In un piccolo parco al di là del fiume Oronte, in una zona centrale di Antiochia, un policlinico composto di tende e container è stato allestito da medici, dentisti, veterinari e altri lavoratori sanitari volontari. Il Dr. Onur Naci Karahancı mi mostra i depositi per le medicine e i container usati come alloggi; poi arriva un furgone con dei pacchi di detersivo da scaricare: «Continuiamo l’intervista solo se ci aiuti», mi dice scherzando. Ci impieghiamo pochissimo, in quattro o cinque persone, ma un flacone cade a terra, il detergente giallo per i piatti sotto la pioggia inizia a insaponare il pavimento. Nel frattempo da uno dei palazzi danneggiati poco distanti cade un calcinaccio.
Entriamo nella tenda dove ogni sera i lavoratori del policlinico e di altre associazioni si riuniscono per discutere dei casi visti durante la giornata, per capire priorità e urgenze e pianificare i giorni successivi. «Quando siamo arrivati ad Hatay, subito dopo il terremoto, ci siamo installati in un parco qui vicino, il Sevgi Park. Con gli altri lavoratori sanitari avevamo creato una specie di piccola via della sanità, con diversi posti medici. Abbiamo iniziato a lavorare come un piccolo ministero della salute, perché non c’era nessun altro che lo faceva, tanto meno il Ministero della Salute».
Il Dr. Karahancı è membro del consiglio della Associazione Medica Turca (TTB), che lavora su diversi temi con altrettante commissioni e organizza interventi in casi di emergenza con la partecipazione dei suoi associati, che fanno turni extra come volontari. «È stato solo dopo 23 giorni che il governo è venuto a visitarci e la prima cosa che ci ha detto è stata che dovevamo andare via. Volevano che ci spostassimo in un altro posto, lontano dal centro della città e dopo alcuni giorni la polizia ci ha attaccato. Noi ritenevamo fondamentale invece rimanere lì, dove le persone ci potevano raggiungere facilmente, camminando; per noi questo era il modo di rispettare il giuramento di Ippocrate e abbiamo chiesto di trasferirci nel posto dove siamo ora. Dopo giorni molto stressanti la nostra controproposta è stata accettata e siamo riusciti a non farci mandar via dal centro, ma abbiamo dovuto spostare da soli le tende e i container, con tutto quello che vedi al loro interno, senza che la polizia e quelli del governo alzassero un dito per aiutarci».
Nel nuovo parco il policlinico è di nuovo funzionante, c’è un posto dedicato alla salute femminile, un altro alla psichiatria, uno ancora per le visite oculistiche e un altro per quelle audiometriche. Ci sono poi la tenda dei dentisti dell’Organizzazione Odontoiatrica Comunitaria (TDH) e quella del Dipartimento dei Servizi Veterinari del Comune di Istanbul. Seduto ad un banchetto c’è persino un ottico che ripara gli occhiali. Il policlinico funziona con l’appoggio del TTB, del SES (Sindacato dei Lavoratori della Salute), e delle altre organizzazioni professionali, sulla base di lavoro volontario e, per la gran parte dei medicinali, dei macchinari e delle strutture, grazie a donazioni raccolte nel paese e all’estero. Dalle stesse organizzazioni, oltre a quella Antiochia, sono state organizzate altre cliniche da campo nella provincia, una ad esempio è stata installata a Samandağ, un’altra delle città più fortemente colpite dal sisma. Inoltre, grazie ad alcuni veicoli, il gruppo di medici e operatori sanitari volontari è attivo anche con cliniche mobili che possono raggiungere i villaggi e i luoghi più lontani dalle zone urbane.
I danni subiti da ospedali e istituzioni sanitarie ad Hatay sono stati ingenti; in particolare nei distretti di Antakya e Defne, situati al centro della provincia, il più densamente popolato, i maggiori ospedali e diverse cliniche sono inutilizzabili e sostituiti da ospedali da campo, il che non impedisce il collasso del sistema nel suo complesso. In un report datato 2-4 marzo, l’Associazione Medica Turca ha fornito un quadro abbastanza completo della situazione di questo due distretti e di quello di Iskenderun, mettendo in rilievo le difficoltà per quanto riguarda i servizi ospedalieri e la insufficienza delle cure primarie. È stato inoltre rimarcato che l’accesso alle cure e ai farmaci è reso difficile dalla dislocazione degli ospedali da campo fuori città e che gli operatori sanitari lavorano in condizioni precarie dovute all’insufficienza degli alloggi o al sovraffollamento degli stessi.
La Presidente dell’associazione, Şebnem Korur Fincancı, aveva alcune settimane fa richiamato l’attenzione sulla disparità con cui le autorità stavano fornendo servizi sanitari extra in base alla diversa propensione elettorale delle province, denunciando inoltre l’eccessivo carico di lavoro sugli operatori sanitari, sottoposti a turni massacranti anche quando sono essi stessi sopravvissuti al terremoto. Questa pressione sui lavoratori sanitari è in realtà destinata ad aumentare, visto che gli aiuti stranieri sono stati limitati alle prime settimane del post-terremoto. È per esempio il caso dell’Ospedale da campo italiano EMT2 (Emergency Medical team type) allestito dalla Regione Piemonte e dalla Protezione Civile italiana ad Antiochia: i 70 tra medici, lavoratori sanitari e logisti italiani, sono stati ora sostituiti da colleghi turchi, dopo che il 19 marzo l’ospedale è stato ufficialmente donato al governo della Turchia.
Se, in una conferenza stampa tenuta il 4 marzo, il Prof. Dr. Recep Öztürk, della Commissione per la salute pubblica post-terremoto del Ministero della Salute, ha affermato che «il periodo di emergenza acuta legato al terremoto sta per finire» e che, grazie all’aumento dei servizi igienici e delle lavanderie mobili, le infezioni riscontrate rientrano nella normalità, i medici dell’Associazione Medica Turca sono di diverso avviso. Secondo il Dr. Karahancı soprattutto la medicina preventiva è quasi del tutto assente. Sono stati segnalati il rischio di insorgere di epidemie dovute alla mancanza di igiene, le difficoltà di cura per i malati cronici e di vaccinazione per i bambini. Uno dei problemi più gravi della provincia nel dopo-terremoto è la mancanza di acqua potabile. Anche se dopo i danni subiti dalla rete idrica l’erogazione di acqua corrente è stata ripristinata, la presenza di batteri rende pericoloso il suo uso per bere, cucinare e per farsi la doccia, come ha sottolineato l’Associazione degli Ingegneri, Architetti e Urbanisti del Popolo in un report basato sull’analisi di campioni di acqua prelevata dai pozzi, com’è pratica diffusa nella provincia.
Le cure primarie sono al centro delle attività anche di associazioni e ong turche e straniere. Nel distretto di Defne incontro la Dott Ssa filippina Maria Fe Prevendido-Moses, della organizzazione Operation Blessing, che lavora insieme ad altre ong straniere come The Humanitarian Project, Progetto Arca, L’Albero della Vita, Fondazione Paoletti, sotto la coordinazione della spagnola Remar. La dottoressa, insieme al collega Dr. Wendell Asuncion e ad altri medici e infermieri, oltre all’assistenza medica in loco, con una ambulanza che funziona da clinica mobile, visita quasi giornalmente villaggi e altre città di Hatay. Dalle sue parole traspare preoccupazione per i molti casi di gastroenterite e per alcuni casi di scabbia riscontrati nelle visite sul campo. «La mancanza di acqua potabile è un problema importante, è per questo che il nostro progetto prevede, oltre che la distribuzione di acqua in bottiglia, la donazione di filtri che installiamo presso le comunità che visitiamo. Inoltre, distribuiamo kit per l’igiene e lavoriamo sull’educazione alla salute e sulle raccomandazioni sanitarie, che riteniamo molto importanti viste le condizioni abitative delle persone, che rendono elevato il rischio di contrarre malattie infettive».