“Nessuno pianga o reciti il Corano e nessuno preghi sulla mia tomba, desidero che ci sia un’atmosfera gioiosa e che si suoni musica allegra”. Sono le ultime volontà di Majidreza Rahnavard prima di essere impiccato lunedì 12 dicembre con l’accusa di “moharebeh” (“guerra contro dio”). Le immagini che hanno girato il mondo sono state volute dal regime, in una folle strategia mediatica per incutere terrore nella popolazione, ma l’effetto è stato il contrario. La gente scende in piazza sempre più numerosa e non nasconde il suo rifiuto della dittatura anche nei gesti della vita quotidiana. Un episodio è esemplare: al momento del suo rilascio, la giovane 16enne, Sonia Sharifi, è stata accolta come un’eroina. Sonia era stata arrestata dai pasdaran per la sua partecipazione alle manifestazioni senza il copricapo. È avvenuto ieri ad Abdanan, nella provincia di Ilam.
I tribunali degli ayatollah continuano a sfornare sentenze. Ieri, 5 giovani, 4 uomini ed una donna, sono stati condannati a morte per la loro partecipazione alle proteste. L’accusa fotocopia è “guerra contro Allah e diffusione del male in terra”.
In Italia si sono svolte diverse manifestazioni contro la fornitura di armi italiane all’Iran. Sono state indette dalla Rete italiana per la Pace e il disarmo. In un comunicato, l’associazione chiede chiarimenti sulle cartucce italiane usate nella repressione in Iran. Gli attivisti iraniani hanno mostrato le foto di cartucce prodotte dalla Cheddite srl, di Livorno, in uso alla polizia di Teheran. Cinque associazioni pacifiste italiane hanno chiesto ai governi dell’UE controlli più stringenti e blocco della vendita di materiale utilizzabile per reprimere dissenso interno.