In queste settimane molti si pongono le domande sulla questione della siccità e della crisi idrica, tema complesso e che va analizzato con interesse e profondità.
Su questo tema crediamo si debba innanzitutto focalizzare l’origine del problema ed abbandonare ogni “intervento d’emergenza” (come avevano fatto l’anno scorso le amministrazioni comunali bresciani) che non ha nulla di risolutivo perché non ha alcuna intenzione di affrontare il problema, ma piuttosto cercare in vano di contenerlo.
Per affrontare la crisi idrica e la siccità bisognerebbe:
Punto 1: prendere consapevolezza che la risoluzione del problema è politica e non tecnica
Punto 2: essere consapevoli del fatto che la siccità c’è perchè vi è un’alterazione del ciclo dell’acqua data dalle emissioni climalteranti.
Punto 3: il problema risiede
– nella malagestione amministrativa. Soprattutto sul bresciano, vi sono perdite della Rete idrica fino al 50%, ovvero uno spreco ingente di risorse che potrebbero essere impiegate (Qui articolo sulla questione delle perdite delle reti idriche nei comuni bresciani:
https://www.pressenza.com/it/2022/07/crisi-idrica-e-siccita-i-comuni-bresciani-sprecano-acqua/)
– nel sistema economico. Il sistema industriale e i suoi costi ecologici ed ambientali sono innegabilmente la radice del problema.
“Quando l’industrialismo si trasforma nella quarta rivoluzione industriale, i problemi del controllo capitalistico si uniscono ai costi ecologici” – così ha esordito Vandana Shiva, fisica e grande esperta di ecologia sociale e difesa dell’ambiente, nonché presidente dell’organizzazione ambientalista Navdanya International. Lei scrisse un libro intitolato “le guerre dell’acqua” in cui spiegava un fatto scientifico elementare: gli inquinanti che vanno al terreno con il calore si trasformano in gas serra 300 volte più letali della CO2 ed evaporano in ammoniaca, ossido e protossido di azoto alterando il ciclo dell’acqua e inaridendo i terreni spogli e denutriti.
Secondo Shiva, il problema risiede nel modello di sviluppo e di produzione, mentre la ricerca delle soluzioni sta nello sviscerare il problema e cambiare completamente l’approccio alle politiche pubbliche. Il punto focale è implementare gli strumenti di governance territoriale passando da un approccio riduzionista ad uno olistico.
Cambiando paradigma e visione delle politiche, si svelano la fallacia e l’inefficacia delle politiche di deterrenza che rincorrono e tamponano il problema a mo’ di delibere sul risparmio d’acqua e su limitazioni per bagnare gli orti, rilegando la soluzione ad una azione esclusivamente individuale. Un modo come un altro per non affrontare il problema, generando infantili lotte moralistiche e perbeniste sul “buon cittadino”, scaricando la colpa sui cittadini quando in realtà la responsabilità è politica. Altro punto debole è la realpolitik, che continua a concepire la politica esclusivamente come “fare per fare” senza cercare di porre seriamente i problemi sul tavolo delle decisioni. Tra le principali cause del problema idrico, oltre lo spreco, vi è il sistema industriale e l’agricoltura e la zootecnia intensivi.
Le province di Brescia e Bergamo sono impregnate di questo problema – anche la Franciacorta e il Sebino – e trattarlo a livello istituzionale (cosa potenzialmente rivoluzionaria) significa finalmente cambiare la prospettiva sul problema e fare un lavoro prima culturale e poi politico. Se è vero che un quarto delle emissioni climalteranti proviene dall’agro-industria, questo è un tema che dobbiamo trattare senza paura. Se è vero che il resto deriva dal sistema industriale, questo è l’altro tema che dobbiamo trattare, avendo il coraggio, a differenza di altri, di portarlo nelle istituzioni ed obbligandole a sensibilizzarsi. Come disse Vandana Shiva “un’agricoltura ecologica salverà l’acqua del pianeta”.
Alla paura, all’allarmismo e al terrorismo mediatico sul tema della siccità dovremmo rispondere con la sensibilizzazione ai temi dell’ecologia affinché entrino seriamente nell’agenda setting territoriale; la presa di consapevolezza che gli interventi immediati e l’appello alle “buone pratiche” sono vani oltre ad essere ipocriti; e con il rimandare il problema a chi di dovere proponendoci come disponibili attori di politiche territoriali serie sul tema e non fittizie, inutili ne volte alla rassicurazione sociale.
Crediamo che il tema della crisi idrica e una sua risoluzione richieda tempo e sia inseparabile da questa presa di consapevolezza politica.