Mark Boyle è un attivista irlandese famoso per praticare soluzioni estreme, a titolo dimostrativo.
Nella sua vita ha passato due anni vivendo senza denaro, fondando numerose attività e associazioni che mettono in discussione i cardini su cui è basato il nostro sistema di vita, di produzione, di relazioni.
Nel suo ultimo libro, Tornare a casa, cronache di una vita senza tecnologia, pubblicato di recente in italiano dalle edizioni Piano B, esplora e racconta la sua ultima sperimentazione: andare a vivere senza uso di apparati tecnologici in una zona remota dell’Irlanda insieme alla sua compagna.
Il libro è scritto in una forma destrutturata di cronaca (che Boyle inviava sistematicamente, scritta a mano, al Guardian) che alterna con grande sapienza letteraria, cronache, riflessioni e flashback che spiegano come la sua vita lo abbia portato a questa decisione estrema.
C’è qualcosa di tremendamente irlandese in questa follia che porta un diligente studente in businnes & administration a sperimentare prima l’assenza di denaro e poi il rifiuto della tecnologia.
Ma queste scelte in apparenza così fortemente ideologiche non comportano né un fanatismo né un assolutismo da parte di Mark: comportano molto più una riflessione profonda sul senso della vita e delle azioni umane, una messa in discussione delle proprie credenze, una comprensione delle proprie radici profonde colturali, biologiche, animali.
L’autore porta avanti questo suo discorso in uno stile amabile e colloquiale, senza alcuna pretesa di convincere nessuno ma accompagnando il lettore in un piacevole ritorno a casa, ispiratore e stimolante, al di là delle affermazioni e delle proposte che il testo ci offre.