Archiviata l’accusa a funzionari pubblici italiani e al manager di RWM Italia di aver contribuito a potenziali crimini di guerra, nonostante le prove della violazione del Trattato ATT sul commercio di armi e l’accertata consapevolezza che le armi avrebbero potuto essere utilizzate sui civili nello Yemen.
Con una decisione che chiude le porte della giustizia alle vittime dei troppi attacchi indiscriminati contro i civili Yemeniti, il Giudice per le indagini preliminari di Roma ha archiviato il caso relativo alla responsabilità penale di funzionari pubblici italiani e dell’amministratore delegato di un’azienda produttrice di armi per l’esportazione di armi utilizzate nella guerra in Yemen.
I funzionari dell’Autorità Nazionale per l’Esportazione di Armamenti (UAMA) e l’amministratore delegato della RWM Italia S.p.A. non saranno incriminati per il loro ruolo nella fornitura di armi che hanno contribuito agli attacchi aerei illegali nello Yemen. Una decisione presa nonostante le prove schiaccianti, confermate durante le indagini, relative agli attacchi aerei indiscriminati contro i civili yemeniti – potenzialmente equivalenti a crimini di guerra – condotti dal 2015 dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti con bombe prodotte dall’azienda RWM in Italia.
L’archiviazione del caso appare infondata agli occhi delle organizzazioni internazionali per i diritti umani – Mwatana, ECCHR e Rete Italiana Pace e Disarmo – che hanno presentato una denuncia nell’aprile 2018 a seguito di un attacco aereo presumibilmente condotto dalla coalizione militare a guida Saudita/UAE nel 2016 e che ha colpito il villaggio di Deir Al-Ḩajārī nel nord-ovest dello Yemen uccidendo una famiglia di sei persone. La decisione non solo nega alle persone colpite dall’attacco aereo l’accesso alla giustizia e a un processo equo, ma si pone anche in netto contrasto con le prove raccolte in anni di indagini (anche se parziali e non a livello processuale).
La GIP sottolinea nella decisione che: “A seguito degli interventi dell’ONU e poi del Parlamento Europeo, in considerazione delle interrogazioni parlamentari sul punto e delle denunce delle ONG, l’UAMA era quindi certamente consapevole del possibile impiego delle armi vendute dalla RWM all’Arabia nel conflitto in Yemen a danno di civili, tanto che ha adottato un atteggiamento cauto e prudenziale a a partire da maggio 2016″. Nonostante ciò, l’UAMA ha “continuato a rilasciare autorizzazioni all’esportazione di armi alla società RWM anche negli anni successivi, in violazione quantomeno degli artt. 6 e 7 del Trattato sul commercio di armi (ATT), ratificato dall’Italia nell’aprile 2014, atto giuridico vincolante, da cui discende che uno Stato non deve autorizzare esportazioni di armi se è a conoscenza del loro possibile impiego contro obiettivi civili“.
Sebbene sia stato chiarito che le loro azioni sono state condotte in violazione del Trattato ATT sui trasferimenti di armi, con la consapevolezza che le armi avrebbero potuto essere utilizzate sui civili nello Yemen, il GIP non ha ritenuto i sospetti perseguibili in quanto non considera dimostrabile che l’azienda abbia tratto profitto dall’abuso di potere. Secondo il Giudice i funzionari pubblici avevano rispettato le procedure formali del processo di autorizzazione all’esportazione di armi, che ha descritto come complesso e conforme alla politica del Governo.
Questa valutazione riduce le decisioni importanti sulla vendita di armi a mere formalità burocratiche, senza considerare che il commercio di armi ha un impatto diretto sulla vita delle persone. In questo modo si ignora sia la violazione delle norme nazionali e internazionali sul commercio di armi, sia le responsabilità dell’azienda nel garantire che le sue pratiche commerciali siano conformi alle norme internazionali. Inoltre, la decisione ignora la presunta complicità degli indagati nell’uccisione di sei persone durante l’attacco aereo al villaggio di Deir Al-Ḩajārī nel 2016.
“Nella nostra ultima intervista alla famiglia dell’assassinato, un parente ci ha detto: ‘Crediamo che Dio ci renderà giustizia anche se i tribunali terreni non ci sono riusciti’. Questo messaggio chiarisce al mondo come le vittime yemenite non abbiano speranza di ottenere giustizia e, con questa decisione, la magistratura italiana non ha fatto altro che confermare queste preoccupazioni. La decisione presa a Roma permette alle aziende di continuare a esportare armi alla coalizione militare a guida saudita anche se la maggior parte delle vittime in Yemen sono civili. Ma continueremo a lottare per ottenere responsabilità, giustizia e una pace duratura in Yemen“, afferma Radhya Almutawakel, portavoce di Mwatana.
Mwatana, ECCHR e Rete Italiana Pace e Disarmo continueranno a cercare giustizia per le vittime civili del conflitto – prospettiva che potrebbe anche includere una nuova azione legale – soprattutto alla luce delle prove cruciali raccolte dall’indagine recentemente conclusa che mostra come la vendita di armi alle parti in guerra nello Yemen costituisca una grave violazione delle norme internazionali e del diritto umanitario internazionale.
“Deploriamo profondamente la decisione, che è devastante per tutti i civili sopravvissuti ai micidiali attacchi aerei nello Yemen“, afferma Laura Duarte, consulente legale dell’ECCHR. “Si chiude il percorso verso la giustizia e si allarga il divario di impunità di cui l’industria europea delle armi ha beneficiato per anni, legittimando le esportazioni di armi che possono contribuire a crimini internazionali. Tutto questo mentre il conflitto in Yemen è ancora in corso e i civili continuano ad essere le prime vittime“.
“Siamo davvero stupiti non solo dalla decisione di archiviare il caso” sottolinea Francesco Vignarca, Coordinatore delle Campagne della Rete Italiana Pace e Disarmo, “ma soprattutto dalle motivazioni addotte: che senso hanno le norme nazionali e internazionali sull’esportazione di armi – con criteri e procedure chiare – se possono essere ignorate senza conseguenze? Riteniamo inaccettabile che la mera raccolta di opinioni politiche e ipotetici vantaggi economici valgano più delle concrete violazioni dei criteri normativi e, soprattutto, delle conseguenze mortali e devastanti sui civili”.
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Nella nota legale allegata al presente comunicato stampa, sono riportati una serie di elementi giuridici che, dal punto di vista delle tre organizzazioni, evidenziano gli errori e le carenze all’interno della decisione del Giudice per le Indagini Preliminari di Roma.