Sul tema della difesa popolare nonviolenta oggi l’agenzia stampa Interris ha pubblicato una riflessione del salesiano mons. Mario Toso, vescovo di Faenza, che prende spunto dall’intervento sull’Osservatore Romano dell’arcivescovo Silvano Tomasi, già Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, sulla proibizione di armi letali. Ve ne diamo una sintesi.
“Il commercio internazionale delle armi non è mai stato così intenso. In questi ultimi tempi è notevolmente progredita la riflessione sull’uso dei droni, sulla liceità di sistemi di armi autonome, che escludono l’attore umano dalla presa di decisioni letali.
In passato, la guerra era crudele, ma generalmente non sterminava le popolazioni coinvolte. Le Nazioni potevano allora sperare che la guerra desse l’avvio ad una soluzione politica.
Oggi, la rivoluzione tecnologica ha conferito alle armi una capacità distruttiva tale da poter annientare le stesse società che vi ricorrono per difendersi da ingiuste aggressioni.
La guerra moderna diventa guerra totale, ossia violenza massima e criminale, che porta all’annientamento dei contendenti e della stessa umanità.
L’accresciuta potenza distruttiva delle armi moderne può provocare il suicidio collettivo.
Questo ha sollecitato a valutare quali siano le condizioni per un disarmo nucleare generale.
Specie dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 e di questi ultimi anni, gli Stati, anziché impegnarsi in un serio e sistematico disarmo nucleare, hanno incrementato la corsa verso armamenti sempre più sofisticati e micidiali, prospettando addirittura la soluzione di una difesa preventiva (rispetto ad un attacco non imminente, ma possibile), che porta inevitabilmente ad un’escalation delle ostilità, verso una guerra totale.
Il quadro odierno non sembra, dunque, per nulla rassicurante.
Le attuali politiche e strategie di guerra, la possibilità non platonica dell’olocausto nucleare mondiale, la stessa necessità di difendere efficacemente i popoli, i cittadini e i loro beni con mezzi che non comportino la minaccia dell’annientamento, stanno accreditando sempre più l’azione nonviolenta come vera alternativa realistica alla violenza e alla guerra.
Tale azione non violenta, al pari della guerra, delle tirannie e delle ingiustizie, può avere diverse forme, in rapporto ai problemi in una data situazione.
Si possono elencare, ad esempio, la disobbedienza civile, l’obiezione di coscienza, il boicottaggio sociale, lo sciopero anche generale, il picchettaggio, il digiuno, l’obiezione fiscale, la non collaborazione (resistenza non violenta), la difesa popolare organizzata o difesa civile non violenta, istituita da un Governo come parte del suo piano di difesa, il «Governo parallelo», le sanzioni internazionali (come nel caso della guerra tra Russia e Ucraina).
Tenendo conto, però, dell’ampiezza dei cambiamenti culturali e politici che quest’ultima scelta comporta, una tale via, nonostante sia fortemente auspicabile e vada perseguita con tutte le forze, oggi appare una prospettiva non realizzabile, né a corto né a medio termine.
Se non cambiano le cose anche a livello internazionale, sembra che la via della difesa civile nonviolenta sia destinata a coesistere per molto tempo ancora con le forme di difesa militare.”
Sulla difesa popolare nonviolenta
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