Lo sapevamo da tempo, che la sorveglianza di polizia si accaniva contro chi salvava vite in mare, basti pensare come sono partite in Italia le indagini sul caso-Iuventa nel 2016, su segnalazioni generiche di Frontex, prontamente rilanciate dallo SCO del Ministero dell’interno, e poi al sottomarino fantasma che la difesa di Salvini sta usando per intorbidare i fatti e capovolgere i ruoli processuali nel procedimento penale in corso a Palermo contro l’ex ministro. Adesso arriva la conferma che l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne Frontex , in collegamento con Europol, e possiamo aggiungere anche Eurosur, opera sistematicamente schedature sulle persone che soccorrono ed assistono o migranti o i naufraghi, anche sulla base di interrogatori di persone appena soccorse, magari prima che queste siano informate della identità degli agenti che fanno le domande e dei diritti di difesa o di asilo che comunque potrebbero fare valere.
Un collegamento multiagenzia era previsto dall’ultimo Regolamento europeo Frontex n. 1896/2019 di Frontex, che stabiliva un raccordo permanente tra tutte le agenzie di sicurezza europee e le polizie dei singoli Stati membri, ed anche questo era ampiamente noto, mentre emerge soltanto adesso come al centro delle attenzione delle forze di polizia non ci fossero i trafficanti, o i presunti scafisti, ma gli operatori umanitari delle ONG. Le finalità di questi controlli sono evidenti, ed anche i risultati. Nessun vero trafficante arrestato nei paesi di origine e transito a seguito di indagini condotte da Frontex, per le coperture offerte alle organizzazioni criminali dagli stessi governi con cui si stipulano Memorandum d’intesa contro l’immigrazione illegale, ed invece si moltiplicano i processi contro chi salva vite in mare e presta assistenza a terra, chiamato a rispondere dell’accusa di agevolazione dell’ingresso irregolare. Ed anche una selva di arresti eclatanti e poi di condanne contro scafisti per necessità, alcuni dei quali, se assistiti da avvocati che si impegnano nella loro difesa, ottengono l’assoluzione, magari dopo anni di ingiusta carcerazione preventiva.
L’Agenzia Frontex è collegata anche in base al Regolamento europeo n.1896/2019 con l’operazione IRINI di Eunavfor Med, a guida italiana, punta “di diamante” dell’azione esterna dell’UE nel Mediterraneo centrale, che ha il compito di sorvegliare le coste libiche per prevenire contrabbando di petrolio, traffico di armi e immigrazione clandestina. Una missione che sorveglia e non soccorre, anche se è ubicata nella parte orientale della cosiddetta zona SAR “libica”, quella delle rotte che partono dalla Cirenaica, dalla zona di Tobruk in particolare. I più recenti dati su questa operazione confermano come non abbia concorso a salvare neppure un naufrago, mentre è attiva nel monitoraggio delle imbarcazioni delle ONG che, malgrado tutti gli ostacoli frapposti dai governi degli Stati costieri, continuano a soccorrere ed a garantire lo sbarco in un porto sicuro. Dal 2017 Frontex ha ritirato tutti gli assetti navali che potevano soccorrere e mantiene soltanto piccole imbarcazioni che collaborano con la Guardia di finanza nelle attività di law enforcement e qualche assetto aereo che segnala ai libici le imbarcazioni da intercettare in acque internazionali. Per questa ragione occorre eliminare tutti i possibili testimoni di operazioni di “soccorso” in alto mare, che in realtà nascondono veri e propri respingimenti collettivi su delega europea.
La “guerra” di Frontex contro le organizzazioni non governative si è inasprita da quando queste ultime hanno denunciato, anche al Tribunale penale internazionale, l’operato dei vertici di Frontex e degli agenti di polizia che ne fanno parte, per avere partecipato o gestito direttamente respingimenti collettivi illegali, detenzioni arbitrarie o per avere inflitto trattamenti inumani o degradanti. Non sono bastate neppure le dimissioni forzate del Direttore dell’agenzia Fabrice Legeri, travolto dalle accuse di opacità e di complicità nei respingimenti collettivi, scaturite da una indagine interna dell’OLAF, il nucleo antifrode del Parlamento europeo, per un cambio nella linea di attacco dell’agenzia contro le ONG.
Purtroppo la giustizia internazionale è assai lenta, e sul piano nazionale lo scandalo delle intercettazioni di avvocati, docenti universitari, giornalisti nel processo Iuventa a Trapani è rimasto senza conseguenti sanzioni, e quindi rimane diffuso un senso di totale impunità per qualunque abuso di polizia commesso in attività di indagine contro gli operatori umanitari. Del resto la costruzione del “nemico interno”, identificato in chi assiste a terra o salva i migranti in mare, e la criminalizzazione dei soccorsi umanitari sono operazioni mediatico-politiche ormai ampiamente riuscite con gli esiti elettorali che vediamo. Alle quali si cerca di dare adesso nuovi impulsi in Italia, con atti di natura amministrativa, come i fermi delle navi umanitarie, che possono tramutarsi in sequestri o confische, in base al nuovo Decreto legge n.1 del 2023, se dalle indagini di polizia, in particolare dalle intercettazioni o dagli interrogatori dei naufraghi, si arriva a costruire una qualsiasi accusa di violazione delle regole di soccorso imposte per decreto, magari in violazione di Convenzioni internazionali o di Regolamenti europei.
Il dossier sulle schedature di massa operate da Frontex ed Eurosur conferma come la sfida per la democrazia in Europa nei prossimi anni si giocherà sullo scontro tra i governi, ormai quasi tutti di destra, che dettano una linea anche al Consiglio ed alla Commissione europea, e le Organizzazioni non governative, dunque con i cittadini solidali, con quella che una volta si definiva “società civile”, ma che oggi appare dispersa in mille rivoli e priva di una rappresentanza politica in Parlamento che ne difenda le ragioni. A rischio le Carte dei diritti fondamentali e le Costituzioni nazionali, il principio di separazione dei poteri e dunque lo stato di diritto, base della democrazia europea. Come Orban è riuscito a fare in Ungheria, malgrado sentenze di condanna della Corte di Giustizia, tanti piccoli Orban cercano adesso di dare il colpo finale alle Organizzazioni non governative. Con le prossime elezioni europee quei partiti populisti che hanno tradito il disegno eurounitario, basato sulla inclusione e sulla partecipazione, potrebbero avere la maggioranza e distruggere, con il prevalere dei sovranismi nazionali, quello che resta dell’originario progetto democratico europeo. Che gli spazi democratici si stanno restringendo in tutta Europa lo confermano i processi in corso contro gli operatori umanitari in Grecia ed ancora in Italia, malgrado numerose archiviazioni. E poi procedimenti amministrativi contro chiunque si opponga alle politiche di morte dell’Unione Europea e degli Stati membri. Come si sta verificando anche a Catania, dove un giovane attivista antirazzista è stato raggiunto da un ordine di lasciare la propria città, soltanto per avere affisso un volantino di protesta sui muri della sede supersorvegliata di Frontex.
Contro questa involuzione autoritaria degli enti di controllo delle frontiere, come Frontex, che corrisponde anche ad una generale compressione della libertà di associazione, occorre opporre la massima solidarietà e documentare tutti gli abusi che si continuano a commettere in nome della “difesa dei confini nazionali” e della “lotta contro l’immigrazione illegale”. Uno scontro impari, certo, nel breve periodo, ma anche una scelta obbligata per chi rifiuta di omologarsi all’indifferenza ed alla rassegnazione.