L’acclamato regista Hirozaku Koreeda, Palma d’oro a Cannes nel 2018, si è collegato online dal Giappone con il pubblico dell’Auditorium Santa Margherita al secondo giorno del Ca’ Foscari Short Film Festival. Koreeda ha appena pubblicato la sua autobiografia Pensieri dal set, recentemente tradotta in italiano nell’edizione a cura di Francesco Vitucci edita per Cue Press. Ed è stato proprio Vitucci a presentarlo e a interloquire con lui.
Hirozaku Koreeda ha iniziato nel documentario trattando temi universali, quali la memoria, la famiglia non convenzionale e l’innocenza dei bambini. A partire dall’esordio con Maborosi nel 1995, presentato e premiato a Venezia, ha girato una serie di film acclamati dalla critica internazionale Nessuno lo sa, Still Walking, Air Doll e il recente Broker. Ha inoltre vinto numerosi premi, fra cui la citata Palma d’oro per Un affare di famiglia, anche candidato agli Oscar e il premio della giuria sempre a Cannes per Like Father, Like Son. Il regista ha detto di augurarsi che i suoi lavori siano in grado di stimolare qualcosa nelle coscienze, creando una sorta di reazione a catena tale da ripercuotersi positivamente sulla società.
Argomento ricorrente nei suoi film è la famiglia non tradizionale. Il regista ha affermato che la bassa natalità sta portando la popolazione giapponese a un grave calo demografico, anche grazie al fatto che molti non si sposano. Tuttavia, nonostante abbia rappresentato tipi differenti di famiglia, quasi mai congiunti da legami di sangue, i nuovi modelli non vengono riconosciuti dallo Stato giapponese, come ad esempio le coppie dello stesso sesso. Ha aggiunto che la sua visione dei rapporti familiari deriva anche dalla nascita di sua figlia, che lo ha spinto a chiedersi quali elementi uniscano le persone e se ci sia davvero la necessità di un legame di sangue per la creazione di una famiglia.
Hirozaku Koreeda ha toccato lo spinoso argomento della libertà di stampa in Giappone dichiarando: “Non solo si sta portando avanti in Parlamento la discussione di una nuova legge sui media, ma anche i giornalisti dei canali televisivi più importanti subiscono senza accorgersene pressioni politiche per evitare di parlare di determinati temi e quindi estraniarli dalla società.” Per questa ragione mette in discussione il miglioramento della libertà di espressione nel suo Paese.
Infine, ha discusso di quanto sia difficile e straordinario lavorare all’estero, rapportandosi con persone che hanno un vissuto molto diverso dal suo, concludendo: “Anche se ho appena compiuto sessant’anni, ho capito che posso ancora dare molto al cinema e allo stesso tempo che il cinema può dare moltissimo a me”.