L’energia rinnovabile non sta sostituendo l’energia da combustibili fossili, ma si sta aggiungendo ad essa.
Di Richard Heinberg
Nonostante tutti gli investimenti e le installazioni di energia rinnovabile, le effettive emissioni globali di gas serra continuano ad aumentare. Ciò è in gran parte dovuto alla crescita economica: mentre le forniture di energia rinnovabile sono incrementate negli ultimi anni, l’utilizzo mondiale di energia è aumentato ancora di più, con la differenza fornita dai combustibili fossili. Più l’economia mondiale cresce, più è difficile per il supplemento dell’energia rinnovabile invertire la tendenza sostituendo per intero quella da combustibili fossili.
L’idea di frenare volontariamente la crescita economica al fine di ridurre al minimo i cambiamenti climatici e rendere più facile la sostituzione dei combustibili fossili è un anatema politico non solo nei Paesi ricchi, le cui persone si sono abituate a consumare a tassi straordinariamente elevati, ma ancor più nei Paesi ad alta povertà, a cui è stata promessa l’opportunità di “svilupparsi”.
Dopotutto, i Paesi ricchi sono responsabili della grande maggioranza delle emissioni passate (a cui è dovuto l’attuale cambiamento climatico); infatti, essi si sono arricchiti in gran parte grazie all’attività industriale di cui le emissioni di carbonio erano un sottoprodotto. Ora sono le nazioni più povere del mondo che sopportano il peso maggiore degli impatti dei cambiamenti climatici causati da quelle più ricche. Non è sostenibile né giusto perpetuare lo sfruttamento della terra, delle risorse e del lavoro nei Paesi meno industrializzati, così come le comunità storicamente sfruttate in quelli ricchi, per mantenere gli stili di vita e le aspettative di un’ulteriore crescita della minoranza ricca.
Secondo gli abitanti delle nazioni meno industrializzate, è naturale voler consumare di più, il che sembra giusto. Ma ciò si traduce in una maggiore crescita economica globale e in una maggiore difficoltà a sostituire i combustibili fossili con le energie rinnovabili in generale. La Cina è l’esempio migliore di questo enigma: negli ultimi tre decenni, la nazione più popolosa del mondo ha sollevato centinaia di milioni di persone dalla povertà, ma allo stesso tempo è diventata il più grande produttore e consumatore mondiale di carbone.
Il dilemma dei materiali
Anche la nostra crescente necessità di minerali e metalli rappresenta un’enorme difficoltà per il passaggio della società dai combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili. Negli ultimi due anni la Banca Mondiale, l’AIE, il FMI e McKinsey and Company hanno tutti pubblicato rapporti che avvertono di questo crescente problema. Grandi quantità di minerali e metalli saranno necessari non solo per la produzione di pannelli solari e turbine eoliche, ma anche di batterie, veicoli elettrici e nuove attrezzature industriali che funzionano con l’elettricità piuttosto che con combustibili a base di carbonio.
Alcuni di questi materiali stanno già mostrando segni di crescente scarsità: secondo il World Economic Forum, il costo medio della produzione di rame è aumentato di oltre il 300% negli ultimi anni, mentre la qualità del minerale di rame è diminuita del 30%.
Valutazioni ottimistiche della sfida dei materiali suggeriscono che ci sono riserve globali sufficienti per una costruzione una tantum di tutti i nuovi dispositivi e infrastrutture necessarie (ipotizzando alcune sostituzioni: ad esempio, il litio per le batterie con elementi più abbondanti come il ferro). Ma cosa dovrà fare la società quando la prima generazione di dispositivi e infrastrutture invecchierà e richiederà una sostituzione?
Economia circolare: un miraggio?
Da qui l’interesse piuttosto improvviso e diffuso per la creazione di un’economia circolare in cui tutto viene riciclato all’infinito. Sfortunatamente, come l’economista Nicholas Georgescu-Roegen ha scoperto nel suo lavoro pionieristico sull’entropia, il riciclaggio è sempre incompleto e costa sempre energia. I materiali in genere si degradano durante ogni ciclo di utilizzo e alcuni materiali vengono sprecati nel processo di riciclaggio.
Un’analisi preliminare francese sulla transizione energetica che ha ipotizzato il massimo riciclaggio possibile ha rilevato che una crisi di approvvigionamento di materiali potrebbe essere ritardata fino a tre secoli. Ma l’economia circolare (essa stessa un’impresa enorme e un obiettivo lontano) arriverà in tempo per far guadagnare alla civiltà industriale quei 300 anni in più? O finiremo i materiali fondamentali nei prossimi decenni, nel nostro frenetico sforzo di costruire il maggior numero possibile di dispositivi di energia rinnovabile nel più breve tempo possibile?
Quest’ultimo risultato sembra più probabile se le stime pessimistiche delle risorse si riveleranno accurate. Simon Michaux del Finnish Geological Survey rileva che «le riserve globali non sono così imponenti da fornire abbastanza metalli per costruire il sistema industriale dei combustibili rinnovabili non fossili. […] La scoperta di giacimenti minerari è diminuita per molti metalli. Il grado di minerale lavorato per molti dei metalli industriali è diminuito nel tempo, con conseguente calo della resa di lavorazione dei minerali. Ciò ha l’implicazione dell’aumento del consumo di energia mineraria per unità di metallo».
I prezzi dell’acciaio sono già in aumento e le forniture di litio potrebbero rivelarsi una strettoia per aumentare rapidamente la produzione di batterie. Anche la sabbia sta diventando scarsa: solo alcuni tipi di materiale sono utili nella produzione di calcestruzzo (che ancorano le turbine eoliche) o silicio (che è essenziale per i pannelli solari). Ogni anno viene consumata più sabbia di qualsiasi altro materiale oltre all’acqua; alcuni scienziati del clima l’hanno identificata come una sfida chiave per la sostenibilità di questo secolo. Prevedibilmente, man mano che i depositi si esauriscono, la sabbia sta diventando sempre più un punto di attrito geopolitico, con la Cina che ha recentemente attivato un embargo sulle spedizioni di sabbia a Taiwan con l’intenzione di paralizzarne la capacità di produrre dispositivi a semiconduttore come i telefoni cellulari.
Per ridurre il rischio, ridurre la scala
Durante l’era dei combustibili fossili, l’economia globale è dipesa da tassi sempre crescenti di estrazione e combustione di carbone, petrolio e gas naturale. L’era delle energie rinnovabili (se davvero verrà in essere) sarà fondata sull’estrazione a larga scala di minerali e metalli per pannelli, turbine, batterie e altre infrastrutture che richiederanno una sostituzione periodica.
Queste due epoche economiche implicano rischi diversi: il regime dei combustibili fossili ha rischiato l’esaurimento e l’inquinamento (in particolare l’inquinamento atmosferico da carbonio che porta al cambiamento climatico); il regime delle energie rinnovabili rischierà allo stesso modo l’esaurimento (dall’estrazione di minerali e metalli) e l’inquinamento (dallo scarico di vecchi pannelli, turbine e batterie e da vari processi di produzione), ma con una minore vulnerabilità al cambiamento climatico. L’unico modo per ridurre del tutto il rischio sarebbe ridurre sostanzialmente l’utilizzo di energia e materiali nella società, ma pochissimi decisori pubblici o organizzazioni di difesa del clima stanno esplorando questa possibilità.
I cambiamenti climatici ostacolano gli sforzi per combattere i cambiamenti climatici
Per quanto scoraggianti, le sfide finanziarie, politiche e materiali alla transizione energetica non esauriscono l’elenco delle potenziali barriere. Il cambiamento climatico stesso sta anche ostacolando la transizione energetica, che naturalmente viene intrapresa per evitarlo.
Durante l’estate del 2022, la Cina ha vissuto la sua ondata di caldo più intensa in sessant’anni. È stata colpita una vasta regione, dalla provincia centrale del Sichuan allo Jiangsu costiero, con temperature spesso superiori a 40°C, e raggiungendo il record di 45°C a Chongqing il 18 agosto. Allo stesso tempo, una crisi energetica indotta dalla siccità ha costretto Contemporary Amperex Technology Co., il principale produttore mondiale di batterie, a chiudere gli impianti di produzione nella provincia cinese del Sichuan. Le forniture di componentistica cruciale a Tesla e Toyota sono state temporaneamente interrotte.
Nel frattempo, una storia altrettanto triste si è svolta in Germania, poiché una siccità record ha ridotto il flusso d’acqua nel fiume Reno fino a livelli che hanno paralizzato il commercio europeo, fermando le spedizioni di diesel e carbone e minacciando le operazioni delle centrali idroelettriche e nucleari.
Uno studio pubblicato nel febbraio 2022 sulla rivista Water ha rilevato che la siccità (più frequente e grave con i cambiamenti climatici) potrebbe creare sfide per l’energia idroelettrica degli Stati Uniti in Montana, Nevada, Texas, Arizona, California, Arkansas e Oklahoma.
Nel frattempo, le centrali nucleari francesi, che dipendono dal fiume Rodano per il raffreddamento dell’acqua, hanno dovuto fermarsi ripetutamente. Se i reattori espellono acqua troppo calda a valle, la vita acquatica viene spazzata via di conseguenza. Così, durante la soffocante estate 2022, l’Électricité de France (EDF) ha spento i reattori non solo lungo il Rodano ma anche su un secondo grande fiume nel sud, la Garonna. Complessivamente, la produzione di energia nucleare della Francia è stata ridotta di quasi il 50% durante l’estate del 2022. Arresti simili legati alla siccità e al calore si sono verificati nel 2018 e nel 2019.
Anche le forti piogge e le inondazioni possono comportare rischi sia per l’energia idroelettrica sia per quella nucleare, che insieme attualmente forniscono circa quattro volte più elettricità a basse emissioni di carbonio a livello globale rispetto all’energia eolica e solare combinate. Nel marzo 2019, a seguito del ciclone Idai, gravi inondazioni in Africa meridionale e occidentale, hanno danneggiato due importanti impianti idroelettrici in Malawi, interrompendo l’approvvigionamento a parti del Paese per diversi giorni.
Anche le turbine eoliche e i pannelli solari dipendono dalle condizioni meteorologiche e sono quindi vulnerabili agli eventi estremi. Giorni freddi e nuvolosi praticamente senza correnti ventose causano problemi alle regioni fortemente dipendenti dalle energie rinnovabili. Le tempeste estreme possono danneggiare i pannelli solari e le alte temperature ne riducono l’efficienza. Gli uragani e le mareggiate possono paralizzare i parchi eolici offshore.
La transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili affronta un’ardua battaglia. Tuttavia, questa transizione è una strategia essenziale per mantenere le reti elettriche attive e funzionanti, almeno su scala minima, mentre la civiltà inevitabilmente si allontana da una scorta in esaurimento di petrolio e gas. Il mondo è diventato così dipendente dalla rete elettrica per le comunicazioni, la finanza e la conservazione delle conoscenze tecniche, scientifiche e culturali che, se le reti fallissero in modo permanente e presto, è probabile che miliardi di persone morirebbero e i sopravvissuti sarebbero culturalmente indigenti. In sostanza, abbiamo bisogno di energie rinnovabili per un atterraggio morbido e controllato. Ma la dura realtà è che, per ora e nel prossimo futuro, la transizione energetica non sta andando bene e ha scarse prospettive complessive.
Abbiamo bisogno di un piano realistico per la decrescita energetica invece di sogni assurdi di eterna abbondanza dei consumi tramite mezzi diversi dai combustibili fossili. Attualmente l’insistenza sulla continua crescita economica, radicata nella politica, sta scoraggiando la diffusione della verità e una seria pianificazione su come vivere bene con meno.
Traduzione dall’inglese di Filomena Santoro. Revisione di Mariasole Cailotto.