Georgios Katsantonis è un giovane greco, critico e studioso di teatro, ma con “Napoli come seconda patria”; suo un saggio sul successo di Eduardo De Filippo in Grecia. Con lui volevo parlare di teatro, pace, nonviolenza.
A partire dal teatro antico l’azione scenica produce una trasformazione purificatrice. Ce ne vuoi parlare?
Il teatro dalle sue origini con la tragedia greca, ravviva situazioni ai limiti, sogni e paure rimossi. Gli orrori della Guerra e della violenza prendono in scena carne e ossa. Se gli elementi negativi come la violenza, l’ ingiustizia, la paura e la perversione non ci influenzano distruggendoci è perché dentro l’ espressione artistica i microbi si trasformano a vaccine, come sosteneva Barreau. Il teatro dipinge sempre percorsi di pace mettendo in primo piano l’invito all’impegno per far rivivere la pace.
La parola “purificazione” –Katharsis- designava la purificazione rituale da una contaminazione (miasma) visibile o invisibile , come il sangue e la colpa. Tutto il teatro è un azione purificatrice del pathos.
La scena può rivivere, sollevare, rassegnare l’ animo dello spettatore, sulla base della pedagogia, facendo entrare in sintonia sentimenti impulsivi dei membri della società. Due istinti che camminano uno accanto all’altro sono l’Apolineo e quello Dionisiaco. L’armonia luminosa dello spirito espresso in modo esemplare dalla figura di Apollo oppure il doloroso e l’ oscuro espresso dalla figura di Dioniso preesistono sia alla poesia drammatica che alla narrazione mitologica, sia alle dialettiche reali e civili, sia agli atti comunicativi che si manifestano sul piano sociale e civile e si classificano culturalmente ovvero ideologicamente. In senso contemporaneo l’azione scenica è un crocevia fra l’intensità delle origini e i limiti della società. Il teatro non serve solo a farci prendere coscienza dei nostri errori, spesso il teatro che parla della Guerra e delle violenze tra uomini risulta un atto di Pace costruendo un ensemble: Gli uomini diventano tra loro un solo corpo, la scena è un progressivo ritorno all’ umanità, ne viene data vita a quella pace che Gesù Cristo aveva promesso.
Il celebre motto dei romani : Se vuoi la pace prepara la Guerra, al teatro diventa ” se vuoi la pace, la devi preparare, costruire, inventare”.
Questa funzione del teatro che fine ha fatto nell’epoca, come direbbe Benjamin, della sua riproducibilità tecnica?
Nella società di massa, in cui regna la riproducibilità dell’opera d’arte con le nuove techiche riproduttive l’ arte perde la sua “aura” diventa “trasportabile” e soprattutto riproducibile acquistando un valeur d’exposition che far emergere la dicotomia tra arte tradizionale e arte prodotta con mezzi tecnologici. Oggi più che mai la riproducibilità dell’ opera d’ arte segna un consumo vistoso delle estetiche : estetica psicologica, sociologica, marxista, materialista, semantica, semiologica verso il livello più basso dell’esistenza e questa riproducibilità è un tema di forte rilevanza sociale e culturale. Benjamin quando scrisse la sua profezia sul cambiamento nevralgico dell’ arte intendeva inserirsi nelle domande che pone oggi il metaumanismo. Ed esattamente le sue parole scritte nell’ ormai lontano 1934 filtrano la crisi d’oggi in tutti in campi della vita, crisi dell’uomo, crisi esistenziale, di valori, di rapporti sociali, di idee.
“L’atomo arriverà a dominare il mondo, il mondo sarà polverizzato e rimarrà cieco. Scoppieranno tormente improvvise a causa delle scorrerie dell’uomo nell’atmosfera, nuove malattie, sovvertimenti di sesso, follia collettiva, eccessi totali. Il mondo oscurerà.”
L’arte antica era legata alla religiosità, l’arte rinascimentale all’ apoteosi della bellezza l’arte riproducibile invece ci permette di condividere le nostre “opere d’arte” su Flickr, Instagram, Facebook, Twitter, You Tube e tutto può apparire in tutto il mondo nello stesso momento. Per questo, a mio avviso il fondamento dell’arte passa dalla sfera del sacro e del rito (trasformazione purificatrice) a quella dell’arte politica e della comunicazione sociale considerando primaria la responsabilità sociale. In questa tendenza si collocano alcuni tra i movimenti delle cosiddette avanguardie, i grandi maestri Brecht, Artaud, Barba, Grotowski, Brook, Kantor, Wilson. La postavanguardia teatrale italiana con gruppi come Magazzini Criminali, Taroni –Cividin, Krypton, La gaia scienza nonchè La Societas Raffaello Sanzio con la ricerca di un’arcaicità di forte impatto percettivo. La riproducibilità dell’opera d’arte non significa obbligatoriamente perdità di qualità, ma piuttosto “dessacralizzazione”- fattore che gioca a favore della sua accessibilità sociale.
Un greco che viene in Italia per studiare il teatro italiano e lo fa tornare in Grecia: uno dei tanti effetti della globalizzazione?
La globalizzazione non è un destino. Il cammino che sto intraprendendo è una prova che mi sono imposto, finalizzata alla conoscenza di me stesso. Il viaggio tra l’ Italia e la Grecia ha arricchito la mia vita di incontri straordinari. Non era tutto così facile, ho scelto l’Italia perché è un paese la cui cultura mi attrae. Ogni azione ci apre davanti un bivio, ma prevale la voglia di andare avanti, di osare e di vivere una vita fatta di migliaia di impulsi: dei nervi, dei muscoli e delle sensazioni. Ho un ricordo bellissimo dei paesaggi italiani, mi sono fatto un sacco di ore in treno in viaggio, la pubblicazione del mio esordio in campo letterario “Le opere di Eduardo De Filippo sul palcoscenico greco” è stata un’esperienza bellissima, che mi ha dato una grande carica. Ho conosciuto tante persone che mi hanno arricchito: dalle voci importanti della letteratura, fino a tutti coloro che incontro alle presentazioni dei miei libri.
Una domanda fuori tema ma che par necessaria in questo momento: come vedi la situazione in Grecia e le sue prospettive future? Anche questo ha a che vedere con “dramma”?
In un mondo globalizzato, che ci avvicina ma non ci fa più fratelli dobbiamo mettere l’uomo al centro di ogni discorso. L’Europa deve assolutamente cambiare rotta. Misure di austerità senza misure di sviluppo non possono andare avanti, hanno condannato la gente nella massima miseria. Prestiti su prestiti perpetuano un circolo vizioso. Cinque anni dopo il primo memorandum la situazione diventa ancor più drammatica e non si vede nessun cambiamento essenziale per arrivare ad una normalità. In questo Paese, fortemente in crisi, la cellula culturale non solo resiste ma riesce a creare da zero. Quando Fallaci nel suo libro “L’Uomo” scrisse che i politici facevano politica per guadagnarci dal vivere e non per il bene comune, non poteva immaginare che da allora non sarebbe cambiato tanto e questa sarebbe rimasta una ferita aperta.