. L’obiettivo dichiarato dell’insurrezione era difendere le fabbriche, occupate dagli operai, e cacciare via le forze naziste e fasciste con l’aiuto delle formazioni partigiane che sarebbero calate in città. Era fondamentale fare presto perché la liberazione doveva avvenire prima dell’arrivo degli alleati. Infatti, quando gli alleati entrano a Torino il 3 maggio del 1945 trovano una città perfettamente funzionale.
L’insurrezione dell’aprile del 45 chiude un processo di liberazione della città iniziato già durante i grandi scioperi del ‘43 a cui parteciparono sia operai politicizzati che giovani con nessuna esperienza politica e donne, che in quel momento rappresentano un terzo della forza lavoro. Le donne avranno un ruolo non secondario nella resistenza, anche perché fascisti e nazisti hanno difficoltà a riconoscerne il ruolo.
L’intervento della dottoressa Berruti è stato disturbato dall’arrivo in piazza dello spezzone sociale del corteo con slogan contro l’invio delle armi in Ucraina e la NATO: l’incontro di questo spezzone del corteo con una parte della piazza in cui erano presenti bandiere della NATO ha causato una prevedibile tensione ed una carica della polizia in mezzo alla folla che ha provocato qualche ferito ed un ondata di panico tra i presenti in piazza Castello.
Al termine della cerimonia ufficiale alcuni manifestanti hanno occupato il palco affiggendo lo striscione Partigiani della Pace: si definiscono partigiani perché hanno ereditato dai loro padri e nonni gli ideali di pace e giustizia sociale; ideali che non possono essere perpetrati da sovrastrutture militari come la NATO. All’invio delle armi in Ucraina contrappongono l’aumento della spesa per scuola e sanità nel pieno rispetto della Costituzione nata dalla Resistenza.